“Luminosissima e meravigliosa galleria coverta di cristalli…”
Nuova puntata di Discover Naples, rubrica dedicata ai misteri e le storie dimenticati della città partenopea. Dopo aver definito i cambiamenti degli spazi interni ed esterni del Teatro San Carlo, con lo sventramento e la nascita della Galleria Umberto I, è ancora il periodo borbonico ad essere protagonista. A Piazza Municipio nel 1816 nacque Palazzo San Giacomo che difatti chiudeva il settore settentrionale della piazza. Al suo interno nel 1821 Stefano Gasse ideò la prima forma di architettura in ferro e vetro a Napoli: la Galleria Toledo. Un corridoio innovativo durato appena un secolo e oggi scomparso…
Il Palazzo dei Ministeri di Stato
Dopo il decennio francese, nel 1816 si restaura il Regno borbonico con quello delle Due Sicilie. Prontamente, Ferdinando I affida a Stefano Gasse e Antonio Niccolini gli abbellimenti della città già avvenuti con Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat. La Restaurazione dopo il Congresso di Vienna del 1815 portò in dote a Napoli la costruzione della Chiesa di San Francesco di Paola e la nascita del nuovo Palazzo dei Ministeri di Stato.
Dopo quelli sorti a Largo di Palazzo, o meglio la ristrutturazione di Palazzo Acton per mano di Francesco Sicuro e quello della Foresteria, anche Piazza Municipio viene arricchito da una nuova dimora istituzionale. Il figlio di Carlo voleva un palazzo che ospitasse tutti i ministeri. L’idea fu promossa soprattutto dal primo ministro Luigi de’ Medici di Ottajano, il quale affidò l’incarico di progettare il nuovo edificio agli architetti Antonio de Simone, Vincenzo Buonocore e Stefano Gasse. Alla fine solo quest’ultimo, insieme al fratello Luigi, si occupò della costruzione.
In uno dei più grandi edifici d’Europa vi erano più di 800 stanze costruite tra il 1819 e 1825. In stile neoclassico, i tre ingressi videro l’inserimento nell’edificio anche della Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli di epoca vicereale. All’esterno vi erano le due lapidi che ricordavano la costruzione poi sostituite con i nomi dei martiri della Rivoluzione napoletana del 1799. Un tempo inoltre vi erano anche le statue di Federico II, Ruggero il Normanno, Ferdinando I e Francesco I.
La Galleria Toledo: bellezze di altro tempo
Nel 1821 però viene progettato il vero capolavoro: la Galleria Toledo. Un passaggio coperto di quasi 150 metri che attraversava per tutta la lunghezza il palazzo dei Ministeri di Stato messo in collegamento con via Toledo. Una struttura in ferro con una tettoia a falde che con la trasparenza del vetro inondava di luce la galleria. Considerando il dislivello di 7 metri e mezzo furono realizzati 28 gradini.
A metà del percorso si aveva accesso alla Gran Sala della Borsa, sontuoso ambiente con volta a stucchi sorretta da otto colonne, pavimento in marmo e statua, realizzata da Antonio Calì, raffigurante Flavio Gioia. Un’architettura spettacolare condita dalla possibilità di osservare uno scorcio della piazza e il portone sul largo del Castello.
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Chissà se era nelle intenzioni dei progettisti, ma durante un secolo di vita il luminoso corridoio-galleria divenne per i napoletani un luogo d’incontro e non solo. Punto cruciale per appuntamenti d’affari o per incontri tra amici (ma anche il solito problema dei venditori ambulanti) ebbe maggior fortuna della Galleria Principe. Quest’ultima nacque nel 1873 nel quartiere Museo ma dal 1923 ha perso la sua funzione.
La Galleria, probabilmente scavalcata dallo splendore della Galleria Umberto I, perse importanza e l’avvento del fascismo portò con sé la fine della sua utilità e bellezza senza tempo.
Dopo lo smembramento dell’insula di San Giacomo ed i lavori eseguiti nel 1937 per la nuova sede del Banco di Napoli di Marcello Piacentini, la Galleria fu abbattuta. Nel palazzo sopravvive solo una piccola parte della maestosa architettura: il portone che immette a un ripostiglio. Quella camminata privilegiata di una Napoli che ormai non c’è più e che un tempo era il fulcro della vita partenopea.
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