Chi è Gemito
Vincenzo Gemito è stato uno dei più grandi artisti italiani a cavallo tra XIX e XX secolo. Famoso per il suo realismo da autodidatta, lontano dalle forme accademiche, si fece conoscere nella seconda metà dell’800 per una serie di terracotte e sculture che rappresentavano la realtà cruda dei deboli, dei poveri, dei diseredati, ben più “veri e spontanei” di tanti altri soggetti classici. Adottato in tenera età si avvicinò all’arte assieme all’amico Antonio Mancini, prima conoscendo la bottega di Caggiano, quasi per caso, e poi dal 1862 quando divenne allievo di Stanislao Lista che diede al ragazzo i primi insegnamenti per lo studio dal vero e sulla scultura. Molto del
suo stile è frutto della complessità del suo animo e della sua irrequietezza,
nonostante fosse stato ammesso al Regio Istituto di belle Arti, l’attuale Accademia di Napoli, Gemito preferì dedicarsi a una ricerca artistica indipendente trovando uno stimolo forte nella rappresentazione della quotidianità di Napoli, del suo centro storico. E così fu.
Indipendenza
Gemito riuscì a raggruppare attorno a sé un folto gruppo di artisti come D’Orsi, Amendola, Buonocore che non si rapportavano stilisticamente con le idee accademiche, con questi decise di stabilirsi presso il complesso monastico di Sant’Andrea delle Dame dove nei sotterranei stabilì il proprio atelier. Da qui in poi la vita dell’artista è stata segnata da alti e bassi, non tanto artistici, ma personali che lo portarono a una profonda crisi intellettuale dopo la morte del primo amore Mathilde Duffaud per tisi.
Una situazione tragica che lo portò a chiudersi in se stesso. Il mondo sembrò sorridergli nuovamente con l’amore e il matrimonio con Anna Cutolo modella di Domenico Morelli. Nel 1906, dopo 20 anni insieme anche Anna morì e Gemito piombò nuovamente in una situazione di precaria sanità mentale come avvenuto già precedentemente. Gli ultimi anni della sua vita passano tra le attenzioni dello Stato italiano e quelle degli ammiratori che riconoscevano la bravura di un artista unico nel suo genere.
La Promotrice 1870 e il Vizio
Gemito si presentò nel 1870 alla Promotrice con questa scultura in gesso patinato. La Promotrice era una grande esibizione che si teneva con cicli quasi annuali in cui i vari artisti del Regno avevano la possibilità di aver una vetrina per farsi conoscere, promuovere per l’appunto le proprie creazioni. Gemito si presentò con il “giocatore” che aveva però un titolo differente: Il vizio -Statua in terra cotta (sic). Ho la scomunica! . La terracotta venne acquistata dalla Casa Reale per cinquecento lire e destinata al Museo di Capodimonte. Dal 1874 risulta inventariata presso il Museo nelle Opere di Spettanza Privata del Re con un titolo ancora diverso: Un giovane Lazzaro napoletano (Il Giuocatore). Nel secondo dopoguerra l’opera divenne semplicemente Il giocatore di carte.
Il realismo senza filtri
Il giocatore è un’opera con cui Gemito esordisce con il grande pubblico, il pubblico delle esposizioni, ma bisogna comprendere come al momento in cui realizza quest’opera l’artista è un ragazzo che ritrae in fin dei conti ragazzi come lui.
Si potrebbe dire in questo caso che Gemito non sia altro che uno scugnizzo che ritrae altri scugnizzi,
in fin dei conti aveva solo sedici anni quando lo realizzò.
Il giocatore di carte era la rappresentazione di un mondo in cui Vincenzo Gemito sguazzava, un mondo
che aveva vissuto fino a poco tempo prima e che conosceva profondamente. Il soggetto, un ragazzo di strada del centro storico, è una persona che non ha averi con sé, essenzialmente semplice e immediato vestito solo di un paio di pantaloni con ampi risvolti fino a sotto il ginocchio. Un ragazzo come tanti in quel periodo, siamo nel 1865 circa, che vivevano per strada campando di espedienti, in questo caso seduto in terra a giocare a carte. Gemito e il modello dovevano essere più o meno coetanei, ma non è solo questo a colpire,
ciò che lascia veramente il segno è il fatto che questo sia uno spaccato della realtà ben definito,
è un qualcosa che non si può ritrovare in altre correnti artistiche o in altri artisti. Si è vero, esistono altre rappresentazioni artistiche riguardanti il gioco d’azzardo, ma nessuna ha un immediatezza e un realismo come questa. Con “Il giocatore” Gemito anticipò e mostrò quel realismo che fece tanto scalpore a Parigi quando espose il suo Pescatore, in quell’esposizione usata come vetrina da lui e l’amico Mancini andati nella capitale francese a cercar fortuna, l’artista napoletano ebbe una certa risonanza mostrando un bravura che lasciava il segno specialmente per la crudezza, il realismo senza filtri con cui mostrava la vita quotidiana dei diseredati. La vita delle fasce meno abbienti con il loro realismo era già nel giocatore di carte, nel 1865, realizzata da un ragazzo di sedici anni. Sensazionale.
Nella prossima puntata parleremo di Anamnesi di Mimmo Jodice
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