La Conversione è un racconto-documentario che si dipana su più livelli è questo firmato da Giovanni Meola. Regista, drammaturgo ed attore napoletano, quest’ultima sua opera galleggia fra impianto biopic, inchiesta e formula teatrale.
Peppe De Vincentis, originario dei Quartieri Spagnoli, poi sfrattato nella baraccopoli del quartiere Fuorigrotta, tra
1969/1970/1972 aveva già scontato parecchi anni in cella in quello che fu il Carcere minorile Filangieri,
oggi trasformato in edificio occupato culturale-sociale e ribattezzato Scugnizzo Liberato.
Così nel film si abbandona con purezza e crudele sincerità. Vincenzo Imperatore, ex capo area delle strutture bancarie, perduto nelle correnti fra etica, bonus, sistema Q48 e bugie, rievoca procedure e indottrinamenti matematico-malavitosi, fino ad ammettere un patologico desiderio di competizione. Accomuna i due uomini – che da estranei diventano finalmente soci nel riscatto – il desiderio di indovinare un ascensore sociale. Qualunque esso sia. Spietato, credibile, pericoloso, imprevedibile. Le musiche originali (fisarmonica e voce) di Daniela Esposito lasciano esplodere la volontà di confronto dei
due protagonisti. Senza finzioni e senza rancori.
Due facce di Napoli
“Sottrarre e ingannare – sostiene il regista Giovanni Meola – sono state, a lungo, le attività principali delle vite di Peppe e Vincenzo. Entrambi, a un certo punto, hanno detto basta. Ed entrambi hanno cominciato, fatalmente, a scrivere e a svelare quello che erano stati, quello che avevano fatto e i segreti dei mondi dai quali provengono. Una cena tra loro due, curiosi di conoscersi tra domande e risposte senza remore, è di fatto la spina dorsale del mio racconto. Ciò ha rafforzato la mia intuizione iniziale, cioè che sarebbe stato assai interessante provare a raccontare le loro storie in parallelo.
Due facce di una Napoli matrigna e da sempre piena di insidie”. La Conversione è soprattutto questo.
I protagonisti de “La Conversione”: Peppe e Vincenzo
Sono entrambi uomini che hanno fatto dell’eccellere nei loro campi una sorta di ossessione. Questo me li ha fatti subito accomunare. E in effetti erano entrambi delle eccellenze: rapinatore sopraffino uno, e venditore implacabile e senza remore l’altro. Altra cosa in comune, enorme ai miei occhi, è stata lo scoprire che entrambi avevano fatto, ad un certo punto delle loro vite, un’inversione a U e che questa era stata favorita, ispirata, guidata dalla scrittura.
Più o meno negli stessi anni hanno pubblicato un’autobiografia (“Io so e ho le prove”, di Imperatore; “Il campo del male”, di De Vincentis) nella quale oltre a raccontare fatti e misfatti, autodenunciavano i propri limiti e i propri sbagli senza mai attribuire ad altri responsabilità proprie. Questo mi ha colpito moltissimo. Di rado ho conosciuto persone simili nella nostra Italia dove lo scaricabarile è la regola. Ciò ha rafforzato la mia intuizione iniziale, cioè che sarebbe stato assai interessante provare a raccontare le loro storie in parallelo. Due facce di una Napoli matrigna e da sempre piena di insidie.
Guarda una clip del documentario su Instagram
Potrebbe interessarti anche:
Enzo Avitabile e Sergio Castellitto riportano Natale in casa Cupiello al cinema