Oggi, ancora una volta, ci ritroviamo a parlare del lockdown, del Coronavirus e degli effetti che hanno avuto sulla vita delle persone. Ciò di cui sembra che non si sia discusso abbastanza è il tema della salute mentale, che in molti casi, purtroppo, è stata compromessa con l’avvento della pandemia e, in particolare, con il lockdown iniziato a marzo 2020.
L’articolo che state per leggere riporta l’intervista che abbiamo fatto ad una ragazza salentina, il cui nome però resterà ignoto in rispetto del suo volere. Questa ragazza, la cui vita prima della pandemia era particolarmente serena, ci racconta come la sua routine sia cambiata radicalmente negli ultimi mesi.
-Ciao, parlaci un po’ di te e della tua vita. Hai qualche passione?
-Ciao, sono una ragazza salentina di 22 anni che frequenta l’università, in una facoltà di ambito scientifico, e sono appassionata di arte e sport.
-Raccontaci com’era una tua giornata tipo prima della pandemia.
-La mattina seguivo le lezioni in università. A volte tornavo per pranzo, altre volte, quando avevo lezione anche il pomeriggio, pranzavo lì insieme ai miei colleghi. Spesso mi fermavo a pranzare a casa del mio ragazzo. Il pomeriggio, invece, era diviso tra studio e sport, mentre la sera ritornavo a stare con il mio ragazzo. Il venerdì sera era la serata che spesso dedicavamo alla nostra cena fuori, il sabato e la domenica invece erano dedicate alle uscite con gli amici. Insomma, mai un attimo ferma.
-Quando a marzo 2020 è iniziato il lockdown, quali sono state le tue prime impressioni e sensazioni? Come pensavi di affrontare quel periodo?
-Quando Conte ha annunciato la chiusura in lockdown non ci volevo credere. Sembrava surreale: ero a casa del mio ragazzo e non credevamo a quello che stavamo ascoltando. Sembrava di essere in un film. Ma, nonostante questo, ho cercato di approcciarmi positivamente. Ho visto il lockdown come un’occasione per staccare dalla frenesia a cui ero abituata e dedicare del tempo a me stessa.
-Cos’è successo realmente con il passare del tempo? Come trascorrevi le tue giornate in quarantena?
-Mai prima di quel momento mi sarei aspettata che a 21 anni avrei dovuto passare così tanto tempo in casa. Per questo, cercai di occupare il più possibile le mie giornate: seguivo le lezioni universitarie online, mi allenavo in camera, utilizzavo le videochiamate per poter sentire il mio fidanzato, le mie amiche e i miei parenti, e leggevo libri. Il sabato sera, come gran parte degli italiani, preparavo insieme alla mia mamma la famosa pizza fatta in casa. Ricordo che, in quei mesi, giorno per giorno, scrivevo su un’agendina tutto ciò che facevo durante la giornata. Pensavo che, in futuro, magari a emergenza sanitaria conclusa, rileggendo quelle pagine avrei potuto ricordare con un sorriso sulle labbra quei momenti così surreali. In realtà, quei giorni sono stati solo l’inizio del mio incubo.
-Il lockdown ha avuto un impatto su di te e sulle tue relazioni famigliari, di amicizia e amore?
-Il rapporto che, più di tutti, ha subito un cambiamento è stata la relazione con il mio ragazzo. Eravamo abituati a stare insieme ogni giorno e a fare tutto insieme. Mi è mancata tanto la nostra quotidianità e vederci dietro ad uno schermo, pur sentendoci ogni giorno, non poteva essere minimamente comparato al viverci di persona. Nel rapporto con i miei genitori, invece, è cambiato il fatto che mio papà ha iniziato a lavorare in smart working, mentre prima lavorava fuori paese. Quindi, un aspetto positivo è stato quello di pranzare ogni giorno insieme ai miei genitori e condividere più tempo con loro, cosa che prima non succedeva mai perché spesso lui si tratteneva in ufficio.
L’aspetto negativo, invece, riguarda il fatto che mio padre, non avendo uno studio tutto per lui, doveva lavorare nella postazione pc accanto al soggiorno, dove io e mia madre dovevamo cercare di essere super silenziose per non disturbare il suo lavoro. E’ stata una fatica! Con le mie amiche, invece, ho mantenuto il contatto tramite telefono e videochiamate, e fortunatamente le ho sempre sentite vicine nonostante la lontananza fisica. Vorrei anche sottolineare che prima del lockdown avevo un lavoro, una sorta di part-time che mi consentiva di mettere dei soldi da parte per le mie necessità. Da marzo dell’anno scorso, però, per via delle varie restrizioni, il mio lavoro è stato interrotto, ma per fortuna ho avuto il sostegno dei miei genitori.
-Con le riaperture estive del 2020 è cambiato qualcosa?
-Prima di maggio, non vedevo l’ora che il lockdown finisse per poter riabbracciare il mio ragazzo, le mie amiche e poter tornare a fare tutto ciò che facevo prima e sentirmi di nuovo felice e spensierata. Ero super carica per un’estate fantastica. La realtà, però, è stata ben diversa. A maggio è iniziato il periodo più brutto di tutta la mia vita: ho conosciuto per la prima volta gli attacchi di panico, la paura di uscire e di stare insieme alle persone, anche con i miei parenti, quindi chiunque al di fuori della mia famiglia stretta.
Gli attacchi di panico erano sempre più frequenti: ad un primo periodo in cui mi sentivo forte e determinata per tornare ad essere di nuovo spensierata, ha fatto seguito un periodo di stanchezza mentale e paura. La paura era quella di non essere in grado di superare questo “intoppo”, cioè il fatto che nella mia vita fosse piombata la paura di sentirmi male in ogni circostanza. Un circolo vizioso che io definisco “l’ansia di avere l’ansia” che solo chi soffre di queste cose purtroppo può comprendere appieno.
Prima di quei momenti, non immaginavo che si potesse vivere qualcosa di così negativamente intenso per colpa dell’ansia: è stata l’estate più brutta di sempre. Qualsiasi cosa mi provocava ansia, anche il solo pensiero di dover uscire e andare al mare come ho sempre amato fare. Era diventato un incubo. Tutto quello che fino a quel momento mi era sempre piaciuto o avevo sempre fatto con naturalezza era diventato un vero incubo. Uscivo e me ne volevo scappare a casa.
I rapporti con gli altri erano diventati ingestibili: mi sentivo sempre un peso per chi usciva con me, a causa delle mie paure che mi portavano a voler interrompere le serate o a non farle proprio iniziare. Spesso ho rinunciato ad andare ai compleanni delle mie amiche e a tante altre occasioni per la paura di stare male. Loro, però, sono sempre state comprensive e hanno sempre fatto di tutto per darmi un po’ di tranquillità. E per questo le ringrazio. Dopo un’estate passata a combattere autonomamente con questo mostro dell’ansia, a settembre, con la ripresa di una semi-normalità, ho deciso di prendere coraggio e chiedere aiuto. E’ così che ho iniziato il mio percorso di psicoterapia.
-Da ottobre 2020 in poi, ci sono state varie riaperture e chiusure. Questo ha avuto un ulteriore impatto sulla tua salute mentale? Come hai reagito?
-Fortunatamente, al mio fianco, c’è sempre stata la psicologa che per me ha rappresentato una vera e propria speranza. Ogni settimana, avevo un appuntamento con lei che mi ha aiutato davvero tanto a gestire il mio rapporto con le varie riaperture e chiusure. Ma è stato comunque abbastanza difficile. Nei periodi in cui eravamo costretti a rimanere in casa ero serena, perché casa per me è diventata sinonimo di sicurezza, la mia comfort zone. Quindi, non volevo mai che arrivasse il momento della riapertura, nonostante sapessi che quella in isolamento non era una vita che potevo continuare a condurre.
Nei periodi di riapertura, invece, in cui mi sono impegnata tanto a combattere contro l’ansia e gli attacchi di panico. Avevo paura dei possibili lockdown o zone rosse a cui i dati della pandemia ci facevano pensare e che, effettivamente, si sono verificati nei mesi seguenti. Ho alternato così vari momenti di buio e luce, periodi più spensierati e altri da dimenticare.
-Ci sono state persone con cui ti sei sfogata e ti sfoghi tuttora?
-La mia mamma è quella che per prima mi è stata accanto, ma anche tante altre persone per me importanti con cui mi sono sentita libera di potermi sfogare. Infine, come ho già detto, la psicoterapia è stata un aiuto davvero fondamentale, ma vorrei dire che non è una magia che ti fa passare tutto da un giorno all’altro. Di fatto, io ancora ci sto lavorando e sto imparando a conviverci e a gestire l’ansia.
-Oggi, nel mese di giugno 2021 in cui il lockdown sembra non essere più un’opzione, come risponderesti alla domanda “Come stai”?
-Non so darti una risposta secca. Sicuramente non sto male ed è questo ciò che conta per me. So che ci sono tante situazioni molto più gravi rispetto alla mia, ma credo che anche la salute mentale giochi un ruolo troppo importante, soprattutto in questo periodo così complicato, perciò non voglio ignorare quest’aspetto. Mi sento in rinascita, ma il mio percorso non è ancora finito.
-È cambiato il tuo rapporto coi social con la pandemia?
-In parte sì. L’estate scorsa ho capito davvero che spesso i social non rispecchiano la realtà. Io in primis, quest’estate, cercavo di mascherare il mio vero stato d’animo attraverso foto in cui un sorriso nascondeva tutto ciò che ti ho appena raccontato. Nessuno poteva immaginare quello che c’era dietro i miei post o le mie storie su Instagram, ad esempio. Per questo, ora do molto meno peso ai social e cerco di vivermi di più la mia vera vita.
-Qual è il messaggio che vorresti mandare con quest’intervista? Quale consiglio daresti a chi vive una situazione simile alla tua?
-Vorrei dire che non siete e non siamo soli. E, soprattutto, di non avere paura a chiedere aiuto quando vi rendete conto di non farcela da soli. Purtroppo penso che ancora oggi, nel 2021, non siano tutti mentalmente pronti a far entrare nelle proprie vite delle figure professionali come gli psicologi ed è per questo che io ho scelto con cura le persone con cui condividere questa parte delicata della mia vita.
Conosco soprattutto tante persone giovani che, come me, hanno sofferto in questo periodo – che è stato complicato per tutti – e che magari avrebbero voluto un aiuto così come l’ho avuto io. Economicamente, la psicoterapia richiede una spesa abbastanza importante ed io mi sento una privilegiata ad aver avuto questa possibilità. L’ultima cosa che vorrei dire è che sarebbe stato bello avere, da parte del Governo, un sostegno in questo senso, in quanto penso che la salute della mente debba essere tutelata al pari di quella del corpo.
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