Questo articolo è il secondo di una rubrica settimanale dedicata ai castelli di Napoli: il primo lo trovate qui. L’appuntamento di oggi riguarda Castel dell’Ovo, il più antico dei manieri partenopei.
Quando il lungomare incontra Piazza Vittoria cambia nome, e da Via Caracciolo diventa Via Partenope. Non è un caso: la strada termina proprio all’altezza dell’isolotto di Megaride, là dove si impigliò il corpo esanime della leggendaria sirena, dopo il rifiuto ricevuto da Ulisse.
Megaride, il nucleo della futura Neapolis
Megaride riveste un ruolo chiave in molte vicende di storia antica della nostra città. Qui sbarcarono i Cumani nel VI secolo a.C. e vi posero il primo nucleo della città; qui Lucio Licinio Lucullo fece edificare la sua celeberrima villa, teatro dei pranzi luculliani con cui, ancora oggi, lo ricordiamo. Sempre qui alcuni monaci cenobiti, nel V secolo dopo Cristo, eressero un proprio monastero, adottarono la regola benedettina e crearono un importante scriptorium, probabilmente sfruttando proprio le vestigia della biblioteca di Lucullo. Le alterne vicende medievali portarono alla distruzione del monastero, ma la sua posizione fu sfruttata da Ruggero il Normanno e Roberto d’Angiò che ne fecero prima un fortilizio e poi un vero e proprio castello.
Al centro di molte contese
Non si può certo dire che le mura di Castel dell’Ovo abbiano avuto un’esistenza tranquilla. Prima conteso tra Aragonesi ed Angioini, il castello fu completamente saccheggiato dai nobili che presero parte alla celebre Congiura dei Baroni e, ancora, danneggiato dai Francesi di Luigi XII e dagli Spagnoli di Consalvo da Cordova. Nel 1799, i rivoluzionari napoletani, sostenitori della Repubblica Partenopea, ne usarono i cannoni per piegare la resistenza dei concittadini all’ingresso delle truppe francesi. L’arrivo di Fabrizio Ruffo di Calabria decretò la fine di questo esperimento repubblicano e l’uccisione di molti rivoluzionari che si erano asserragliati proprio tra le mura del castello.
Numerosi sovrani hanno amato Castel dell’Ovo. Alfonso d’Aragona trascorreva molto tempo tra le sue mura, tanto da disporre che le sue spoglie fossero temporaneamente seppellite lì, prima di essere trasportate in Spagna. E, d’altronde, come dargli torto. La sua posizione, al contempo dentro e fuori la città, l’imponenza della Torre Maestra, il refettorio dei monaci cenobiti, all’interno del quale è possibile ammirare cinque filari di colonne appartenenti alla villa di Lucullo, il panorama delle terrazze. Tutto ciò rende, ancora oggi, Castel dell’Ovo una delle meraviglie di Napoli.
Castel dell’Ovo. E l’uovo?
Resta la questione del nome. Perché un nome così bizzarro? Cosa ne è di questo uovo? Secondo una celeberrima leggenda, il poeta Virgilio aveva nascosto nei sotterranei del castello un uovo magico. Esso avrebbe avuto il potere di difendere la città di qualsivoglia catastrofe. Non si è mai saputo se un uovo sia mai stato conservato nelle segrete del castello. Quel che si sa è che, nel 1370, si sparse la notizia che questo uovo fosse andato in mille pezzi: il panico si impossessò della popolazione tanto che la regina Giovanna d’Angiò dichiarò in fretta e furia che l’uovo era stato sostituito ed il suo potere magico ristabilito. Altri tempi, molti di voi starete pensando. Ma anche il segnale che il confine tra razionale ed irrazionale, tra realtà e leggenda, non è sempre dove pensiamo che sia. Almeno non a Napoli.
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