Il salto di Tiberio. Simbolo di potere e spietatezza dell’imperatore romano che soggiornò a Capri dal 27 al 37 d.C. Un nuovo episodio della rubrica Discover Naples per analizzare e raccontare un nuovo luogo ricco di aneddoti, misteri e storie. Nel luogo dove fu costruita Villa Jovis una delle dodici probabili ville di Tiberio sull’isola partenopea, vi era il Faro che metteva in collegamento l’isola con Punta Campanella ma soprattutto il luogo della morte.
Si fa vedere in Capri il punto in cui si rivelava tutta la sua crudeltà, facendo precipitare in mare alla sua presenza, le sue vittime, dopo averle a lungo martoriate con ogni maniera di tormenti. Cadevano in mezzo ad una squadra di marinai, i quali li percuotevano barbaramente con bastoni, e con i remi, in fino a tanto fosse spento in esso ogni soffio di vita
-Svetonio da Vite dei Cesari, Tiberio.
Villa Jovis: un inno alla maestosità
A circa 297 metri sul livello del mare, l’imperatore fece costruire il suo quartier generale. Come si può leggere dagli scritti di Svetonio, la Villa si trovava in una zona da cui era possibile perlustrare il golfo. L’imperatore più odiato di Roma trascorse la maggior parte del suo tempo vivendo in remoto sull’isola di Capri. Il figlio di Augusto imitò il padre nel vivere nell’isola del dolce far niente.
La celebre villa ha la certezza storica di essere di proprietà di Tiberio dopo gli scavi in epoca fascista di Amedeo Maiuri, già protagonista delle scoperte vesuviane. In particolar modo la Villa ebbe esito in occasione dei 2000 anni dalla nascita di Augusto omaggiati dal Duce Benito Mussolini. Quello che si vede oggi non è tutta la villa: secondo molti studiosi dovrebbero esserci tra i 7 e 8 livelli per estendersi per 7000 metri quadrati attraverso anche una piana naturale.
La vista che si può godere dal lato nord abbraccia buona parte del Golfo di Napoli, spaziando dall‘Isola di Ischia fino a Punta Campanella, mentre il lato sud affaccia sul centro di Capri. Al centro si trovavano le cisterne per la raccolta delle acque piovane, risorsa fondamentale su un’isola priva di fonti naturali, usate sia come acqua potabile che come riserva destinata alle terme che si articolavano nei classici ambienti del apodyterium, frigidarium, tepidarium e calidarium.
Il Salto di Tiberio: il luogo della morte
Il cosiddetto Salto di Tiberio o Timberio, è un precipizio a picco sul mare, alto circa 297 metri sul livello del mare, situato sul versante nord-orientale dell’isola di Capri, nei pressi di villa Jovis, della Chiesa di Santa Maria del Soccorso e del Faro. Si diceva che la sua Villa fosse piena di dipinti sessualmente espliciti, così come di dare ancora più prove agli spettatori sui suoi modi malvagi e i suoi eccessi di piacere. Un grande mucchio di ruderi ritrovati da parte di colui che dopo aver scavato con successo nell’Egeo, assumendo anche la direzione del museo Archeologico di Rodi, dal 1924 era stato nominato soprintendente alle Antichità di Napoli e del Mezzogiorno, nonché direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Secondo una leggenda, l’imperatore romano Tiberio faceva gettare nello strapiombo i condannati dopo essere precipitati nel mar Tirreno. Questi sarebbero stati percossi con remi e bastoni da una squadra di marinai, fino alla morte. Un “rituale” che durò per quasi undici anni e che secondo molti comunque prevedeva la morte, senza l’impegno dei marinai, a causa dell’impatto sulle rocce dopo 300 metri di volo.
Un uomo spietato, attorno a cui veleggiano alcune leggende. Come quella di una donna che nel corso del XX secolo, essendo dedita ai riti pagani, si gettò dal Salto di Tiberio proprio sentendosi parte di un mondo antico. Modello di potere e spietatezza, che nella bellezza di Capri si macchiò di atrocità e la coronò di architetture maestose.
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