Amaurys Perez, uno dei pallanuotisti più famosi di sempre in Italia e nel mondo, ha raccontato la storia della sua vita sportiva e personale al Corriere di Napoli, narrando avvenimenti sconosciuti e aneddoti mai sentiti prima sul suo Settebello.
-Ciao Amaurys, ti ringrazio per essere qui a raccontarci della tua vita sportiva e non. Per prima cosa, come stai e come stai passando questa quarantena con la tua famiglia?
-Sinceramente ne avevo bisogno e me la sto godendo a 360 gradi con la mia famiglia. Io e Angela abbiamo tre bambini piccoli e quindi non è molto semplice tenerli tranquilli chiusi a casa. Ogni giornata è accompagnata dalla musica, non esiste un cubano che non viva di musica reggaeton e bachata.
-Invece come pensi stia agendo Paolo Barelli (Presidente della FIN) per quanto concerne la situazione delle società sportive in difficoltà a causa del Covid19?
-Secondo me sta agendo bene, spero che il campionato riprenda perché eliminare 6 mesi della carriera di un giovane che iniziato un percorso importante è nocivo per se stesso e per il sistema della pallanuoto italiana.
-Ora Amaurys facciamo un gioco: io ti dico una data, tu mi dici cosa accadeva nella tua vita in quel determinato periodo. Se ti dicessi 1976?
-Il mio anno di nascita. Quattro anni dopo misi piede per la prima volta in una piscina e nel 2020 devo ancora uscirne. Sono malato di questo sport dal 1982 e credo che non ci sia una cura per me. Ancora oggi non ho la minima intenzione di uscire dalla piscina perché il cloro è il mio ossigeno, e senza cloro e quella palla rotonda non posso vivere.
-Ora ti dico 2006. Cosa mi dici?
-L’inizio della mia crescita in Italia. Sono approdato col Cosenza pallanuoto in Serie A e ho iniziato a farmi vedere in Italia. Ma mai avrei immaginato di arrivare così in alto e per questo devo molto al Cosenza.
-Andiamo avanti negli anni e approdiamo nel 2011.
-Lascia stare, non toccare quell’anno. E’ stato un anno strano, il campionato 2010-2011 ha fattola differenza nella mia carriera, sono approdato al Posillipo arrivando terzi in campionato. Ho conquistato un argento World League e un oro Mondiale.
-Cosa ti è rimasto di quel Mondiale?
-Il viaggio dall’albergo alla piscina. Nessuno parlava, nessuno si guardava, c’era un’atmosfera inspiegabile. Tutti concentrati al massimo, tutti uniti in un unico obiettivo che alla fine abbiamo raggiunto.
-A Londra purtroppo la nazionale non si è ripetuta nonostante abbia fatto una grandissima Olimpiade.
-Feci il passaggio decisivo per il passaggio in finale. Finita la partita mi sono chiuso nello spogliatoio a piangere come un bambino. Eppure Sandro non era contento, aveva paura che il villaggio Olimpico ci distraesse. Immagina lì, ti trovi con tutti i migliori sportivi al mondo, da Michael Phelps a Kobe Bryant. Kobe era una persona unica, chiese lui la foto a noi del Settebello dicendo che ci seguiva sempre.
-Nel 2015 hai partecipato alla finale di Euro Len Cup. Per chi non lo sapesse è la competizione europea parallela all’Europa League nel calcio. Non era una finale come le altre però: era il derby napoletano Posillipo – Acquachiara
-La partita più bella della mia carriera a livello di club. Una piscina Scandone gremita dalle due tifoserie che hanno incitato le due squadre in modo pazzesco, nella maniera più rispettosa possibile. Una finale unica, 30000 persone lì a fare il tifo per lo sport della pallanuoto.
-Tu sei stato molti anni a Napoli. Cosa ti ha lasciato questa città e il suo popolo?
-È una città che ti entra nel cuore e non ti esce più. Mi ha lasciato tutto, grazie a Napoli io sono diventato la persona che sono oggi. Napoli mi ha amato e io ho amato lei. Mi ha insegnato cosa significa tenere a ciò che hai di più caro. A Napoli piangi due volte dicono, io quando sono andato via ho pianto molto di più di due volte.
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