Tra i tanti “veli” che ci sono a Napoli, oltre il “Cristo” e “Il Figlio”, c’è anche la Pudicizia di Antonio Corradini, un monumento voluto da Raimondo di Sangro per celebrare la madre nella cappella di famiglia.
Una commissione particolare
La Pudicizia è stata commissionata nel 1752 da Raimondo di Sangro come una delle statue presenti nella cappella di famiglia e dedicata alla madre, Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, venuta a mancare quando il Principe non aveva ancora compiuto un anno, il 26 dicembre 1710.
Questa statua è stata tra le ultime realizzate dallo scultore veneto Antonio Corradini, morto poco dopo aver ultimato l’opera nel 1752. Corradini venne chiamato a Napoli dal Principe di Sansevero, Raimondo di Sangro, per lavorare al progetto iconografico della cappella, un vero e proprio tempio gentilizio in cui viene consacrata ai posteri la famiglia Sansevero mischiando sacro e profano, culto religioso e personale. La cappella è un tipico esempio di barocco napoletano, tra i meglio conservati in città.
Triplicemente personale
La Pudicizia è una di quelle opere che dicono molto più di quel che sembra mettendo in risalto artista, soggetto e committenza contemporaneamente. Antonio Corradini con questa statua raggiunge probabilmente l’apice delle sue capacità artistiche realizzando l’ultima di una serie di figure “modellate sotto un velo”. Bisogna sapere che Corradini è famoso per aver realizzato durante tutta la sua carriera una serie di statue raffiguranti figure velate
in un crescendo di maestria e consapevolezza tecnica rendendo leggero e palpabile ciò che non potrà mai esserlo: il freddo e bianco marmo.
Nel caso della Pudicizia l’artista è riuscito a rendere il panneggio del vero con un grado di perfezione assoluto in cui traspare completamente il corpo della donna elegante e naturale, nudo e sensuale eppure nonostante intuibile totalmente coperto. L’illusione di aderenza del velo sul corpo è tale che pare realmente di vedere una sottile filigrana avvolgere la pelle umida della donna.
La statua personalmente tocca Raimondo due volte, per celebrare la madre e i suoi interessi. Il ricordo dell’adorata madre, come di una figura eternamente presente anche se scomparsa prematuramente si palesa nella lapide accostata alla donna che guarda in avanti con sguardo perso attraverso il velo, sudario di una donna morta troppo giovane ma che ha avuto il tempo di dare alla luce il suo seguito che continuerà nel tempo, la rappresentazione dell’albero della vita sulla stele. Con questi particolari lo sguardo in avanti, nel vuoto, della donna acquisisce un diverso significato orientandosi verso il guardare lontano, in avanti nel tempo in quello che è il futuro della prole.
Oltre alla madre Cecilia, Raimondo, intesta la statua velata anche all’allegoria della Sapienza, Iside velata. La Sapienza che veniva ricercata dal Principe alchimista/scienziato antelitteram, ma anche dalle sue conoscenze massoniche, come lo stesso Corradini, notoriamente affiliato alla massoneria. Tra le altre cose l’altro nome con cui la Pudicizia è conosciuta, Verità velata, è un riferimento alla verità nascosta, ma sotto gli occhi di tutti ricercata e professata dai massoni e rappresentata, anche con una certa somiglianza, sul frontespizio dell’Encyclopedie. La rappresentazione di una divinità e non più di una creatura umana, sensuale eppure pudica, pertanto ammaliatrice e pudica, per l’appunto.
Classica e innovatrice
La figura della Pudicizia potremmo dire che sia di canone classico con quella che è una posizione a chiasmo, con il corpo sbilanciato maggiormente su un piede e con l’arto superiore opposto leggermente teso per dare un’illusione di movimento, si tratta della posa ad esempio ritroviamo del Doriforo di Policleto presente al MANN. Nella rappresentazione del corpo femminile l’idea di movimento della posa chiastica viene accentuato e in questo caso ancor di più data la presenza del velo. L’idea stessa del velo, della rappresentazione di una figura con un panneggio non è nuova all’arte statuaria, ma affonda le proprie radici all’interno della scultura antica, ma, sicuramente con Corradini trova la sua massima espressione. La statua pare essere stata ispirata per la tecnica alla Vestale Tuccia, scolpita nel 1743 a Roma, e non doveva essere il solo “velo” della cappella, di Corradini è anche il primo modello in terracotta del Cristo Velato poi realizzato da Sanmartino.
Da quanto detto, quindi, la Pudicizia è senza dubbio
un’opera d’arte che racchiude in sé molti significati personali,
non solo per l’artista che afferma l’apice della sua bravura, ma anche per il committente, che celebra sua madre.
La prossima settimana ci occuperemo di artista e performer occupato con l’esoterismo e la trascendenza con la collezione Hermann Nitsch.
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