La Napoli raccontata da Özpetek è volutamente velata, come se tra i personaggi e la realtà si frapponesse uno schermo in grado di restituire una verità distorta e illusoria, metafora del rapporto dello spettatore con lo schermo filmico. Esso, infatti, può creare, velare e svelare luoghi e misteri senza permettere a chi osserva di scoprirli realmente, richiamando alla mente la teoria schopenhaueriana del velo di Maya. Un velo che bisogna lacerare per permettere di arrivare all’essenza ultima di quel fenomeno materiale ormai divenuto illusione.
È la Maya, il velo dell’inganno, che ricopre gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo, di cui non si può dire né che sia né che non sia: giacché è come il sogno, è come il riflesso del sole sulla sabbia, che il viandante scambia da lontano per acqua, o anche come la corda gettata a terra, che egli prende per un serpente
Napoli Velata però, non permette allo spettatore di arrivare alla sua essenza, ma gli concede solo di scostare un po’ il velo per farsi ammirare, guidandolo alla scoperta di una città sospesa fra magia e realtà, superstizione e ragione.
I personaggi come vagantes, nel ventre di una Napoli moderna, girovagando da Piazza del Gesù, passando per la Farmacia degli Incurabili fin su la scalinata elicoidale di Palazzo Mannajuolo, sostando nei vicoli del centro storico, sono capaci di mostrarci una città cruda, vitale, pagana ed esoterica, profondamente misteriosa e realisticamente vera.
Incontri, delitti e segreti tra mistero ed esoterismo
In Napoli Velata, la drammatica perdita di Adriana (Giovanna Mezzogiorno) è solo un canovaccio usato dal regista per raccontare altro. Un altro fatto di memorie, credenze antiche e popolari, fantasmi, riti e femminielli.
«Ssshhh! Zitti! Silenzio! Questa è ‘na storia antica. Anzi, eterna. Da quann’ è nato il mondo le cose so’ iut semp’ accussì» reciterà Pasquale (Peppe Barra), mentre alle sue spalle viene messa in scena la figliata dei femminielli.
Storia antica quella della figliata. Rito misterioso che ha bisogno di essere celato per essere raccontato perché «la gente non sopporta troppa verità», come dirà Adele (Anna Bonaiuto) mentre copre l’atto “osceno” dietro un velo.
Il sentire, il percepire la realtà è più importante del vederla. Una realtà mai pienamente vera, confusa tra il folklore e quella malia dello sguardo che hanno reso la Napoli rappresentata sullo schermo un humus di corpi vivi e morti, di fantasmi, streghe e sibille cumane sospese tra amore e disperazione in una città madre-matrigna che divora i suoi figli.
Napoli Velata: una storia di amore e morte
Tra le strade di una Napoli moderna e vibrante, di palazzi antichi vissuti da famiglie borghesi, incombono ombre che, insinuandosi nelle loro anime, le privano della purezza facendone emergere tutto il torbido passato che nascondono.
Adriana cercherà disperatamente, ai limiti della follia, la verità sulla morte di Andrea (Alessandro Borghi), l’uomo misterioso e sensuale conosciuto proprio alla figliata, con il quale da subito instaurerà un legame magico.
La vista del cadavere e la dolorosa perdita faranno intraprendere alla protagonista la difficile strada alla scoperta di se stessa e del suo passato. Un passato velato, nascosto nel profondo di un ricordo insanguinato.
Le luci calde della città si contrappongono a quelle fredde del gelido obitorio facendo emergere quello che “ci sta sotto”, le “anime del purgatorio” vive e viscerali in opposizione all’apparente calma razionale di chi vive nel qui e nell’ora.
Segni e significati antichi si manifestano sotto gli occhi di Adriana, affiorando in ricordi velati, come velato è il corpo di quel Cristo custodito dalla Cappella San Severo. Un corpo che più è coperto, più fa scorgere dal tessuto roccioso, le sue carni fredde e calde sul limen tra vita e morte, così come il corpo di Andrea che sul freddo tavolo dell’obitorio conserva il ricordo della carnale passione di qualche sera prima.
Lontana dalla Gomorra che è abituato a vedere, lo spettatore in bilico tra realtà e immaginazione, presente e passato, osserva silente da dietro il sottile schermo la storia ricca di mistero di questi personaggi che portano con sé i fantasmi ingannevoli di un mondo fatto di antichi riti e sangue che, vivo, sembra quasi zampillare dal Vesuvio apparentemente sopito.