Tra Mondiali ed Inghilterra: Hasse Jeppson arriva in Italia
Hasse Jeppson comincia a giocare a calcio nel 1946, un anno dopo la fine del secondo conflitto mondiale, nell’Örgryte; dal 1948 al 1951 è un giocatore del Djurgårdens, a cui deve il suo exploit. In ben 51 partite segna 58 gol e ciò gli permette di guadagnare una maglia della Nazionale svedese ai Mondiali brasiliani del 1950. Anche in maglia giallo-blu gioca e segna: sono due i gol nella kermesse, entrambi contro l’Italia, il 25 giugno 1950.
Dopo l’esperienza in Brasile con la maglia della Nazionale, Jeppson giunge in Inghilterra inizialmente per studiare per conto della ditta in cui lavorava; tuttavia, grazie al suo carisma, il manager del Charlton Athletic Jimmy Seed lo convince a vestire la maglia del suo club. Giocando da dilettante, il centravanti svedese contribuirà a migliorare la posizione in classifica del Charlton a suon di gol: da ricordare è la storica tripletta all’Highbury contro l’Arsenal ed i gol contro le più quotate Liverpool e Chelsea.
Il 26 ottobre del 1951, dopo essere tornato in Svezia per un breve periodo, viene ingaggiato dall’Atalanta di Carlo Ceresoli, campione del mondo con l’Italia nel 1938. Segna al debutto nella vittoria contro il Como e contribuisce alla tranquilla salvezza della squadra, arrivata dodicesima a fine stagione. Nel suo unico anno a Bergamo, Jeppson segna 22 gol ed arriva quarto nella classifica dei cannonieri: il 27 gennaio 1952, nella vittoria per 4-2, segna alla sua futura squadra.
1952-1953: “O’ Banco ‘e Napule” porta la squadra al 4°posto
Dopo un esordio più che buono con La Dea, Achille Lauro (patron del Napoli) mette gli occhi sul centravanti svedese nel tentativo di costruire una squadra che sappia competere per le prime posizioni; così, insieme a Giancarlo Vitali, Hasse Jeppson arriva in azzurro per l’esorbitante cifra di 105 milioni di lire. Tutti questi soldi spesi porteranno l’ex Atalanta ad essere soprannominato “O’Banco ‘e Napule”, sottolineando con la solita classe napoletana che da solo valeva quanto l’intero istituto bancario.
La scelta di Achille Lauro si rivela azzeccata. L’attaccante mette a segno 14 gol e conduce il Napoli al quarto posto con 41 punti, a meno -6 dall’Inter scudettata del connazionale Lennart Skoglund. Dobbiamo proprio a quest’ultimo una delle descrizioni più esatte di chi era Hasse Jeppson: “Fenomenale nel segnare e nello sbagliare gol”. Divenne famoso, difatti, per la sua grande capacità di alternare gol di difficile caratura ad errori sotto porta difficilmente dimenticabili.
L’addio e l’eredità in azzurro
La stagione ’52-’53 sarà l’unica in cui il Napoli riuscirà ad essere competitivo all’interno del territorio nazionale; infatti, fino al 1956 la squadra azzurra andrà sempre a peggiorare, concludendo alla quattordicesima posizione nell’ultimo anno dello svedese in Campania.
La voglia di provare nuove avventure ed il complicato rapporto con Lauro, porteranno Jeppson a vestire la maglia del Torino nella sua ultima stagione in Italia, che coincide con la sua ultima apparizione nelle vesti di calciatore.
Ciò che Jeppson abbia fatto dopo l’addio al calcio è irrilevante: è rimasto legato all’Italia, sposando anche una cittadina italiana, e si è dato da fare in tanti ambiti sportivi e non. Ciò che è rilevante è spendere qualche parola sull’eredità che ha lasciato nel suo periodo in azzurro. Da ricordare, infatti, sono alcune espressioni diventate folcloristiche dovute proprio a lui:
– “Gesù, è caduto “O’ Banco ‘e Napule”, affermò un tifoso all’esordio del centravanti in maglia azzurra dopo un brutto fallo ai suoi danni;
– “Mannaccia ‘a Jeppson!” o “Uanema ‘e Jeppson”, affermazioni entrate di diritto nel vocabolario partenopeo e nate in seguito ad errori “fantozziani” in area avversaria;
Nel 2008, in occasione della sua prima visita allo Stadio San Paolo, gli fu donata una maglia della squadra con il 9 stampato dietro la schiena, numero che utilizzava nelle sue partite in azzurro. Hasse Jeppson, con 52 reti, è ancora uno dei migliori centravanti della storia del club, nonché uno dei più amati dalla tifoseria.
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