Abbiamo discusso di Body Positive con alcune delle ragazze che hanno fatto parte di un progetto fotografico per la promozione dell’amore verso se stessi e il proprio corpo. Il progetto è stato realizzato nel comune di Cinquefrondi, in Calabria, ed è nato da un’idea di Lucia Scarfò. Le foto sono state scattate da Dafne Laruffa e il suo ragazzo Leonardo Raso.
Nelle foto abbiamo delle ragazze tutte calabresi: Giada Giovinazzo, Morena Comandè, Jasmine Tomis, Martina Mammola, Ilaria Sorace, Veronica Formica e la stessa Lucia Scarfò.
-Com’è nata l’idea del progetto?
-“Il progetto è nato da un’idea interiore che avevo. Una sera sul divano ho aperto un’applicazione su cui ho visto una foto dove c’erano delle ragazze tutte insieme, di diverse culture, nazionalità, religioni, ecc. e con diversi fisici. Sono rimasta molto colpita da queste foto. Visto che gli ultimi 3 anni sono stati veramente difficili per me e ne sono uscita molto forte, volevo finire questo capitolo in bellezza. Già da tempo seguivo Dafne e il suo fidanzato: le ho chiesto se avessero il piacere di collaborare insieme a me in questo progetto e lei mi ha detto di sì. Da lì ho formato un gruppo, partendo da Martina, che conoscevo da tempo e ho visto che comunque mandava un messaggio positivo, che volevo mandare anch’io.
In questo periodo di pandemia, con questi problemi che i ragazzi hanno, volevo mandare un messaggio di positività, sia fisica che mentale. Ho voluto inoltrare qualcosa di più in un post: il nostro passato e le nostre azioni che erano i nostri punti più fragili che poi col passare del tempo sono diventati il nostro punto di forza. Questo progetto è diventato così una cosa enorme e sono molto contenta del fatto che abbia riscontrato questa sorta di successo, perché vuol dire che il messaggio di positività e di forza che io volevo mandare è arrivato […] L’importante è sentirsi bene prima con se stessi e poi con gli altri, è tutta una questione mentale e psicologica.
Se io sto bene, gli altri vedono che io sto bene e pure loro stanno bene con me. Io non ho avuto un problema di alimentazione, ma tutto parte da un paesino sperduto della Calabria, dove il pregiudizio e il giudizio è perenne. Difatti anche mia mamma tuttora non l’ha accettato come progetto, perché mi dice <Tu sei stata già giudicata, così ti giudicano ancora di più>, ma ovviamente la sua cultura è quella. Perché qui il giudizio è farsi i fatti degli altri, vedere il brutto degli altri. Il problema però non siamo noi, il problema è loro.” (Lucia Scarfò, 23 anni, nata in Calabria, cresciuta a Roma).
–Avete ottenuto riscontri positivi?
–“Dai messaggi che ci hanno mandato, si vede che tante persone si sono ritrovate nel progetto. Una ragazza ha scritto che dopo aver visto le nostre foto si è messa il costume e si è guardata allo specchio” (Martina Mammola, 24 anni, make-up artist).
–“A me ha scritto un ragazzo dicendomi che le nostre foto l’hanno aiutato perché ha sempre avuto problemi nell’accettarsi” (Veronica Formica, appassionata di foto, lavora in un negozio di fiori).
–“Anche a me ha scritto un ragazzo che sta seguendo un percorso di transizione e mi ha detto che il progetto l’ha aiutato anche da questo punto di vista, perché il messaggio che abbiamo voluto mandare è stato universale. Come tale, l’hanno percepito tanti tipi di persone diverse, con percorsi di vita differenti e con esperienze di vita diverse. Non è una cosa soltanto tra donne, ma ha coinvolto tante persone da quello che abbiamo riscontrato” (Ilaria Sorace, 20 anni, studentessa di pittura all’Accademia di Belle Arti).
-Dafne, quali sono le foto che scattate di solito? E cos’è che vi ha fatto decidere di partecipare al progetto di Lucia?
–“Io e il mio ragazzo ci scattiamo reciprocamente le foto, nel senso che tendenzialmente non lavoriamo con terze persone, a meno che non ci venga esplicitamente richiesto. Nel caso del progetto, posso dire da donna di essermi al 100% ritrovata, perché credo che chiunque incappi in un problema con se stessi, con la propria figura fisica, in rapporto con gli altri, perché spesso le nostre insicurezze derivano da giudizi che gli altri hanno nei nostri riguardi. In un mondo che tende a standardizzarsi, secondo degli stereotipi che non sono realmente esistenti, un messaggio di diversità che rispecchi poi la diversità della realtà ci tenevo tantissimo a trasmetterlo” (Dafne Laruffa, 24 anni, studentessa, appassionata di fotografia).
-Dateci una definizione di Body Positive.
–“E’ nato come idea di normalizzare tutti i tipi di corpo e di fisico. Non è rivolto solo alle donne, ma a chiunque. Nello specifico, non c’è un’azione principale del Body Positive: l’idea è quella di mandare positività, di normalizzare quelle che tante persone definiscono diversità ma in realtà diversità non sono. In fondo siamo tutti un po’ uguali. Io, nel mio piccolo, da un po’ di mesi a questa parte ho riscoperto la bellezza, ho capito che non bisogna per forza rispecchiare quegli standard per essere definiti belli. Ho capito che se io prima di tutto non piaccio a me stessa, non potrò mai piacere agli altri” (Martina).
–“Purtroppo il problema è culturale: è normale che quando si rientra nei canoni della realtà, in cui non tutti siamo di 20kg, di 1,90m, con gli occhi chiari e i capelli biondi, è naturale che restiamo tutti un pochino scioccati. Ed è questo il messaggio che si deve lanciare, il fatto che non si è assolutamente in quel modo nella realtà, e ciò che poi si è nella realtà può essere definito allo stesso modo bello” (Dafne).
–“E comunque anche essere magri non è tutta questa gran cosa. Parlo da persona magra: io a volte mi sono trovata a disagio per la mia magrezza, quindi non è che per forza devi avere dei chili in più per sentirti a disagio. Con me è stato il contrario: Martina si copriva per i chili di troppo e io per i miei pochi chili” (Veronica).
Veronica
“Ho passato un periodo in cui mi guardavo allo specchio e non mi piacevo, perché mi dicevano <Mamma mia, sei magra come un manico di scopa>, veramente una cosa terribile da dire, mi guardavo allo specchio e mi vedevo esageratamente magra, e magari non ero così. Tutto partiva dagli altri che mi hanno influenzata. Ho avuto poi un ragazzo che guardava ragazze totalmente diverse da me, che magari erano magre e formose. Io mi chiedevo perché non fossi così e ho cercato di mangiare per ingrassare. Ma ho visto che le forme continuavano a non esserci e mi coprivo per non farmi giudicare. A un certo punto, ho capito che io sono così e va bene così. Non siamo tutti uguali e questa è una bella cosa”.
Ilaria
“La mia è una storia un po’ particolare, perché fin da quando ero piccola mi sono sempre sentita sbagliata. Ho subito numerose esperienze negative, che mi hanno portato a pensare che il mio più grande sbaglio fosse stato quello di essere nata. Questo pensiero mi assillava sempre fin dalle scuole elementari. C’erano persone che mi giudicavano male perché ero cicciottella, perché ho sempre sofferta di peluria eccessiva, ero un po’ il “gorilla della classe”. Crescendo, era diventata un’ossessione, ho smesso di mangiare da un momento all’altro: alternavo periodi di alimentazione normale a mesi di digiuno totale. Grazie ad un ragazzo, ho iniziato a vedermi bella attraverso i suoi occhi, ho capito che ero bella in quel modo e non dovevo autodistruggermi. Sono ingrassata, ma stavo bene col mio corpo. Poi però ci siamo lasciati e la rottura ha combaciato con un incidente, per cui non ho potuto mangiare per mesi, ma non per mia scelta.
Dopodiché ho fatto tanta fatica a riprendere peso e soprattutto ad amarmi come quando stavo con lui […] Ho sofferto di problemi alimentari e di attacchi di panico: è stato il momento in cui ho toccato il fondo e mi sono resa conto che nessuno meritava più di ridurmi in quel modo. Non mi sono rivolta a specialisti, perché molti tendevano a sottovalutare quello che stavo vivendo, di conseguenza anche la mia famiglia. Ho dovuto affrontare tutto da sola e da una parte ringrazio questa cosa perché ho molta più consapevolezza di me e del mio corpo. Nonostante io ancora faccia fatica a riprendere i ritmi di prima, ogni piccolo passo in avanti per me è un’immensa gioia, perché sono animata da tanta forza di volontà, tanta voglia di rivalsa e anche dalla forza che mi sta dando questo progetto”.
Martina
“Ero sempre cicciottella, mi piace mangiare, ma il mio metabolismo mi fa ingrassare più facilmente degli altri. Questo mi ha fatto sempre subire insulti sul mio fisico. A 14 anni, poi, mi sono invaghita di un ragazzo, che mi ha detto di dimagrire per metterci insieme. Questo mi ha fatto prendere la fissa per il dimagrimento e ho fatto una dieta col nutrizionista. Non mi amavo ugualmente e ho ricominciato a mangiare, così ho ripreso peso.
Non mi piacevo, mi sentivo la sfigata tra le mie amiche, quella senza senso, che stava lì senza motivo e mi sentivo esclusa. Per fortuna, mia cugina Giada, pochi mesi fa, mi ha aiutato a cambiare modo di vestire. E così sono partita dal mio punto di forza: la vita stretta. Ho indossato maglie strette in vita e ho capito di non essere così male, di non essere da buttare e ho iniziato a piacermi. Ora esco e mi vesto come mi pare: prima una persona mi guardava e pensavo mi stesse prendendo in giro, ora invece me ne frego e vivo la vita che non ho mai vissuto prima”.
Lucia
“La mia vita è un po’ una giostra, piena di alti e bassi. Sono stata bullizzata, avevo gli occhiali e l’apparecchio, ero un po’ cicciottella, mi chiamavano <Scherzo della natura, Patty, la soggetta>. Avendo problemi di comprensione, perché sono dislessica, anche i prof mi bullizzavano. Sono andata per un anno al liceo classico e avevo la fissazione per esprimermi bene, con i verbi giusti. Sono da 4 anni in Calabria: qui mio zio mi ha diffamato davanti a tutto il paese e tutti mi guardavano male, mi giudicavano. Si chiedevano perché da Roma fossi tornata qui, pensavano che avessi problemi di droga.
Oltre a questo, ero sola, e in tutto ciò ho preso la tutela dei miei nonni. Dicevano che non potessi badare a due vecchi anziani e che volessi prendere i soldi dei miei nonni. Quindi mi sono dovuta rialzare molte volte da sola, so io cosa vuol dire piangere davanti a uno specchio, guardarsi e farsi forza da sola, abbracciarsi da sola, non avere neanche una spalla su cui versare le tue lacrime, chiedere aiuto, so cosa vuol dire veramente la solitudine. Il mio slogan è quello di dire “Tu sei forte e tu non sei nessuno per abbattermi”. Ecco perché ho voluto fare questo progetto, perché siamo tutte forti: se non ce la fai tu, non ti aiuta nessuno. Siamo la salvezza di noi stessi. Perché alla fine tutti scivoliamo se ci appoggiamo a qualcuno, perché nessuno sta lì per noi per sempre. Se ti devi rialzare, rialzati da solo”.
Dafne
“Non ho preso fisicamente parte al progetto, ma riguarda anche tanto me stessa. Ho avuto un’adolescenza molto difficile, i miei genitori si sono separati quando avevo 9 anni, per cui da quel momento ho avuto poche amicizie buone e un periodo di depressione. Anch’io sin da piccola ho avuto difficoltà a sentirmi al 100% a mio agio con quella che era la mia fisicità e anche con i miei gusti. Ero quella con l’eyeliner nero e con le extension fucsia.
Il mio colpo di grazia è stata una relazione disfunzionale e tossica con un ragazzo che mi ha dato zero e mi ha giudicato per il mio fisico. Da quel momento, ho iniziato a dimagrire troppo. Il mio orgoglio era quello di sentirmi dire dalla gente che stavo male e in quello rivedevo tutta la mia magrezza, quindi la mia soddisfazione. Poi ho conosciuto il mio attuale ragazzo, che mi ha aiutata gradualmente. Lui mi ha fatto capire di avere un problema e ho deciso di rimettermi in sesto. Mi sono anche rivolta ad una psicologa che mi ha aiutato tantissimo a vedermi con occhi differenti e ad affrontare le situazioni di difficoltà”.
-Cosa dite alle donne, agli uomini o a chiunque non si senta accettato dalla società?
-“Si cerca di far capire che non c’è un modello di perfezione, in cui bisogna per forza rispecchiarsi per potersi definire in forma o bello/a. Ognuno deve piacersi per come si è: a volte si sbaglia perché si associa tutto anche alla salute. Io, che ho chili in più, posso andare in bicicletta o scalare una montagna, fare quello che fa chiunque altro. Ognuno deve piacersi per la propria particolarità e diversità: ognuno di noi ha un viso particolare, degli occhi particolari, una particolarità che un’altra persona non ha. Bisogna fare della propria particolarità la propria bellezza e diversità, proprio perché nella diversità sta la vera bellezza (Martina)”.
-Siete d’accordo con chi modifica il proprio corpo? Mi riferisco a chi fa un’operazione dal chirurgo plastico per esempio.
–“Io sono assolutamente pro. Perché penso che ognuno debba essere consapevole di ciò che può amare e ciò che non può amare del proprio corpo. Accettare se stessi va bene, ma questo non elimina la possibilità di migliorarsi o cambiare se si sente di farlo. Apprezzo chi lo fa, perché proprio il fatto di subire un’operazione per aumentare l’amore che prova verso se stesso, secondo me è un atto di coraggio” (Ilaria).
–“Un giorno su TikTok ho messo un video mentre mi allenavo e una ragazza ha commentato <Ma come non ti piacevi curvy? Ora perché ti alleni?>. C’è la concezione sbagliata che se io mi piaccio per come sono, non mi voglio migliorare, quando in realtà io mi posso amare in qualunque modo io sia, ma questo non vuol dire che io non mi voglia migliorare. E se posso farlo, lo faccio” (Martina).
-Pensate che la pandemia possa essere stata un’ulteriore complicanza per chi non è a suo agio col proprio corpo?
–“Assolutamente sì, perché in questa quarantena che abbiamo dovuto subire, ci siamo un po’ lasciati andare, non abbiamo avuto più la vita di prima. Il bello di ritrovarsi c’è stato e anche le vecchie abitudini. Si è mangiato molto di più, anche per le influencer più conosciute. L’accettazione di vedersi in un corpo completamente stravolto in una situazione completamente tragica, ci ha completamente cambiate e peggiorate. C’è più cattiveria in giro, meno accettazione di noi stessi e siamo più sofferenti” (Lucia).
-Come vedete la situazione in Italia rispetto alla questione del Body Positive? Pensate che si stia smuovendo qualcosa nelle nuove generazioni?
–“Secondo me, ci sono delle fasi che ognuno di noi vive nella propria vita, una di queste è proprio l’accettazione di se stessi. Quindi a parer mio la società sta cambiando e ne siamo tutti consapevoli. La fase dell’accettazione, dell’odio del proprio corpo, della non accettazione è prettamente adolescenziale: un po’ tutti la vivono, l’hanno vissuta e la vivranno. La cosa che mi auguro è che non sia più distruttiva come lo è stata per noi, che ci sia più sensibilità verso certi argomenti, che vengano visti come dei problemi da risolvere e non come problemi da crearsi e poi vantarsene“ (Ilaria).
–“Se un messaggio viene esplicitato da una fashion blogger molto seguita, che magari un giorno pubblica un brufolo, una ragazzina di 14 anni potrebbe pensare che forse effettivamente avere un brufolo è normale. Mostrare la cellulite nelle modelle che indossano dei capi, è una rivoluzione” (Dafne).
–“Il messaggio più importante che bisogna mandare è di amare noi stessi. La cosa che ci ha distrutto maggiormente non sono stati tanto i giudizi o il nostro aspetto fisico, quanto il poco amore nei confronti di noi stessi. Questa è una cosa che dovrebbe essere insegnata fin da quando si è piccoli: riconoscere il nostro valore, a prescindere dal nostro aspetto fisico o dalle nostre lacune (dislessia, peluria eccessiva, extension fucsia). Arriveremo ad un’evoluzione e ad un punto di svolta quando non si parlerà tanto di accettazione, ma quanto di <Ama te stesso in tutte le fasi della tua vita, ascolta te stesso, non ti giudicare, non dare il potere agli altri di decidere sulla tua identità, sulla tua personalità, sul tuo modo di essere, su come vuoi approcciarti alla vita e su come ti vuoi esprimere>. Questo secondo me è il messaggio più importante” (Ilaria).
–“Questo è il corpo in cui vivremo in quest’unica vita, quindi va sfruttato e va vissuta a prescindere da come siamo” (Martina).
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