Oggi voglio portarvi all’interno del Palazzo Reale di Napoli. Tutti ne conosciamo ovviamente la maestosità, ma come ci si è arrivati a quel punto?
Cerchiamo di immergerci nel palazzo con gli occhi di uno dei grandi artisti che hanno reso questo palazzo tanto conosciuto ed ammirato: parlo di Francesco De Mura.
“Venni incaricato dal re Carlo di Borbone di rappresentare nella Sala Diplomatica Sua Maestà e la sposa Maria Amalia di Sassonia. L’idea era quella, con un affresco, di rappresentare le virtù dei due coniugi e come il loro matrimonio avesse posto fine ai loro vizi.
Arrivai in Largo di Palazzo consapevole dell’enorme onore di tale incarico e la facciata del Palazzo mi colpì subito. La facciata rosata era in uno stile tardo rinascimentale e manieristico. Infatti, pur ricordando alcuni dei più antichi edifici del mondo, presenta una composizione che potrebbe essere ripetuta all’infinito.
L’entrata principale era contrassegnata ai lati da due doppie colonne in granito sormontate dallo stemma di Filippo III D’Asburgo. Le pareti che discendono dall’alto della volta sono una celebrazione del gusto roccocò napoletano e affondano nella dura roccia del Gargano. Forse fu proprio quella facciata a farmi innamorare di questo stile. Ai lati del portale principale, in alto, sono poste due lapidi, di cui una celebra la costruzione del palazzo e i suoi artefici, l’altra identifica l’intero edificio e la città di Napoli. Al di sotto sono poste le statue raffiguranti la Religione e la Giustizia.
Entrai e mi accolse il cortile, immenso che già di per se dava un senso di protezione. Sarà che forse in città nessuno aveva l’onore di vivere in un posto così grande. Per non parlare della vista su una delle città più belle al mondo. Mi addentrai e iniziai a salire l’enorme scalone. Lo scalone collegava il cortile, tramite un ambulacro, all’appartamento del re. L’appartamento che ben presto avrebbe ospitato un mio dipinto per volere di Re Carlo.
L’ambulacro abbracciava l’intero cortile che avevo appena attraversato e il sole colpiva la mia testa trasmettendomi un senso di calore. Attraversai il primo corridoio e la vista di quel posto magico mi incantò. Il Teatrino di Corte era l’emblema dell’importanza che i viceré avevano sempre avuto. Mi addentrai nella sala e l’arte catturò come sempre i miei occhi. Dodici statue in gesso e cartapesta raffiguranti le nove Muse, Minerva, Apollo e Mercurio riempivano la stanza.
La prima anticamera mi colpì per il suo lusso e mi fermai di fronte alla parete bianca che avrebbe accolto l’affresco. Io, Francesco De Mura, stavo per dipingere una parete del Palazzo Reale di Napoli. Si potevano ammirare, all’interno di quel vasto spazio, numerosi mobili realizzati da ebanisti napoletani e tappeti provenienti dalla Reale Arazzeria di Napoli.
Proprio mentre ero sovrappensiero il Re Carlo entrò e con una pacca sulla spalla mi invitò ad iniziare la mia opera. Essa raffigura il Genio Reale e le virtù del Re e delle Regina. Lo scopo era raffigurare Fortezza, Giustizia, Clemenza e Magnanimità per il sovrano e Fedeltà, Prudenza, Valore e Bellezza per la regina. Imeneo, dio delle nozze, che scaccia la Malignità aveva lo scopo di rappresentare come il matrimonio potesse tirare fuori il meglio dei due coniugi allontanando i vizi.
Finita l’opera, mi allontanai per ammirarla completa e poco dopo il sovrano entrò nella stanza. Mi si complimentò e fui onorato e felice di essere diventato un artista e aver potuto servire il mio re.”
Ovviamente la storia sopra riportata è totalmente frutto di fantasia con il solo scopo di trasportarvi all’interno del Palazzo.
Il Palazzo Reale di Napoli ci trasporta proprio in una favola e spero, attraverso l’interpretazione che ho fornito di De Mura, di avervi intrigato. Ora è purtroppo chiuso al pubblico, ma presto riusciremo a riscoprire un vero tesoro della città.
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