
Uroboro: la protesta di piazza Tienanmen. Benvenuti all’episodio numero dodici di “Uroboro”, una rubrica nella quale analizzeremo una volta a settimana un evento storico riguardante il passato recente e non.
PERCHE’ “UROBORO”
Mentre studiavo per l’università, mi sono imbattuto nel mio vecchio libro di filosofia. Riaprendolo, ho riletto il pensiero di Nietzsche riguardo il concetto di storia. Più nello specifico, mi sono soffermato al pensiero di eterno ritorno dell’uguale. Incuriosito, sono andato a cercare una definizione per spiegarla: si parla di una teoria che si ritrova genericamente nelle concezioni del tempo ciclico, come quella stoica, per cui l’universo rinasce e rimuore in base a cicli temporali fissati e necessari, ripetendo eternamente un certo corso e rimanendo sempre se stesso. Esiste, inoltre, un simbolo molto antico, presente in molti popoli e in diverse epoche: l’uroboro. L’uroboro rappresenta un serpente o un drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine. Rappresenta il potere che divora e rigenera se stesso, la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall’inizio dopo aver raggiunto la propria fine.
OGGI COME ALLORA
A meno che non abbiate vissuto su un’isola deserta fino ad ora, avrete sentito parlare, almeno una volta, di un fatto di cronaca accaduto negli Stati Uniti qualche giorno fa. La sera del 25 maggio scorso, il 46enne George Floyd si trovava in un negozio di Minneapolis, la città più importante del Minnesota. All’interno di quel luogo George era diventato un cliente abituale ed anche il proprietario, Mike Abumayyaleh, lo sapeva. Quella sera, però, alla cassa del negozio c’era un ragazzo nuovo. Non conosceva George e non sapeva che era solito comprare le sigarette lì. Per questo motivo, vedendo dinanzi a sé un uomo visibilmente ubriaco pagare con una banconota falsa, ha deciso di chiamare la polizia locale.
Ancora adesso resta assurdo pensare che, in meno di 15 minuti, George Floyd sarebbe morto a causa di uno dei 4 agenti che, arrivati sul posto, dovevano solo arrestarlo. Derek Chauvin, l’agente accusato dell’omicidio del defunto Floyd, avrà per sempre sulla coscienza l’omicidio di un uomo. Ucciso perché nero. Non perché si è opposto all’arresto in maniera violenta o perché recidivo, ma per il colore della pelle. Non sapremo mai cosa sarebbe successo se, al posto del ragazzo, ci fosse stato il proprietario. Nessuna chiamata, cambio di banconota, sigarette in tasca e George che torna a casa dalla sua famiglia è lo scenario che sarebbe dovuto esserci.
I video che testimoniano l’accaduto hanno avuto un effetto domino, arrivando anche qui in Italia. In America, in queste ore, le proteste sono all’ordine del giorno. Un segnale di cambiamento, di voglia di non piangere l’ennesima morte ingiusta, ma di combattere. Oggi parliamo di un evento che non può non essere legato alle vicende degli ultimi 10 giorni. Una rivolta popolare finita nel sangue e, dopo più di 30 anni, ancora piena di domande senza spiegazione. 4 giugno 1989, la fine delle proteste di piazza Tienanmen.
1989: UN ANNO DI CAMBIAMENTI
Ci sono periodi storici che, inevitabilmente più di altri, restano nella memoria popolare più di altri. I motivi possono essere tantissimi: l’appartenenza attiva ad un determinato evento, un legame di nascita con quel luogo o, più semplicemente, perchè i nostri genitori o nonni ci raccontavano i loro aneddoti a riguardo. Il 1989 è sicuramente uno degli più significativi per la generazione attuale. Un anno di rivoluzioni, che ha portato alla nascita di Ungheria, Bulgaria, Estonia, Lituania, Lettonia e Romania così come le conosciamo oggi.
Fino ad allora le cose sembravano chiare. il mondo era diviso in due: noi e gli Stati Uniti da un lato, il blocco comunista dall’altro. Ma il 1989 ci ha colto tutti di sorpresa. In pochi mesi, abbiamo dovuto ridisegnare le carte geografiche e i confini mentali. Dopo una parentesi lunga un secolo, rinasceva la democrazia con la caduta del muro di Berlino. Era la fine del vecchio mondo. Qualcosa, intanto, era accaduto anche in Cina…
ALLA CONQUISTA DELLA DEMOCRAZIA
Il 15 aprile 1989 morì, a causa di un infarto, il segretario generale del Partito Comunista Cinese, Hu Yaobang. La popolazione, dopo la sua morte, credeva però che il lavoro cominciato dal segretario Yaobang andasse solo continuato. Le idee e le linee guida del suo pensiero politico piacevano al popolo cinese, ma non al PCC.
La situazione peggiorò molto velocemente: il 27 aprile 1989, più di 5omila persone marciarono per le strade di Pechino. Il tutto per conquistare diritti economici, sociali e politici mai avuti. Il 4 maggio, poi, le persone in protesta nel cuore della capitale cinese divennero 100mila. La vera svolta, però, arriva qualche giorno dopo: il 13 maggio, tutti i ribelli vennero accusati di complotto dal governo. Per questo, in segno di protesta, a Piazza Tienanmen migliaia di persone decisero di fare uno sciopero della fame. Una mossa quasi disperata, ma che ebbe i suoi frutti. Alea iacta est, direbbe Cesare.

UN MASSACRO ‘MAI ESISTITO’
Il 3 giugno 1989, dopo l’approvazione della legge marziale (momentanea sospensione delle leggi di stato), arrivò l’ordine di sgomberare Piazza Tienanmen. D’ora in poi, nonostante i video e le immagini che CNN, BBC (e non solo) siano una chiara testimonianza della violenza con cui venne liberata quella piazza, la Cina negherà tutto. Tra il 3 e il 6 giugno 1989 morirono uomini e donne che, senza usare alcun tipo di violenza, chiedeva ‘solo’ più libertà. Non esiste un numero preciso delle vittime: alcuni dicono 300, altri 7000, altri ancora parlano di più di 30mila morti. In Cina, ancora oggi, è proibito parlare del 4 giugno e degli eventi di Tienanmen, tanto che molti cinesi, per evitare la censura del governo, fann riferimenti storici al ’35 maggio’.
Pochi mesi dopo cadde il muro di Berlino e, assieme ad esso, anche il blocco comunista di mezzo mondo. La Cina entrò a far parte del sistema economico e finanziario mondiale e, nel giro di 30 anni, è diventata una potenza dominante. I progressi economici non sono stati accompagnati da quelli civili, però. La censura di quella strage è solo uno dei motivi che porterà il popolo cinese a ribellarsi nuovamente, un giorno.
“Puoi uccidere il sognatore, ma non il sogno” – Martin Luther King
Episodio precedente: Uroboro: la condanna a morte di Caravaggio
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1 thought on “Uroboro: la protesta di piazza Tienanmen”