L’argomento di oggi per la rubrica “Colori partenopei” è Caravaggio.
“Il Genio delle luci e delle ombre, nella vita e nell’arte”: è così che Alberto Angela l’ha presentato, durante una puntata dedicata all’artista.
Uno degli artisti più apprezzati
“Caravaggio è semplicemente il mio pittore preferito”: queste le parole di Antonella Ascolese, studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. “Lui è stato davvero importante per la città di Napoli: ha dato qualcosa in più alla città che, senza di lui, oggi non sarebbe stata la stessa. In un periodo in cui Napoli era davvero povera, lui divenne una guida per molti artisti partenopei, che presero ispirazione dal suo genio”.
Da Milano a Napoli
Michelangelo Merisi nasce a Milano da genitori nativi di Caravaggio, un comune della provincia di Bergamo, dove trascorre la sua infanzia. Successivamente svolge un apprendistato presso la bottega di Simone Peterzano, trasferendosi poi a Roma per seguire la sua strada.
Qui, il suo carattere ribelle e violento viene fuori e raggiunge il limite quando ferisce mortalmente un borghese molto noto all’epoca, Ranuccio Tommasoni. Quest’evento lo costringe a fuggire dalla città arrivando, così, a Napoli.
I periodi napoletani
Qui, gli viene commissionata la sua prima opera “Le sette opere di Misericordia”, conservata presso il Pio Monte della Misericordia, in Via dei Tribunali.
Per la realizzazione dell’opera, viene pagato 400 ducati, fatto confermato dalla “ricevuta di pagamento” che si ritrova ancora oggi nel Museo di Pio Monte della Misericordia. Caravaggio passa due periodi di tempo abbastanza lunghi nella città partenopea, dove sarà sotto la protezione di Costanza Colonna. Nel secondo periodo, vivrà persino presso la marchesa nel Palazzo Cellammare, in Via Chiaia.
La vita nei Quartieri Spagnoli
Tuttavia, nel suo primo periodo in città, Caravaggio vive per circa un anno nei Quartieri Spagnoli, parte molto povera di Napoli, in quanto sperpera i soldi per coltivare i suoi innumerevoli vizi e non si può permettere di vivere altrove.
Proprio tra quei vicoli, lui sceglie la gente più umile come modello per le sue opere: rappresenta i volti delle figure sacre facendo posare le prostitute, gli uomini delle locande e la gente di strada delle zone più malfamate della città.
Le critiche non sono state poche per queste sue scelte, ma, secondo lui, la Madonna era una donna comune, non un angelo perfetto, e quindi doveva essere rappresentata con un aspetto il più realistico e umano possibile. Ed è proprio la rappresentazione dell’umanità che lo contraddistingue rispetto agli artisti delle epoche precedenti.
Una tecnica artistica inconfondibile
A livello tecnico, Caravaggio tenta di non usare lo schizzo o la bozza, ma procede direttamente e istintivamente col pennello. Lo scopo dell’artista è quello di evitare la finzione il più possibile e la sua rivoluzione è proprio in questo naturalismo. Sono forti i contrasti di luci ed ombre, che teatralmente sottolineano i volumi dei corpi. Il suo carattere rivoluzionario sta anche nella precisione anatomica dei suoi corpi, che sembrano delle sculture uscenti dal quadro.
L’ultima opera
La sua ultima opera è stata “Il martirio di sant’Orsola”, con la quale cerca di tornare a Roma, che però non raggiungerà mai. Ci sono molte curiosità interessanti riguardo a quest’opera: innanzitutto, la tela è rovinata, perché la fretta di fuggire fu tale che essa non era perfettamente asciutta alla consegna. Per accelerare l’asciugamento fu esposta al sole, e(o)rrore ovviamente madornale per chi se ne intende d’arte.
Ad ogni modo, l’opera è davvero apprezzata: qui, l’artista sembra voler mettere “in scena il suo quadro” grazie alla presenza del drappeggio posto dietro ai personaggi. Inoltre, nonostante la storia dipinta sia ambientata ai tempi di Attila, i personaggi vengono contestualizzati nel periodo in cui vive Caravaggio.
Sant’Orsola ha un’espressione particolarmente rassegnata nei confronti della sua stessa morte: la nostra intervistata ipotizza che sia una scelta di Caravaggio per rappresentare la sua personale angoscia di un particolare momento della sua vita.
La fine di un genio
Nel periodo del quadro appena descritto, in effetti, Caravaggio è malato, ormai non ha più pazienza e ha troppa voglia di tornare a Roma. La causa della sua morte non è chiara, ma sicuramente questo non ha indicato la sua “fine”. Una figura contraddittoria, ma forse non troppo, con uno stile tutto suo: indimenticabile, rivoluzionario, complicato, ma soprattutto un vero artista.
Un punto di rottura col passato
Caravaggio è stato molto influente: fu di stimolo per la pittura barocca partenopea successiva. Infatti, la sua presenza a Napoli diede luogo alla nascita di una “scuola caravaggesca”, costituita dai pittori che furono influenzati in modo più o meno diretto dalla sua personalità e ne seguirono lo stile. Tra questi artisti, abbiamo Artemisia Gentileschi, il cui quadro “Sansone e Dalila” è conservato a Palazzo Zevallos, a Napoli.
Capiamo, quindi, che l’artista è stato davvero rilevante: la studentessa Antonella lo descrive come un “punto di rottura con tutto ciò che c’era stato prima di lui. Il suo valore aggiunto è dovuto all’umiltà: rese importanti le persone umili, facendole diventare le protagoniste dei suoi quadri e, quindi, indimenticabili”.
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