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Critica aperta alla gestione del COVID

Una lettera alla politica da parte della redazione sulla gestione del Coronavirus: dalla crisi dei settori alla tutela della salute pubblica.
Redazione 14 Ottobre 2020 5 min read
gestione del COVID

L’ultimo Dpcm è chiaro: il Governo capitanato da Giuseppe Conte vuole evitare un nuovo lockdown. Una scelta giusta e coraggiosa per fronteggiare un’emergenza seria e rischiosa per il comparto economico e sanitario. Tante soluzioni proposte che per forza di cose svantaggiano tutti, ma per molti non si tratta soltanto di un rallentamento ma di un aut-aut per sopravvivere a una crisi senza precedenti. 

Con una lettera alla politica, ambito dove tutti devono avere la responsabilità di garantire sicurezza agli italiani, noi della redazione del Corriere di Napoli proviamo a fornire degli spunti critici. In maniera più neutrale possibile, ognuno di noi ha espresso la propria opinione per la gestione del Covid: quanto n’è uscito fuori è un’analisi di ogni settore, provando a trovare anche soluzioni.

Governo VS cittadini: le fazioni contrapposte

Dopo 7 mesi in piena pandemia, gli italiani ora sono spaventati. Il Governo cerca di tutelare i cittadini ma adesso subentra un problema importante: lasciare morire le persone a causa del Covid o della fame? Un nuovo lockdown metterebbe KO gran parte della popolazione che già chiede a gran voce interventi. Anche in questo caso però ci sono due fazioni: i negazionisti, coloro che pensano che non esista nulla e che le misure prese siano dittatoriali, e coloro che sono ormai ossessionati da quanto ci circonda, tra ansie e fobie.

Quindi, chi sta dalla parte giusta? Sicuramente nessuno: la politica in una situazione scomoda e come al solito poco coeso, i cittadini più soli che mai. La paura di restare a secco economicamente e di uscire danneggiati psicologicamente è qualcosa di più che reale. Probabilmente il Governo sta sbagliando nell’utilizzare mezze misure, continuando a ritornare sui propri passi non dando punti di sicurezza alle filiere commerciali.

Le misure addottate: i settori a rischio

La situazione che si è delineata nell’ultimo mese è stato un triste risveglio per tutti noi senza esclusioni. Il Governo con l’ultima azione intrapresa sta cercando di sanare una situazione in cui abbiamo tutti noi una responsabilità, e quando dico noi dico tutti Noi nel vero senso della parola. Il Governo è una nostra creazione, per quanto ci piaccia o meno e questo riflette le mille incomprensioni che abbiamo come corpo elettorale, in una certa maniera dobbiamo fare mea culpa per un esecutivo che su certe questioni sembra non essere deciso abbastanza. Abbiamo a che fare con un governo che riflette le conflittualità che abbiamo come Paese dove si vuol far qualcosa senza scontentare tutti, ma allo stesso tempo scontentando tutti.

Le misure adottate per la gestione del COVID ora sono solo il frutto di una serie di decisioni che dovevano essere prese prima, il pugno duro invocato da alcuni non sarebbe necessario in certe situazioni oggi se tutti noi avessimo maggior coscienza della cosa pubblica. Il mio pensiero si rivolge sicuramente a una presa di coscienza maggiore da parte nostra come corpo civico a una maggiore consapevolezza della situazione che stiamo vivendo. Se noi cittadini in primis abbiamo cognizione reale della situazione e non ci cimentassimo in discorsi da bar potremmo realmente tornare quanto prima a una situazione di “quasi” normalità.

Ogni settore ormai è a rischio, per ultimi quelli di feste e sport amatoriali: così facendo, con l’obiettivo di sopravvivere, i commercianti potrebbero rifugiarsi verso creditori poco raccomandabili. Insomma, la situazione rischia di degenerare per cui, dato che la fiducia ormai è sempre più scarsa, bisogna intervenire al più presto: in gioco ci sono, oltre che la salute, anche la sicurezza economica e pubblica nazionale.

La violenza psicologica dei media

Entrare in merito alla gestione nazionale dell’emergenza, per quanto importante e questione urgente, è cosa troppo grande per farne un’analisi immediata e in poche righe. Sono giorni, questi dell’ultimo mese, in cui le TV continuano con le proprie campagne di divulgazione di notizie – non importa quanto attendibili- che poco fanno se non danneggiare la salute mentale di chi ascolta. E chi ascolta, quasi sempre, sono quei lavoratori che si vedono crollare quelle ultime e poche certezze che, in pochi mesi, sono riusciti a rimettere su. Le persone sono sempre più spaventate.

Sarebbe facile stare in silenzio ed aspettare che il peggio passi, sperando che non ci trapassi. Tuttavia, denunciare il disagio di fronte al quale ci troviamo è un nostro diritto e dovere; specie nel momento in cui non si fa altro che parlare di sicurezza, eppure alcune tra le misure attuate non sembrano tenerla in minima considerazione.

Una su tutte, la gestione dei mezzi pubblici a Napoli. Ma non è cosa nuova. È di oggi la notizia circa un’indagine dei carabinieri in merito alla questione sicurezza sui mezzi pubblici a Napoli. Ogni pendolare di Napoli e provincia che si rispetti ha avuto, almeno una volta nella vita, a che fare con il problema dei mezzi pubblici: ritardi, scioperi, tratte limitate. Eppure: se post lockdown, con la ripresa di ogni attività, qualcuno sembrava aver preso le redini della situazione stilando documenti pieni di norme-anti-contagio sui mezzi di trasporto pubblici (che mai hanno funzionato); ecco che oggi, in pieno ottobre, con scuole, uffici ed attività a pieno regime, assistiamo al caos. Come, del resto, era più che prevedibile.

L’economia al collasso: ed ora?

La situazione italiana comincia ad assumere toni che, seppur non ancora allarmanti, necessitano della massima attenzione. È evidente che il Governo in questa gestione del COVID si sia trovato di fronte a delle scelte che sono necessarie per far sì che i numeri che si vedono oggi, relativamente a contagi ed occupazione dei posti letto negli ospedali, non diventino critici nell’arco delle prossime settimane, portando il paese in una situazione tale che possa considerarsi per l’Italia un punto di non ritorno.

A differenza del picco pandemico che il paese ha vissuto nei mesi di Marzo ed Aprile scorsi, la diffusione dei contagi sembra colpire indistintamente tutte le zone geografiche dello stivale. La differenza sta, fortunatamente ed almeno finora, nel minor numero di vittime, cosa che lascerebbe intendere che almeno per ora, riusciamo a curare tutti e che siamo meno impreparati.

Quello che però è il contenuto del provvedimento emanato lunedì notte dal Presidente del Consiglio, sembra un po’ “scollato” dalla realtà che viviamo tutti i giorni nella gestione del COVID. Credo che nessuno, dovendo immaginare un punto di intervento immediato per ridurre il rischio di contagio, abbia pensato, ad esempio, al vietare le partite di calcetto (o basket o qualsiasi altro sport di contatto) fra amici. Probabilmente buona parte degli italiani si sarebbe immaginato un intervento per diminuire il rischio laddove c’è effettivamente una maggior possibilità di assembramento. Penso ai mezzi pubblici, bus, treni, metropolitane, tutti luoghi dov’è praticamente impossibile mantenere una distanza minima di sicurezza.

È vero, l’economia è ripartita e non possiamo permetterci di fermarla nuovamente. Ma per evitare di tornare ad una fase 1, con un lockdown totale, non sarebbe stato meglio piuttosto fare un passo indietro, tornando temporaneamente alla fase 2 nella gestione del COVID? Non sarebbe stato il caso di riportare almeno le scuole superiori alla didattica a distanza? Avrebbe avuto conseguenze sull’economia contingentare nuovamente gli ingressi in negozi, supermercati e centri commerciali?

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Tags: cittadini Coronavirus Giuseppe Conte governo Italia politica

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