A suon di DPCM, il nuovo metodo di regolamentare la vita ai tempi del COVID, procediamo verso la fine di questo funesto 2020. Da quasi un anno ormai, la conferenza del Premier è attesa anche dai bambini, quest’anno anche più di Babbo Natale.
Tutti noi pensiamo di esser stati bravi e di meritare un po’ più di libertà, nonostante il notevole impatto della pandemia sulle nostre vite. Se si ascoltano le notizie da Palazzo Chigi si prende fiducia nell’attesa del vaccino.
Guardando i virologi, presenti in ogni dove alla stregua di opinionisti televisivi (fin troppi) o di un politico in cerca di consensi (ogni riferimento è puramente casuale) realizziamo che ci aspettano ancora due ondate.
Se si leggono i numeri si rimane sgomenti e un po’ perplessi.
Insomma, tutto sembra un grande caos a cui si aggiungono decreti pieni di contraddizioni. Ci si appella ancora al buon senso per scongiurare pericoli, al tempo stesso si pensa a dare ossigeno ai commercianti in ginocchio.
La realtà, però, è che siamo ancora in guerra, senza indicazioni chiare su come affrontare la vita di trincea.
Tuttavia, procurarsi i mezzi richiesti per affrontare l’emergenza non basta: nonostante si operi in fasce arancioni o gialle, molte attività sono costrette a chiudere i battenti.
Dunque, cosa succede? Proviamo a fare chiarezza.
Caos decreti e sport in bilico
La pallavolo era l’unico sport di contatto che stava proseguendo la propria attività.
Grazie ad una particolare tabella all’interno del proprio regolamento, erano consentite determinate categorie giovanili e campionati, purché di interesse nazionale.
Con l’ultimo DPCM il fragile equilibrio che aveva permesso di continuare gli allenamenti è stato ancora una volta stravolto.
Gli eventi sportivi di Preminenza Nazionale hanno spodestato quelli semplicemente nazionali estromettendo di fatto tutti gli atleti non professionisti, o quelli che gareggiano sotto l’effigie delle federazioni.
La situazione tragicomica è che a distanza di due giorni dall’uscita dei gironi dei campionati campani, la FIPAV ha comunicato alle società la sospensione dell’attività forse fino al 15 gennaio.
E non è finita qui! Nel decreto in questione si lascia aperta la possibilità di operare agli enti di promozione: i vari CSI, UISP, CSEN etc. A questo punto, con la FIPAV ferma, un ente può continuare le attività anche se le società affiliate sono le stesse.
Paradossale ma vero.
Telenovela pallavolo e tensione tra FIPAV ed enti di promozione
Gli enti comunicano alle associazioni che fanno pallavolo di non essere coinvolti nel DPCM, la FIPAV incassa il colpo e cerca correttivi.
Gli enti contattano il CONI, il quale da per buono il DPCM e da loro il permesso di continuare.
La FIPAV, in quanto federazione di riferimento, scrive a Malagò cercando di tutelarsi e non perdere terreno rispetto agli enti.
Inizia così la guerra degli iscritti, e sebbene federazioni ed enti siano due universi separati sportivamente parlando, mirano ad interessi comuni ad entrambi.
Da questa vicenda emergono numerosi interrogativi. Dove è finita, quindi, la lotta (eccessiva) allo sport amatoriale se si da possibilità a quello promozionale di proseguire? Perché tirare la cinghia proprio alla FIPAV in un periodo di allentamento delle restrizioni? A questo punto, è lecito anche chiedersi se le altre federazioni si siano ribellate, oppure la mole di persone mosse dagli enti sia talmente grande da non poterla arrestare.
Fatta salva la consapevolezza del momento duro che stiamo affrontando, è scontato che senza la possibilità di poter fare progetti è tutto ancor più difficile. Lo sport è fondamentale per dare una speranza e ad ogni modo deve essere consentito. Non resta che augurarsi di trovare, una volta per tutte, una linea comune che abbia a cuore il futuro del Paese ma soprattutto dei nostri giovani.
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