La crisi del teatro e dei settori culturali è evidente. I primi di Marzo segnano un anno dalla comparsa del Covid e l’inizio di questo spaventoso e frustrante periodo di pandemia. Considerati i primi tentativi del governo e della popolazione di arginare e contenere il rischio di contagio, col passare del tempo si è profilata come inevitabile la circostanza di una convivenza forzata con il virus. E da qui l’utilizzo della mascherina, della quale non possiamo più fare a meno, i distanziamenti, il coprifuoco e tutta una serie di misure che ora appartengono alla nostra quotidianità.
Nonostante gli adeguamenti, alcune attività pare però non abbiano trovato una loro dimensione nello scenario della società Covid. Se da un lato non possiamo più immaginarci senza lo smart-working o non esista praticamente più un locale pubblico che non abbia fatto ricorso ai plexiglass o che non disponga di un misuratore della temperatura, ad alcuni spazi della nostra vecchia vita ancora non è stato concesso un assetto adeguato nei tempi che corrono.
La crisi del teatro
Per esempio: che fine fa il teatro? I decreti emergenziali che hanno a più riprese tentato di contrastare il problema Covid hanno trascurato notevolmente il settore spettacolo, al punto da non considerare nemmeno alternative pratiche alla (in)evitabile chiusura. Bisogna del resto tenere conto che non è solo il corona virus a segnare inevitabilmente la vita delle persone, ma anche le chiusure forzate in luogo di qualche soluzione di compromesso provocano danni irreparabili.
Nel 2020 i teatri sono rimasti aperti in media 3 mesi in tutta Italia, e ad oggi molti dichiarano la chiusura definitiva. Solo qualche settimana fa artisti e operatori dello spettacolo si sono incontrati in Piazza del Gesù a Napoli per protestare pacificamente al fine di ottenere riconoscimento di categoria e sussidi, alla luce del fatto che questa situazione di immobilismo sembra perdurare, dati i numerosi contagi, e una soluzione tempestiva è necessaria.
Ma è davvero così rischioso, dal punto di vista infettivo, andare a teatro? La fortuna ha voluto che, nella breve parentesi di apertura da Settembre a Ottobre, sia riuscita personalmente a rimettere piede in una sala. Per l’occasione mi recai al San Ferdinando di Napoli dove ebbi modo di assistere allo spettacolo inedito di un magistrale Nino Musella, “Tavola tavola, chiodo chiodo”. I posti disponibili si presentavano notevolmente ridotti, consentendo sedute ogni tre poltrone, di modo che gli spettatori, rigorosamente muniti di mascherina, potessero seguire lo spettacolo distanziati e con modalità altrettanto sicure furono gestiti i flussi di entrata e di uscita.
La platea ridotta di un terzo dava la cifra di quanto i tempi fossero cambiati, ma la serata registrò il sold out, segnale evidente che il teatro, o meglio, lo spettacolo e l’arte in generale, non rappresentano qualcosa di rinunciabile e che non si classificano come attività di mero svago, ma strumenti di un intimo arricchimento. Inutile dire che il rischio contagio, almeno per la serata nello specifico, fu praticamente zero e la performance finì in tempo per consentire al pubblico di rientrare entro l’orario di coprifuoco. Insomma, nessun dpcm è stato maltrattato per la messa in scena dello spettacolo!
Lo streaming: il teatro online
Una formula alternativa di cui potremmo avvalerci per ora, sperando per il minor tempo possibile, è lo streaming. Nell’era digitale e alternandosi tra le diverse ondate della pandemia, i sistemi da remoto si sono imposti finanche nella didattica dei primi livelli di istruzione, così come in moltissimi momenti della vita di ciascuno, obbligando anche i più ritrosi e tradizionalisti non solo ad adeguarsi, ma a farlo anche alla svelta.
L’odore delle tavole del palcoscenico non c’è modo che venga replicato in una web live, ma quest’ultima consente a qualche operatore di rimettersi al lavoro, a qualche attore di rimettersi in gioco, allo spettatore di continuare ad erudirsi, insomma dà una mano a tutti. Oltre a ai broadcast, che una volta scaricati possono essere ascoltati più volte, interessante è l’iniziativa di alcune piattaforme di consentire l’acquisto del biglietto on-line e di vedere lo spettacolo in diretta, comodamente da casa.
Resti assodato che si tratta di un surrogato anni luce distante dalla magia dell’essere in platea, ma si traduce come una forma di resilienza contemporanea, che in molti paesi del mondo ha riscosso un enorme successo e che dimostra l’intento comune di non vedere morire un settore vitale per la società. Un sito interessante da segnalare all’uopo è Teatrinrete.it che dal 7 Marzo, dal Teatro Diana di Napoli, trasmetterà “Il malato immaginario” con Rosario Verde, per l’adattamento di Peppe Celentano del celebre personaggio di Moliere.
Sarà possibile, invece, assistere al concerto del duo più in voga del panorama musicale partenopeo “Ebbanesis” il 20 Marzo. La programmazione prevede molto altro ancora, compresi spettacoli di danza e di teatro sperimentale.
Con l’auspicio che queste varianti del tradizionale modo di fare spettacolo siano soltanto un momentaneo palliativo, sia per tutti i comparti che vivono di questo sia per coloro che ne traggono benefici quali gli spettatori, e sperando di poter presto tornare a godere delle emozioni che una sala gremita di pubblico può destare, l’invito è quello di sostenere, ciascuno a proprio modo, le iniziative artistiche locali, partecipando tutta affinché nello scenario post-covid lo spettacolo non sia considerato più un bene secondario ma elemento imprescindibile di una società civile.
Un articolo di Roberta Guida
Potrebbe interessarti:
Nasce l’Officina Speranzella: il teatro vivente
Arsenyco, provocazione e teatro: un mix esplosivo