Rompere con il passato
Jannis Kounellis è stato un artista greco, naturalizzato italiano, che si è dedicato per tutta la sua vita a esplorare il concetto dell’arte povera e la dimensione dell’opera d’arte e del rapporto che con essa ha il pubblico mettendo spesso in discussione questo legame.
Inizialmente avviato agli studi presso l’Accademia di Belle arti di Atene, alla fine degli anni ’40, Kounellis entrato in contrasto con il mondo accademico locale decise di tagliare i ponti con quella visione dell’arte e anche con la Grecia decidendo di trasferirsi a Roma nel ’56. Nella città eterna si iscrisse all’Accademia di Roma e divenne allievo di Toti Scialoja che indirizzò Kounellis inizialmente verso l’espressionismo astratto e l’arte informale.
Tra il ’56 e il ’67 l’artista sviluppò un proprio linguaggio estetico e modo di interpretare l’arte facendolo avvicinare alla nascente arte povera.
Porta avanti grandi scenografie e rappresentazioni spaziali che occupano tutta la galleria quando espone, dando luogo a vere e proprie installazioni site specific semi permanenti, un po’ come quando a Roma rende la galleria L’Attico una sorta di stalla legando alle pareti dei nuovi locali da inaugurare dei cavalli vivi e cambiati ogni tot di ore.
Fuoco e fuliggine
In corrispondenza dell’attenzione per l’arte povera Kounellis utilizza il fuoco vivo realizzato con cannelli a gas e bombole, attrezzi da saldatore, per realizzare installazioni in cui il fuoco la fa da padrone rappresentando
un’istanza viva dell’arte che vuole mostrarsi viva e che costringe lo spettatore, quando presente, a prestare attenzione a tutto ciò.
Questa vitalità dell’arte povera inizia a scemare attorno alla fine degli anni ’70 e l’artista stesso muta il fuoco in carbone, fuliggine, in sostanza quello che era entusiasmo per una nuova maniera espressiva si è andata a a tramutare in disillusione, amarezza per quel che poteva essere e non è stato. Carbone e sporco prendono posto nelle sue opere al posto del fuoco. Gli ultimi anni ’90 e 2000 sono stati caratterizzati da una fortissima attività espositiva per Kounellis in giro per il mondo riproponendo e rielaborando molte delle sue rappresentazioni migliori come i Cavalli.
Kounellis al MADRE
Quella del MADRE è uno degli ultimi lavori realizzati da Kounellis, nell’ultima parte della sua vita, si tratta di uno dei tanti Senza Titolo dell’artista greco. L’installazione del MADRE è di tipo site specific: la sala a lui dedicata è occupata da una grande struttura in ferro, molto simile a una griglia, una sorta di armatura per costruzioni in ferro, con alcuni vetri colorati monocromi che fanno filtrare la luce della finestra posta sul fondo della sala inaccessibile al visitatore. Alla struttura metallica è poggiata una grande ancora arrugginita con la sua parte di cima.
La rappresentazione dell’opera di Kounellis in questo caso pesca dal suo repertorio artistico, infatti se da un lato la struttura in metallo con vetri colorati è un rimando alle grandi cattedrali e edifici di culto della città e non solo che hanno avuto peso nella storia dell’arte, dall’altro è un rimando alla sua iconografia più famosa. La struttura in metallo non permette di accedere a una buona porzione della stanza, che di fatto risulta essere solo di passaggio per il visitatore che non può fare altro che osservare da pochi punti di vista lo spazio occupato da griglia e ancora. L’osservatore è quasi alla stregua di un’intruso come nelle installazioni della galleria Iolas di Parigi nel 1969, in quel caso, in un altro Senza titolo (1969), lo spettatore era costretto a tenersi ben lontano dalle pareti e dalle installazioni dell’artista che aveva creato un vero e proprio “inferno” con bombole di gas e collettori accessi con fiamme e fiammelle che impedivano una fruizione che non fosse quella desiderata da Kounellis. Il pericolo di ustionarsi, la puzza di gas, la minaccia incombente erano una forma di rappresentazione dei moti del ’68, delle proteste sociali che continuavano a svilupparsi in tutt’Europa.
Alla stessa maniera la grigia nel Senza Titolo (2005) è una forma di richiamo dell’attenzione per l’osservatore,
una sorta di messaggio che richiama all’importanza che ha avuto l’arte nell’industria dell’uomo e di come questa sia stata allo stesso modo Industria per lungo tempo legata alla Chiesa stessa. La stessa ancora enorme e pesante, rappresenta sulla stessa riga, propone quello che è stato il passato glorioso della città, una grande città di mare che ha avuto anche il suo perché artistico nel tempo.
Nella prossima puntata parleremo del San Ludovico di Tolosa di Simone Martini
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