Masaccio
Masaccio nacque nel 1401 a Castel San Giovanni in Altura, l’odierna San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo. Il padre ser Giovanni di Mone Cassai, notaio, morì giovane nel 1406, e la madre, Jacopa di Martinozzo, si risposò pochi anni dopo con uno speziale, Tedesco di Mastro Feo, vedovo e con due figlie. Nel 1417 Tedesco morì e Maso dovette farsi carico della guida della famiglia formata dalla madre, il fratello e le sorellastre.
Sulla sua formazione vi sono una serie di speculazioni che sono rimaste tali in assenza di prove certe su chi fosse stato a iniziare il giovane Maso alla pittura, c’è chi sostiene sia stato allievo di Bicci di Lorenzo, chi di altri, ma senza prove evidenti. Sappiamo che il giovane era a Firenze nel 1418 che probabilmente da questo momento iniziò la propria carriera, raggiunto poi nel 1421 dal fratello minore Giovanni, detto Scheggia, anch’egli pittore. Nel 1422 si iscrisse all’Arte dei Medici Speziali, estremamente onerosa sotto il profilo economico per le tasse imposte ai suoi membri e che devono segnalare una certa capacità dell’artista di poter far fronte a queste spese senza problemi.
La prima opera sicuramente attribuibile a Masaccio è il Trittico di San Giovenale nel 1422 a cui seguirono le commissioni delle Storie di San Giuliano, e la Pala d’altare di Sant’Anna metterza nella chiesa di Sant’Ambrogio a Firenze. Nel 1424 decorò poi la Cappella Brancacci con la famosa rappresentazione della Cacciata di Adamo e Eva. Tra il 1426 e il 1428 realizzò, oltre al Polittico di Pisa, anche la Trinità di Santa Maria Novella. Maso, Masaccio, morì giovane alla stessa età del padre, 27 anni, in circostanze non note, si conosce solo il luogo, Roma. Sulle circostanze della morte dell’artista sono tante le illazioni al riguardo, c’è chi ha parlato di una tentata rapina andata male, chi di tonsillite, chi ancora di una malattia ereditaria, forse da parte del padre.
Secondo Vasari il Brunelleschi così commentò la morte di Masaccio:
“Noi abbiamo fatto in Masaccio una grandissima perdita“
Il contratto
La Crocefissione del Museo di Capodimonte, è stata realizzata da Masaccio nel 1426, inizialmente come parte dello smembrato Polittico di Pisa, di cui era la componente superiore centrale. Sul Polittico di Pisa si hanno un gran numero di fonti di prima mano, considerando il periodo storico dei primi anni del XVI secolo. Il complesso dell’opera è stata realizzata da Masaccio per la cappella del notaio Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto nella chiesa del Carmine di Pisa.
Le fonti che ci sono pervenute sull’opera sono proprio quelle del notaio che nel tempo ha annotato tutte le note spese e richieste inviate a Masaccio. Le note spese redatte dal di Colino ci permettono di sapere che la commissione venne ufficializzata il 19 febbraio del 1426 con un contratto di 80 fiorini e l’impegno da parte di Masaccio di procurarsi i materiali più preziosi di cui è costituito il polittico, l’oro e l’azzurro ultramarino.
Il Polittico di Siena
Il Polittico a oggi risulta smembrato in più musei sparsi nel mondo, e cosa peggiore non si conosce il destino toccato ad alcune sue parti di cui oggi è ignota la sorte. Doveva essere una tempera a fondo oro su tavola lignea composta da cinque scomparti su doppio registro con dieci pannelli principali, quattro minori sui pannelli laterali e tre nella predella, di cui uno singolo e i restanti con doppia scena. Il Polittico era una composizione ancora dal sapore medievale con sfondo oro su cui spiccavano le figure dei personaggi realizzati in contrasto con colori brillanti e chiaroscuri, ma l’espressività dei volti, come la Madonna della Crocefissione, sanno già di un’espressività non plastica come i corpi, ma bensì espressiva e naturale.
Lo stile della Crocefissione
Masaccio nella realizzazione del Polittico di Pisa, in particolar modo della Crocifissione, tenne conto della posizione dell’opera nello spazio rispetto all’osservatore, oltre agli accorgimenti necessari alla distribuzione delle figure dei “dolenti” nello spazio della scena.
La scena è quella tipica della Crocefissione di Cristo con la croce al centro e le figure dei dei disperati che si struggono in basso: Maria, san Giovanni e la Maddalena.
Masaccio sperimentò per quest’opera una serie di accorgimenti volti a dare profondità alla scena andando a considerare un’osservazione del Polittico che più andava verso la parte superiore, più vedeva la distorsione della figura sul piano orizzontale frontale, per mantenere la giusta proporzione dalla posizione dal basso verso l’alto dell’osservatore.
La figura di Cristo, se osservata frontalmente pare disarmonica e sproporzionata in certi punti, pare che il capo, letteralmente senza collo, poggi direttamente sul petto. Nella realtà l’artista nel realizzare la tavola deve aver tenuto conto del fatto che dal basso verso l’alto l’osservatore non poteva osservare il collo del Cristo che sarebbe parso altrimenti guardare verso il cielo. Il tentativo di Masaccio, anche se malriuscito, è uno dei primi accenni alla sperimentazione e innovazione della pittura iniziati durante il XIII secolo e culminati nella pittura rinascimentale.
La posizione dei protagonisti vede la croce al centro con il Cristo che si rivolge a san Giovanni, con le mani giunte preso dal dolore, la Madonna che rimane impietrita dal dolore. Ai piedi della croce è poi presente la figura di Maria Maddalena di spalle che si strugge per la morte di Cristo in quella che è una posa simile a quella delle tragedie mediterranee e aggiunge un forte senso emotivo differente da quello di Giovanni o la Madonna. Se san Giovanni è colui che riceve il compito di accudire la Madonna, mentre questa mantiene quasi un contegno e una dignità unica davanti a quello che accade, la Maddalena rappresenta il lato umano della tragedia con le mosse struggenti in cui si contorce.
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