Dopo mesi di angoscioso lockdown, chiusure, forzate, e stato di incertezza sulla ripartenza dei lavori possiamo finalmente affermare che lo spettacolo ha inizio. Quella che proponiamo è una breve carrellata della programmazione teatrale che si accinge a partire e qualche suggerimento per i meno avvezzi.
Show must re-start
Dall’11 Ottobre si riparte con l’apertura al pubblico nei cinema e teatri ed è questa la notizia che noi appassionati aspettavamo da tanto, troppo tempo. Come noto, la pandemia ha determinato un lunghissimo periodo di stop per attività che determinassero qualsiasi forma di assembramento. Benché le sale garantissero un sicuro distanziamento e l’obbligo della mascherina avrebbe scongiurato il rischio di contagio, il Governo a più riprese e a suon di decreti, ha fortemente penalizzato il settore dello spettacolo a discapito di tutte le categorie di lavoratori coinvolte.
Visto l’andamento della curva dei contagi e l’introduzione dell’obbligo vaccinale per accedere ai posti al chiuso, pare che le cose si orientino verso una sorta di normalità, o almeno è ciò che ci si auspica. Per il momento ci accontentiamo di una capienza permessa del 50% che ci permette di respirare finalmente l’aria del palcoscenico.
Cosa c’è in programma
La programmazione teatrale a Napoli non si fa attendere con cartelloni che hanno tutta l’aria di una ripartenza all’altezza delle aspettative. Grandi novità e grandi nomi del panorama teatrale partenopeo e non solo, con l’intento di ritrovarci, se possibile, dove c’eravamo lasciati oltre un anno fa.
Un cartellone imperdibile, come al solito mi verrebbe da dire, è quello proposto dal Teatro Bellini di Napoli, fiore all’occhiello della città.
In scena ad aprire le danze è Don Juan in Soho per la regia di Gabriele Russo, ormai sempre più rodato in una precisa e chiara cifra stilistica. La scelta di proporre ad un pubblico assetato di spettacolo dopo di 17 mesi di astinenza un classico rivisitato da un autore moderno, non è affatto una scelta casuale. Come precisa Gabriele Russo nelle sue note di regia, c’è una volontà distinta di rappresentare “l’emblema dell’inaccettabile” che è appunto il Don Giovanni di Moliere, che porta però in sé “una radicalità nuova nel suo personaggio: quella di non recitare un ruolo ma di esserlo” così come è nella rivisitazione di Patrick Merber. L’eccesso, l’edonismo, la necessità smodata di apparire, di esporsi nella propria rappresentazione estetica, di essere come si vuole a discapito dell’altro che si annienta di fronte al proprio ego, queste sono le immagini che ci restituisce Russo nella sua regia e che invitano a riflessioni sulla società contemporanea rappresentata in un’allegorica e sfacciata crudezza. Il cast è esemplare e l’interpretazione di Daniele Russo, il moderno Don Giovanni, è carismatica e fascinosa. Se l’atmosfera non fosse stata sapientemente resa cupa in certe scene si sarebbe finito quasi col simpatizzare con la figura meschina che lo stesso attore rappresenta. Senza indugiare in considerazioni ovviamente positive sul livello attoriale complessivo, lo spettacolo scorre fluido e dinamico, e risveglia quella parte emotiva che solo il teatro autentico è capace di individuare.
Il Teatro Bellini inizia alla grande dunque e prevede per il resto della stagione altri appuntamenti imperdibili: Daniele Russo ritorna a Dicembre con “le cinque rose di Jennifer”, di Annibale Ruccello, spettacolo che ha riscosso un meritato successo nell’ultima stagione. Dal 9 al 14 Novembre invece andrà in scena Furore, con Massimo Popolizio, dal romanzo di John Steinbeck.
Grandi classici e non solo
Al Teatro Diana invece incontriamo molti volti noti del panorama napoletano, sempre più presente anche sul piccolo schermo. A partire da “Mettici la mano” dal 22 al 21 Novembre, una commedia direttamente ispiratasi dalla saga televisiva “Il commissario Ricciardi”, amatissima dal pubblico. Due tra i personaggi più colorati della serie prendono vita sule tavole del palcoscenico per raccontarsi e raccontare di una città oltraggiata e martoriata dalla guerra. Si segnalano anche gli appuntamenti con Vincenzo Salemme, Alessandro Siani, e il duo comico più in voga degli ultimi anni Gigi e Ross.
Anche la programmazione del Teatro di Napoli, che impegna le storiche sale del Mercadante e del Teatro San Ferdinando, propone più di un classico nonché inediti moderni. Giusto per richiamare qualche titolo, si ricordano gli appuntamenti con Nello Musella, che torna in scena col suo “Tavola, tavola, chiodo, chiodo” che tentò qualche messa in scena l’anno scorso a ridosso di una nuova zona rossa. Una fotografia del maestro Eduardo intento nella ricostruzione del San Ferdinando e uno spaccato sincero della società culturale dei suoi tempi, non particolarmente mutati rispetto ai giorni nostri. Ritorna in scena finalmente anche la compagnia che fu di Luca De Filippo, degnamente ereditata da Gianfelice Imparato che torna a teatro con “Ditegli sempre di si”.
Toni Servillo invece sarà al Mercadante dal 30 Novembre fino al 5 Dicembre, con un lavoro sul testo di Franco Marcoaldi, “Il mondo sia lodato”.
Inaugura la stagione al Teatro Augusteo un brillante Carlo Buccirosso con la “Rottamazione di un italiano per bene”, che porterà in scena fino a Domenica prossima. Dal 19 Novembre in poi replica Geppy Gleijeses veste i panni del professor Bellavista nella trasposizione teatrale dell’intramontabile “Così parlò Bellavista”.
Primi passi per un ritorno alla normalità
Le programmazioni ci sono, gli attori pure, gli addetti ai lavori sono all’opera e finalmente il sipario torna a riaprirsi. Sembra quasi un sogno rivedere le sale piene (nei limiti del concesso) e le luci accese, ritornare in sala sembra davvero un miraggio, come bere un bicchiere d’acqua fresca dopo un’estenuante camminata nel deserto. Resistere dopo una crisi è possibile anche attraverso semplici gesti, come recuperare una passione, ritornare a svolgere la propria normale attività, comprare un biglietto per uno spettacolo e incentivare la cultura. Non ho dubbi che la risposta del pubblico sarà calorosa, ma l’augurio personale è che si tenga a mente come monito la necessarietà di tutte le forme d’arte in una società che si rialza dopo una parentesi grigia che sembrava averci ammalato anche nello spirito.