La storia ci insegna a ricordare i più disparati eventi. Da quelli tragici come le guerre a quelli di riconciliazione, a quelli di trionfo, a quelli che hanno cambiato la vita delle persone. A buon diritto si collocano tra questi anche i disastri naturali. Come il Coronavirus, anche le altre pandemie hanno avuto il loro ruolo nell’evoluzione dell’umanità. Basti pensare alla peste ateniese del 430-426 a.C o a quella di Giustiniano nell’Impero bizantino, le più antiche. All’epoca l’universo rappresentava ancora un immenso mistero per l’uomo. Nessuno era in grado di prevedere le conseguenze di un contagio di massa, contenerlo o pensare di intervenire per debellarlo. Per gli antichi un morbo era una condanna a morte come un’altra. Nessuna via di scampo.
LE GRANDI INFEZIONI
Oltre il Coronavirus anche le altre pandemie dell’umanità, un po’ come quelle economiche si possono pensare come cicliche. E al pari di altrettante vicende memorabili, “passano alla storia” attraverso le documentazioni e le testimonianze. Alcune addirittura diventano protagoniste di grandi classici della lettura come nel caso della Peste di Alessandro Manzoni, o l’omonimo libro di Camus. Come dimenticare ancora il vaiolo nel VXIII o la spagnola, all’inizio del secolo scorso.
Tante le epidemie che il mondo ricorda. E tutte brutali. Ognuna rievoca scenari di morte e disperazione, stenti e sofferenze. Per non parlare di quelle che si sono diffuse durante le guerre. Sono state forse le più atroci.
Eppure l’essere umano ha sempre dimostrato il coraggio e la forza di affrontare la natura. Anche in queste circostanze, con l’ingegno, é riuscito a far fronte al pericolo e ad annientarlo. Dai primi contagi di massa del 430 a.C. la scienza ha compiuto progressi straordinari. Prima a livello igienico, poi a livello medico, con il vaccino, gli strumenti tecnici, gli antibatterici e i medicinali.
IL CORONAVIRUS
Mai nessuna, però, tra le epidemie precedenti, é riuscita ad invadere il mondo intero. Nel 2020, l’universo sperimenta per la prima volta un contagio di portata internazionale. In perfetta sintonia con la globalizzazione, d’altronde. Dopo cento anni dall’ultima imponente epidemia ci ritroviamo alla mercé di un batterio che sembra più grande e famigerato di noi. Lo dimostra la nostra condizione di impotenza, chiusi in casa da ormai quasi due mesi nell’attesa che qualcosa cambi. Nella nostra mentre sembrano riecheggiare parole molto simili a quelle di un giovane Francesco De Peppo, diciannovenne liceale di Napoli classe 1899. Il 16 marzo 1918 partí per il Trentino per combattere in trincea in Vallarsa, sul Monte Zugna. Durante la sua esperienza annotò tutte le sue riflessioni in un diario.
IL DIARIO
“12 ottobre 1918. Mi sveglio la mattina pieno di dolori e con un freddo fortissimo. Vado a pigliare calore vicino alla stufa. Mi danno il rancio, ma mi disgusta. Mi mettono il termometro 39 e mezzo. Non si può mai star bene, o l’una o l’altra. Al fronte il morale giù, e benissimo di salute, qui che il morale s’era risollevato, il fisico s’ammala. Ho una paura indemoniata che sia Spagnola”.
La sua testimonia è forse una tra le più sincere pagine di cronaca storia della guerra tra scarafaggi, topi, cadaveri, virus, batteri e disperazione. Tanto, troppo dolore.
Adesso, come allora, la febbre è un sintomo di cattivo auspicio “Sento parlare dopo del tempo; un giorno, due giorni? chissà! È il Capitano che dice all’infermiere che non c’è nulla da fare per me, che forse non vedrò l’alba.”
Della cura ancora non se ne parla, chissà quando riusciremo a trovare un valido antidoto. Intanto il virus si propaga e miete vittime. Talmente tante che gli ospedali sono sovraffollati e non possono più ospitare pazienti. Chi riscontra sintomi riconducibili al virus è costretto a rimanere in casa, in isolamento per evitare di infettare i parenti. I medici si sacrificano per salvare quante più vite possibili e spesso sono i primi a contrarre il contagio.
I giovani si credono immuni ma i dati dimostrano il contrario. “Mi son visto in uno specchio, e credevo quasi che riflettesse qualcun altro. Sono lo scheletro di quello che ero una volta.
M’accappotto ben bene, e accompagnato dall’infermiere, sotto al braccio, mi trascino alla nuova dimora. Come mi tremano le gambe, e quanta luce per strada, che fastidio che mi da il movimento della strada.”
Poi, d’un tratto, uno spiraglio di speranza, un appiglio.“Che cosa è successo? La Guerra è finita, è vinta!”…. Trento è nostra, pigliata dalla fanteria e dalle artiglierie, tra cui una delle prime ad entrare è stata la mia Batteria…. Trieste è italiana!”. L’umanità ha visto conflitti e guerre e disastri. Ha debellato la peste, il vaiolo, la malaria la lebbra. Come tutte le altre pandemie dell’umanità, il popolo italiano abbatterà anche il Coronavirus. Abbiamo dimostrato, nel corso dei millenni, di saper fronteggiare le sventura con tenacia. Anche in questo caso la storia ci offre insegnamenti per resistere e continuare a combattere. Ben consci di avere le capacità, e le forze, per venirne fuori. Basta restare a casa, ancora per un po’!
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1 thought on “Coronavirus e le pandemie dell’umanità”