PizzaHut è fallito? Nuovo appuntamento di Dream Vision, la rubrica del Corriere di Napoli, dedicata all’economia, al business e al mondo delle startup. Puntata di oggi dedicata a PizzaHut, società storica della ristorazione mondiale che negli scorsi giorni ha dichiarato la bancarotta.
C’è un po’ di disambiguazione sul tema del presunto “fallimento” della catena statunitense. Prima però racconteremo un po’ di storia del brand PizzaHut.
PizzaHut venne fondata nel 1958 dai due fratelli Carney. Il primo negozio è stato aperto in Kansas grazie a un prestito di 600 dollari da parte della madre dei Carney. Successivamente per inaugurare al meglio il secondo negozio, furono regalate tante pizze a tutta la città di Wichita. L’anno successivo nacque il franchising che fu acquistato poi dalla compagnia Pepsi.
Nel ’77 PizzaHut conta circa 4000 negozi, in tutto il mondo: dal Canada al Messico, dall’Argentina alla Cina, dall’India al Sudan e inoltre fu il primo brand americano a stabilirsi in Iraq, nonostante la situazione di guerra.
L’innovazione del food che fa differenziare PizzaHut dagl’altri fastfood è sicuramente la formula di vendita dei prodotti: dal all-you-can-eat al buffet, cose che i concorrenti non hanno mai fatto o almeno hanno solo copiato successivamente.
In questi giorni i giornali italiani hanno fatto una confusione assurda, siccome la società non è fallita e non chiuderanno tutti e 18.000 i negozi nel mondo, ma solo 1200 per debiti al di fuori del coronavirus. Quindi se siete in Europa e volete provare una pizza un po’ diversa da quella italiana, potrete ancora farlo liberamente.
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