L’obiettivo del tavolo del G20 a Napoli tra i grandi della terra, viatico obbligato per un accordo sulle questioni climatiche, ambiente ed energia, è stato raggiunto in parte. La mediazione stringente ha trovato intesa solo su 58 punti, un inizio e neanche tanto impattante sulle “abitudini” di alcuni paesi, quali India e Cina, per i quali la decarbonizzazione resta un tabù.
È proprio la scelta energetica del carbone ad avere l’impatto più devastante sull’inquinamento atmosferico e il conseguente innalzamento delle temperature. I recenti avvenimenti in Germania, Belgio e Olanda ci hanno dato solo un esempio di quanto, oggettivamente parlando, possano essere sconvolgenti gli effetti in termini di calamità naturali.
Le sensazioni dopo il G20 a Napoli
Da ciò, cercare di mantenere sotto i 2 gradi l’incremento della temperatura media rispetto al periodo preindustriale – raggiunto faticosamente negli ultimi accordi di Parigi – resta una pia speranza.
L’economia del carbone permette a India e Cina imponenti vantaggi competitivi, sarà difficile trovare una contropartita altrettanto importante da compensare l’abbandono in favore di fonti alternative e rinnovabili. Sarà quindi il prossimo G20 di Roma a ottobre, più “rappresentativo” perché appannaggio dei capi di stato e di governo, a cercare di pizzicare il bandolo della matassa.
Intanto il ministro Cingolani cerca giustificazioni addolcendo il boccone amaro “non è un fallimento, e oltre non si poteva andare “ tutto a meno di 100 giorni alla Cop26, Conferenza sul clima di Glasgow.
Vorremmo in coda sottolineare quanti disagi, oltre a quelli già noti per via dell’emergenza Covid, abbiano dovuto sostenere gli operatori economici, i ristoranti e i cittadini residenti per ospitare adeguatamente questo summit.
Autore: Francesco Paciello
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