Sul suo scrittoio aveva collocato due ritratti, quello di Arthur Rimbaud e quello di Evariste Galois, il poeta romantico ed il grande algebrista. Vicini, quasi come se potessero comunicare tra loro, a dimostrazione che la matematica, l’arte, la scienza, la letteratura non vivono come entità singole, ma solo come parti complementari dell’unica cultura, quella umana.
Di questa cultura, Renato Caccioppoli è stato meraviglioso interprete ed eccellente rappresentante. Un matematico, certo, uno dei più grandi di sempre, ma anche appassionato di cinema e di poesia ed insigne pianista. Si racconta che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, invitato a parlare al teatro Petruzzelli di Bari, nell’ambito di un comizio contro la guerra, Caccioppoli rifiutò di prendere la parola, preferendo sedersi al pianoforte a suonare Mozart, Beethoven, Chopin; la sua esibizione culminò in un applauso lungo oltre dieci minuti da parte del pubblico.
Una mente brillante e precoce
Renato Caccioppoli nacque a Napoli, il 20 gennaio 1904. Diplomato all’istituto tecnico, conseguì anche la maturità classica prima di iscriversi alla facoltà di ingegneria ed essere infine stregato dalla matematica, tanto da laurearsi, in matematica appunto, nel 1925. A ventisette anni ottenne una cattedra all’università di Padova, dove restò per tre anni, prima di trasferirsi a Napoli, professore ordinario alla Federico II. Fu uno dei massimi esperti al mondo nell’ambito dell’analisi funzionale, consentendo alla scuola matematica napoletana di eguagliare l’eccellenza di quella francese e di quella tedesca.
Fu comunista ma anarchico: non volle mai tesserarsi, sia perché non sposò mai del tutto la linea del partito su determinate questioni, sia perché si sentì sempre un intellettuale libero e libertario. Molti sono gli aneddoti che circolano sul suo conto e dipingono bene molti aspetti del suo carattere. Secondo uno dei più noti, quando il fascismo impose il divieto, per i maschi, di portare cani di piccola taglia al guinzaglio, per una presunta salvaguardia della virilità. Caccioppoli decise di irridere il regime mostrandosi per le strade di Napoli con una gallina al guinzaglio.
L’uomo che sfidò Hitler
Il suo atteggiamento sovversivo venne fuori anche in altre occasioni e, per poco, non gli costò il carcere, in occasione di un suo discorso nel corso della visita di Adolf Hitler a Napoli, nel maggio del 1938. A salvarlo fu solo l’intervento di sua zia: Caccioppoli era, infatti, il nipote di Maria Bakunin, docente di chimica all’Università di Napoli e a sua volta figlia di Michail Bakunin, anarchico e rivoluzionario russo. La zia riuscì ad evitare il carcere al nipote convincendo i giudici del tribunale speciale dell’instabilità mentale del matematico.
Il suicidio
Motivare un suicidio è un’operazione quasi sempre priva di senso. È quasi certo che l’ultima parte della vita di Caccioppoli sia stata ricca di delusioni, e di disillusioni: la fine del rapporto con la moglie, Sara Mancuso, la crisi del partito comunista e di molte delle idee nelle quali ha sempre fermamente creduto, la condanna dei crimini staliniani da parte di Kruscev.
Se queste o altre sono le cause che hanno spinto Renato Caccioppoli a togliersi la vita con un colpo di pistola, nella sua abitazione di Palazzo Cellamare, l’8 maggio 1959, non possiamo saperlo e, in fondo, neppure deve interessarci. Forse, più semplicemente, con le parole di Emma Castelnuovo:
Renato non era uomo che potesse invecchiare né ammalarsi e, ammalandosi, fermarsi.
Ha lasciato questo mondo prematuramente, proprio come Rimbaud e Galois e, proprio come loro, sarà lungamente ricordato, non solo per il suo genio ma anche per la sua libertà.
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