Siamo a metà settembre e come ogni anno inizia la scuola. Ma cosa c’entra questo con l’opera del giorno? Al centro dell’opera d’arte di cui ci occuperemo oggi vi è proprio la scuola, l’insegnamento e il rapporto tra l’insegnante e l’alunno. A tutti almeno una volta nella vita è capitato di vedere sui nostri libri di testo un dipinto raffigurante un frate con degli strumenti e un alunno. Che l’abbiate incontrato sul libro di storia dell’arte, storia, scienze o anche di fisica, non solo in copertina, si tratta del Ritratto di Luca Pacioli.
Un dipinto rinascimentale particolarmente interessante che ci fornisce uno spaccato sulle scienze e sulle conoscenze matematiche del XV-XVI secolo; oltre che sul mistero dei simboli inseriti nel dipinto di cui è impossibile dare un’attribuzione certa a Jacopo de’ Barbari.
Luca Pacioli
Uomo di fede e di scienza, Luca Pacioli fu un acuto teologo e matematico. Divenne frate francescano nel 1470 e si dedicò all‘insegnamento della matematica nelle principali città dell’Italia settentrionale e centrale collaborando anche con Leonardo da Vinci durante il soggiorno milanese del 1497. Durante la sua vita di matematico compose il Summa de Arithmetica Geometria Proportioni et proportionalità, sorta di enciclopedia della scienza aritmetica e algebrica gettando le basi per la moderna ragioneria, mettendo per iscritto concetti quali dare e avere, partita doppia e tanti altri. Dopo aver abbandonato Milano compose il trattato sugli scacchi De ludo scachorum ritrovato solo recentemente, e nel 1509 la traduzione latina degli Elementi di Euclide.
Un dipinto dal nulla
Nell’immediato, in merito alla realizzazione dell’opera non si sa praticamente nulla. Le prime informazioni circa il ritratto risalgono all‘inventario del Palazzo Ducale di Urbino in cui, nel 1631, si registrava la presenza del dipinto senza tempi e modalità di acquisizione. Successivamente il dipinto venne trasferito a Firenze tramite Vittoria della Rovere-Medici dopodiché se ne perdono le tracce nelle collezioni medicee fino agli inizi del XX secolo. Nel 1903 il dipinto entrò a far parte delle collezioni del museo di Capodimonte tramite la prelazione dello Stato su delle vendite di beni all’estero. Il ritratto di Pacioli è stato poi esposto al pubblico nella galleria di Capodimonte a partire dal 1957.
Il ritratto di un uomo di scienza
Il dipinto raffigura Pacioli mentre insegna ad un allievo, probabilmente Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino. Il frate sta ammaestrando il discepolo su quelli che sembrano essere rudimenti della geometria, con la virgula sulla lavagna, su cui è scritto EVCLIDES, mentre segue delle formule indicate in un libro aperto, i XIII Elementi di Euclide.
Entrambi i soggetti sono abbigliati come doveva essere consono al loro status, in tonaca francescana Pacioli, camicia rossa con sbuffi e mantello Guidobaldo. Sul tavolo vi sono gli strumenti con cui si impartivano e studiavano le materie scientifiche e non solo: libri, lavagna, gesso, goniometro e calamaio, il compasso.
Verbo misterioso
Nel dipinto, oltre alla scritta EVCLIDES, sono presenti diverse scritte in più punti. Sul tavolo accanto gli strumenti si trova un cartellino con scritto IACO,BAR. VIGE/NIS.P 149(5). Questa scritta potrebbe riferirsi alla paternità dell’opera, attribuita in questo caso a Jacopo de Barbari e al fatto che al momento della realizzazione del quadro questi già avesse l’autonomia di un adulto. Quella che oggi definiamo maggiore età all’epoca veniva raggiunta a circa 25 anni, trovare quindi un artista emancipato a quell’età all’epoca è un fatto particolare. Vi è poi la scritta II R.IVC.BVR su un cofanetto o un libro che potrebbe essere un riferimento al testo pubblicato nel 1494 dal Pacioli, una sorta di pubblicità occulta.
A chi attribuire il ritratto di Pacioli
Gran parte dei problemi di questo dipinto risiedono nell’attribuzione incerta. A oggi non è stato possibile darne una paternità univoca, anche perché la scritta IACO,BAR. VIGE/NIS.P 149(5) con una mosca sull’ultima cifra può apparire fuorviante. Jacopo de Barberi è identificato come pittore dell’opera solo a fini inventariali al momento, il pittore tendeva a firmarsi con la sigla IA. D.B. e il simbolo del caduceo, elementi assenti in quest’opera.
L’opera potrebbe essere attribuita a un giovane Lorenzo Lotto che negli anni ’90 del ‘400 era allievo della bottega di Alvise Vivarini. Nel dipinto è presente un oggetto sospeso sul lato sinistro tramite una cordicella rossa, la figura di un solido in vetro, pieno d’acqua con una sferetta all’interno. Quest’oggetto potrebbe esser letto come un riferimento alla bottega di Alvise Vivarini che era originario di una famiglia di vetrai dell’isola di Murano a Venezia. Non il Vivarini, ben più che ventenne nel 1495, ma Lotto potrebbe essere l’autore del dipinto. Se si osserva la figura del giovane Guidobaldo e il giovane del Ritratto di giovane con lucerna è possibile scorgere diverse somiglianze tra i sue soggetti.