L’arte è sempre stata utilizzata dal potere, incarnato di volta in volta da persone e stati differenti, come strumento utile alla promozione di quella o quell’altra causa. Nel caso del San Ludovico di Tolosa di Simone Martini le cose non sono diverse dando dimostrazione di più livelli interpretativi.
Ludovico, Roberto e Carlo
Nel 1317 a Simone Martini venne commissionato da Roberto d’Angiò un dipinto del fratello Ludovico ormai canonizzato. Il dipinto ha, tra le altre cose, un certo valore politico per la sua costruzione formale Ludovico incorona il fratello Roberto come re di Napoli, un fatto mai avvenuto nella realtà. Ma facciamo un passo indietro.
Nel 1296 l’erede di Carlo II d’Angiò era Ludovico, in quanto figlio primogenito, che però
decise di abdicare per seguire la sua via spirituale e abbracciare la regola francescana.
La decisione del ragazzo, se da un lato doveva fare immensamente piacere al fratello, non piacque al padre. Un fatto più unico che raro riguarda la circostanza per cui Ludovico non solo aderì all’ordine francescano, ma, probabilmente su pressioni del padre Carlo II sulla Chiesa, venne anche creato vescovo. Quella di Carlo fu un’audace scelta politica volta a conservare e salvaguardare nel tempo gli averi della famiglia e del reame, Ludovico infatti aveva aderito totalmente agli ideali pauperistici dei francescani decidendo di lasciare ogni tipo di avere.
Simone Martini
Simone Martini fu un’importante pittore senese vissuto a cavallo tra il XIII e il XIV secolo. Sulla sua formazione iniziale non sappiamo molto tranne che probabilmente potrebbe essere stato allievo di Duccio di Buoninsegna. L’iniziò della sua attività artistica sono databili al 1305-1310 quando dovrebbe aver dipinto la Madonna con bambino e una Misericordia. Le prime opere realizzate da Martini sono vicine stilisticamente a Duccio, ma riceve una vera e propria occasione con la Maestà del Palazzo Pubblico di Siena, un grande affresco dipinto nel 1312-1315 nella sala del Consiglio Pubblico della città. In questo affresco vi
è un’attento studio della simmetria, delle misure dei vuoti e dei pieni della scena con i santi che sono geometricamente distribuiti nello spazio attorno la Madonna e rifiniti con un lavoro di chiaroscuro.
Successivamente Simone Martini si occupò delle storie di San Martino di Tours nell’omonima cappella della basilica inferiore di Assisi, e lavorò al San Ludovico di Tolosa a Napoli. Dopo l’esperienza napoletana lavorò nuovamente in centro Italia realizzando un gran numero di dipinti con soggetto la Madonna col bambino, le storie di sant’Agostino e l’importante Guidoriccio da Fogliano. L’ultima parte della sua vita Martini la trascorse ad Avignone realizzando diverse opere per la curia papale e alti prelati.
La forma di San Ludovico
Il San Lodovico di Tolosa che incorona Roberto d’Angiò, questo il titolo completo, è un dipinto olio su tavola realizzato agli inizi del XIV secolo, nel 1317. Si tratta di un tipico esempio di pittura tardo medievale con ingerenze bizantine.
I due fratelli sono rappresentati a figura intera e proporzionate tra loro, il santo occupa lo spazio centrale della tavola, mentre il fratello inginocchiato lo spazio inferiore destro. I coloro dominanti della tavola sono il blu e l’oro utilizzato per lo sfondo e i gigli simbolo della casata d’Angiò posti attorno ai bordi esterni.
Nella parte inferiore della pala sono inserite invece delle tavole per la predella in cui sono rappresentate le scene della vita di Ludovico. Un elemento particolare per questo dipinto è sicuramente il fatto che si tratti del primo ritratto in assoluto della pittura italiana in cui compare una personalità in vita al momento della sua realizzazione.
Tanti linguaggi politici
Questo dipinto di Martini come abbiamo già detto custodisce diversi livelli di linguaggio squisitamente politici.
Da un lato la rappresentazione che viene fatta di
Ludovico con indosso paramenti in oro, tiara e tutti gli elementi di una sfarzosa posizione sociale, che però non è mai stata richiesta dal Santo, dall’altro lato la realtà storica di quest’ultimo.
Ludovico abbracciò completamente la fede francescana e anche se gli venne imposto il ruolo di vescovo, inusuale per un frate minore, perseverò nei suoi ideali pauperistici morendo di stenti. L’opera rappresentando questa visione opulenta del santo rientra in quel filone artistico e culturale di damnatio memoriae verso il primo francescanesimo essenzialmente spirituale. Di lì a pochi anni i conventuali presero il sopravvento sugli spirituali tradendo in un certo senso il seminato originale di Francesco.
L’altro elemento sottinteso è quello politico relativo a Roberto. Il dipinto raffigura il fratello minore inginocchiato davanti al maggiore che lo incorona. Si tratta in questo caso di una maniera di legittimare davanti al popolo napoletano la posizione di Roberto che avrebbe ricoperto il ruolo di re per intervento quasi divino.
Il dipinto oggi si trova nel museo di Capodimonte, anche se inizialmente venne realizzato per la basilica di San Lorenzo Maggiore.
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