Il Corriere di Napoli è lieto di intervistare Mariavittoria Picone, poetessa, blogger, scrittrice. La rubrica Specchi di carta si arricchisce di una puntata extra, con un’intervista a una scrittrice napoletana molto poliedrica e creativa. Ecco le sue parole rilasciate sul nostro sito.
– Partiamo con la prima domanda: poetessa, scrittrice, blogger chi è veramente Mariavittoria Picone?
– Mariavittoria Picone è una mamma degli anni 2000, che lavora e che nel frattempo continua a coltivare i suoi interessi e le sue passioni. Ho cominciato a scrivere il mio primo romanzo a 11 anni, ma alla fine non l’ho mai pubblicato e non l’ho neanche finito. E poi ho continuato, scrivendo qualche poesia, facendolo ancora adesso.
Qualche anno fa ho cominciato a scrivere per un blog per testare il riscontro del pubblico, perché in fondo, non si scrive mai solo per se stessi. Più del contenuto mi interessava sapere se alla gente piaceva quello che scrivevo, perché quello che conta è come si scrivono le cose. Il riscontro è stato positivo, ho proseguito e finalmente ho pubblicato l’anno scorso il romanzo.
Il romanzo
-Come è nata l’idea del romanzo Condominio Arenella?
-Io sono una grande osservatrice. Questo gran parlare che si fa sui social tende a sminuire la vera essenza delle persone perchè talvolta le parole sono un caos. Infatti il romanzo inizia col dire che le parole non contano niente perchè in realtà se solo osservassimo le persone capiremmo molto del loro carattere, della loro indole. In realtà le parole a volte confondono, quindi l’idea è nata dall’esigenza di osservare senza giudicare.
Pensare che a volte usiamo troppe parole per confondere le idee. A volte ne sentiamo troppe e effettivamente se stessimo troppo in silenzio non faremmo male. A volte parliamo male, utilizzando frasi fatte ed espressioni che non ci appartengono ma solo perchè girano, sono di moda, le adoperiamo. E perciò il romanzo nasce da questa esigenza, di osservare senza giudicare.
-Essendo il romanzo ambientato a Napoli, quali sono gli scorci più rilevanti che emergono?
Di Napoli se ne parla sempre con toni molto enfatici, però aldilà di tutto è la città degli eccessi e anche nel raccontarla si eccede. L’enfasi c’è anche nel racconto: a Napoli ci sono i contrasti dei vicoli e dei posti di Posillipo con il panorama, con le strade ampie, la gente che urla nei vicoli, ci sono una serie di contrasti notevoli…
E invece io che abito in un quartiere di mezzo, l’Arenella, non a caso ci ho tenuto a metterlo nel titolo. Questo condominio può essere ovunque a Torino, a Milano, in Sardegna perché in realtà è un condominio di persone che convivono in una finta comunità e che non si conoscono bene. A un certo punto c’è una persona che si presenta e dice:” Io sono quello del quinto piano”. Quindi è un condominio situato a Napoli ma che potrebbe essere ovunque perché l’Arenella è un quartiere di mezzo, non è né un quartiere ricco, né un quartiere povero dei vicoli; normale nel senso che è simile ad altre grandi città, perché una volta tanto si parla di Napoli senza stereotipi.
-Spesso di Napoli si parla male, in modo dispregiativo, come può questo romanzo rovesciare quest’immagine negativa?
-Questo romanzo può evidenziare la parte comune con gli altri cittadini di Italia e di Europa perchè evidenzia le solitudini delle città dove si va di fretta. La pandemia in questo momento ha insegnato a fermarci e forse è stata anche l’opportunità per osservarci un po’ di più. Però in queste città dove si è in tanti, dove si fa a gara per farsi notare alla fine si è molto soli e in questo Napoli assomiglia a tante altre città, nel silenzio delle solitudini e nelle attese dell’amore, del lavoro e di altro; siamo uguali a tanti altri. Questo è l’aspetto che vorrei evidenziare con il romanzo, una Napoli normale.
-Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Devo dire la verità, non amo indicare un autore in particolare. Io sono stata molto influenzata a scuola da Pirandello, ho letto Calvino. Adesso leggo un po’ di tutto: gli americani, tanti testi anche italiani. Non c’è una persona a cui mi ispiro in particolare, forse lo stile di Calvino mi piaceva. Ho letto “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust e mi ha segnata particolarmente perchè la descrizione, la passione, l’ambientazione mi ha particolarmente intrigata. Ho fatto varie letture, anche i contemporanei nostri. Mi sono rivolta più al passato, Calvino sicuramente. Sul mio comodino c’è “Lezioni americane”.
-Per concludere, le poesie possono aiutare a sviluppare la scrittura creativa in quanto portatrici di idee e di cultura?
La poesia ha avuto uno sviluppo notevole nel corso degli ultimi anni. In passato per poesia si intendeva un’ode che rispecchiasse certe strutture in particolare. Adesso la poesia non deve rispettare una struttura letteraria in particolare, può essere a schema libero, può essere breve, lunga. Oggi si intende per poetico, ormai, tutto quello che procura emozioni o che comunque riporti a delle immagini di bellezza.
La poesia, in senso lato, è intesa comunque come riferimento a quello che più ci colpisce nella vita che sia anche un dolore o comunque una gioia forte. Se si legge adesso in giro, un po’ tutti si lanciano nelle poesie. Ecco io ho letto poesie rispecchianti degli schemi, scritte con espressioni più ricercate che non trasmettono emozioni mentre ho letto altre senza schemi, con parole semplici che mi hanno colpito profondamente. Questo penso, l’evoluzione della poesia, adesso, è più tendente al quotidiano e ad una lingua meno ricercata, rispetto a una volta.
L’intervista si conclude qui. Ringraziamo Mariavittoria Picone per le sue risposte con l’augurio che possa scriverne altri di romanzi con grande passione!
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