Pathosformel: l’Atlante Farnese
“Pathosformel: l’Atlante Farnese” è la nuova rubrica con pubblicazione a cadenza settimanale, che nasce con l’intento di portare il pubblico del Corriere di Napoli all’interno di una narrazione della storia dell’arte sui generis, che si pone come un laboratorio di forme in continuo divenire.
Insieme a ogni puntata si offriranno interessanti e originali chiavi di lettura. Il tutto impostando la narrazione attraverso il concetto di kraftwerk, ossia una grande centrale elettrica, un’entità in perenne moto che si struttura su collisioni tra eventi eterogenei, «un centro dinamico di profonde trasformazioni» (Alexander Dorner), indipendentemente dal contesto cronologico, pur tenendo conto delle varie istanze socio-culturali che ne incorniciano i singoli prodotti.
Una rubrica che vuole offrire accostamenti raccontando una storia dell’arte più dinamica, fluida e al contempo valorizzando il patrimonio culturale campano, riservando la libertà di articolare accostamenti non in nome di un valore o di un’idea, ma anche in base ad analogie formali che – non chiudendo il discorso in una sorta di catalogo delle affinità – aprono verso la ricerca di come la ripetizione differente di certe forme vada ad indicare dei processi storici culturali che passano da un’epoca all’altra, dando quindi vita a strutture diverse che appartengono alla stessa famiglia.
Una familiarità di forme che va colta nella loro filogenesi, ma anche nella loro differenza storica, permettendo un diverso modo di sentire e connettere gli elementi tra loro, nell’economia di un discorso più ampio
Perché “Pathosformel: l’Atlante Farnese”? Il titolo è – in prima battuta – un chiaro riferimento all’Atlante di Mnemosyne di Aby Warburg: un’opera (incompiuta), un medium narrativo che si contrappone alla narrazione cronologica manualistica da libro.
Si parla di Atlante perché lo storico si è posto il compito di rivoluzionare il medium della narrazione attraverso l’atlante cartografico, che non ambisce ad un tipo di sviluppo lineare cronologico, ma segue l’idea di una totalità in cui ci sono insieme vari elementi di differente natura, e che nella sua struttura si rende più comprensibile nella sua caratteristica multiforme.
Nelle sue raccolte è inscritta la fatica immane del contenimento ma anche alla rivolta verso un ordine che sembra inamovibile come quella dell’Olimpo. Si tratta di un qualcosa che vuole andare contro l’ordine del libro, contro un ordine fisso, che si risolve in dei formati in cui l’accesso non è indicato gerarchicamente. Un diverso modo di intendere la conoscenza quindi, non come allineamento dei fatti ma come territorio da esplorare.
Accostando l’idea di Atlante all’omonima opera presente nella Collezione Farnese si vuole quindi impostare la ricerca attraverso un racconto di una storia dell’arte che, nel contempo, valorizzi il patrimonio culturale campano, creando un intreccio inedito che vada a slegare il concetto egemonico di contemporaneità a favore di un altro che si avvicini a quello delle contemporaneità multiple – come direbbe Claire Bishop – che si identifica anche attraverso il racconto di una realtà locale.