Uroboro: Simón Bolívar, el ‘libertador’ del Sudamerica
Cos’è Uroboro? È la rubrica settimanale nella quale analizziamo un evento storico o un grande personaggio riguardante il passato (recente e non). Nel pezzo di oggi, la storia di un grande dei nostri tempi: Simòn Bolìvar
PERCHE’ “UROBORO”
Mentre studiavo per l’università, mi sono imbattuto nel mio vecchio libro di filosofia. Riaprendolo, ho riletto il pensiero di Nietzsche riguardo il concetto di storia. Più nello specifico, mi sono soffermato al pensiero di eterno ritorno dell’uguale. Incuriosito, sono andato a cercare una definizione per spiegarla: si parla di una teoria che si ritrova genericamente nelle concezioni del tempo ciclico, come quella stoica, per cui l’universo rinasce e rimuore in base a cicli temporali fissati e necessari, ripetendo eternamente un certo corso e rimanendo sempre se stesso. Esiste, inoltre, un simbolo molto antico, presente in molti popoli e in diverse epoche: l’uroboro. L’uroboro rappresenta un serpente o un drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine. Rappresenta il potere che divora e rigenera se stesso, la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall’inizio dopo aver raggiunto la propria fine.
COME I GRANDI IMPERATORI
Il clima di lotta, voglia di indipendenza e rivalsa sociale durante il 18° e il 19° secolo, dall’Europa, si espanse a macchia d’olio anche nel continente americano. A farne le spese furono proprio due paesi europei: Inghilterra e Spagna. La prima, infatti, si ritrovò a perdere le 13 colonie del Nord America; la seconda, invece, perse tutti i suoi possedimenti nelle regioni del Sud America, che divennero tutte indipendenti. I due fautori di queste liberazioni dal dominio europeo furono due: George Washington e Sìmon Bolìvar. Il protagonista di oggi, però, non è il primo presidente degli Stati Uniti d’America, ma un uomo, nato a Caracas, con il sogno di rendere indipendente il suo paese. Un pò come i grandi imperatori, scopriamo l’ascesa al potere, il periodo di massimo splendore e la caduta di Sìmon Bolìvar.
LUTTI FAMILIARI E SPAGNA
24 Luglio 1783. Di famiglia aristocratica, perde entrambi i genitori prima dei nove anni. Entrambi per tubercolosi, malattia all’epoca incurabile. Da lì in poi viene cresciuto dagli zii materni che, prima dei suoi 15 anni, decidono di inviarlo a studiare in Spagna. Qualche anno dopo, nel 1802 circa, conosce la sua prima ed unica moglie: Marìa Teresa Rodrìguez del Toro. La vita, però, gli toglierà ancora una volta tutti gli affetti più cari. Oltre ad essere orfano, infatti, nel 1803 divenne vedovo. La moglie, infatti, morì a causa di una febbre gialla presa durante un viaggio in Venezuela. L’evento fu traumatizzante a tal punto da far decidere a Bolìvar di non sposarsi mai più.
Dopo il lutto della moglie, tornerà definitivamente in Venezuela nel 1807, dopo essersi anche avvicinato ( e poi discostato) dai principi napoleonici. L’idea di ribellarsi ai padroni spagnoli crebbe ed esplose definitivamente nel 1808, quando l’imperatore divenne Ferdinando VII di Borbone. Il cambio di guardia aveva distolto l’attenzione del governo spagnolo dalle colonie in Sud America, che decisero di voler approfittare del momento di distrazione dell’imperatore.
PRIMO TENTATIVO FALLITO, MA IL SECONDO…
Nel 1811 venne eletto deputato al Congresso, dove esercitò un’influenza tale da ottenere dal governo la proclamazione dell’indipendenza del Paese . La reazione spagnola fu immediata e un anno dopo l’esercito venezuelano capitolava davanti ai realisti. Bolívar, amareggiato, si ritirò a Cartagena, nella Nuova Granada, dove lanciò il Manifesto, uno degli scritti più illuminanti del suo pensiero politico; egli vede l’America Meridionale formata da grandi Stati repubblicani uniti federativamente, retta da un governo forte e risoluto, capace di dominare le innumerevoli forze eversive e anarchiche. La Prima Reppublica Venezuelana era stata un fallimento.
Un tentativo, a posteriori, utile a comprendere quali errori evitare e quali falle degli avversari sfruttare. Nel 1813, infatti, sconfisse i monarchici e gli spagnoli sulle Ande. Dopo questa prestigiosa e decisiva vittoria, entrerà trionfante a Caracas e verrà nominato Capitano Generale, dando il via alla Seconda Repubblica Venezuelana.
NON C’E’ DUE SENZA TRE
Re Ferdinando VII, tornato al potere, aveva nuovamente rafforzato la presenza ispanica nei territori sudamericani. Una lotta estenuante che vede vincente, ancora una volta, El Libertardor. Nel 1819, infatti, dopo un altro esilio dalla terra natia, tornò in patria dopo un soggiorno ad Haiti (all’epoca divenuta indipendente dalla Francia). Rifondò per la terza volta la Repubblica Venezuelana, che nacque ufficialmente solo nel 1821. In Colombia, infatti, venne tenuto un congresso per stilare la costituzione della nuova Repubblica. Tra i paesi appartententi vi erano Venezuela, Colombia,Panama ed Ecuador.
Anche Bolivia e Perù riuscirono a conquistare la libertà, ma non si unirono mai alla ‘macro federazione sudamericana’. Il sogno, però, durò solo 9 anni. Nel maggio del 1830, difatti, rassegnò prima le sue dimissioni e nei mesi successivi la sua salute divenne cagionevole. Il 17 dicembre 1830 «all’una e tre minuti del pomeriggio morì il sole della Colombia», conosciuto anche come Sìmon Bolìvar.
Uroboro: un anno senza Camilleri
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