Luigi Mastrangelo si racconta. Tutto è nato da un semplice quiz su Instagram, a proposito del portabandiera durante le Olimpiadi di Atene 2004. Taggando i “candidati”, ecco che l’ex campione di pallavolo ci condivide e lì scatta la “pazzia”: chiedere a Gigi un’intervista, prontamente accettata cordialmente. Torna FaceToFace, per la prima volta con uno sportivo!
Ex centrale, il suo ritiro è giunto nel 2013 dopo divergenze con il Piemonte, proprio da dove tutto è cominciato nel lontano 1994, a Cuneo, dove ha vissuto gli anni migliori conquistando due Supercoppe Italiane, una Coppa delle Coppe oltre alle prime delle quattro Coppa Italia. Il suo prosieguo con i club è stato controverso, come l’esperienza romana che gli ha portato in dote una Coppa CEV, bissata nel ritorno in Piemonte dove ha conquistato il titolo di campione d’Italia.
Le sue gesta in Nazionale sono celebri soprattutto grazie alle medaglie olimpiche, che rendono ancor più leggendaria la sua carriera: le medaglie di bronzo a Sydney 2000, la prima Olimpiade in carriera, e quella di Londra 2012, con l’intermezzo dell’argento beffardo di Atene 2004. A cavallo tra la generazione d’oro di Julio Velasco e Andrea Anastasi, che nel 1996 sfiorò ancora l’oro olimpico ad Atlanta ’96: un tabù proseguito anche nel 2016 a Rio de Janeiro con Zaytsev&Co. ancora contro il Brasile.
Nel suo palmarès italiano figurano ben tre ori europei e un argento come quello ottenuto in Coppa del Mondo in Giappone nel 2003.
Luigi Mastrangelo si racconta
-Ciao Luigi, prima di tutto, è un onore intervistarti e essere qui con te.
–Piacere mio, mi piace il vostro progetto. Cominciamo con questa chiacchierata!
– Capitolo Italia, con cui ha vinto tantissimo. Sei arrivato sul finire della generazione d’oro: quale medaglia ti resta più nel cuore?
– Sicuramente la medaglia di Atene 2004 mi resta più nel cuore, soprattutto nel modo in cui è arrivata, con un gruppo straordinario. Purtroppo sfidammo il Brasile che era la squadra più forte della propria storia.
– Si può parlare di rammarico?
– L’argento olimpico è un grande piazzamento ma poter restare nella Storia con l’oro sarebbe stato pazzesco. Purtroppo è stata la mia ultima finale per lottare per l’oro olimpico ma non potevamo fare di più, pur lottando, contro i verdeoro.
-Trovi similitudini anche con il 2016? Purtroppo l’oro olimpico è un tabù per il tricolore…
– La prima similitudine è sicuramente l’avversario: il Brasile, che era inferiore a quello del 2004, che come la nostra, ovviamente si parla di generazioni diverse. La nostra Nazionale nel 2004 aveva vinto tutto mentre quella di Blengini non era solida come squadra e come gioco rispetto a 12 anni prima. L’unico giocatore in forma era Zaytsev, che ci ha portato in finale con la rimonta contro gli USA, che giocava anche meglio di noi, anche grazie all’aiuto del check durante la semifinale.
Le principali differenze sono comunque la qualità di gioco e delle squadre.
– Qual è la generazione più forte durante i tuoi 13 anni in azzurro?
– Ovviamente dico Atene 2004, una generazione che vide l’inserimento di giovani e con il giusto mix con i veterani permise anche di trionfare all’Europeo dell’anno dopo a Roma.
– L’Italia prova a gettare le basi per il futuro, come dimostrato a Tarragona e a Napoli tra i giovani: cosa prevedi nel prossimo decennio?
– L’Italia ha sempre avuto una grande tradizione con la pallavolo e con i giovani di questi anni lo sta dimostrando. Ma ovviamente ci sono tantissime concorrenti come la Francia, Russia, Serbia, insomma sarà dura anche nei prossimi anni.
– Se si dovessero fare le Olimpiadi di Tokyo: qual è il tuo pronostico?
– Prima di tutto spero si facciano, anche proprio per l’Italia che ha diversi elementi che non possono essere in forma ancora per altri anni. Credo che possiamo fare un buon percorso e ovviamente da tifoso ed ex giocatore spero vada in finale.
– Pillole dal villaggio olimpico? Avrai sicuramente episodi o persone con cui si è creato legame.
– Purtroppo le Olimpiadi non danno la possibilità di continuare un rapporto, che dura un mese più o meno per poi affievolirsi nel corso del tempo per la distanza. Spesso si instaura un bel gruppo nella squadra e anche tra sport diversi. Tra i rapporti speciali e con chi ho condiviso diversi momenti ci sono Fabio Basile oppure Amaurys Perez.
-Chi vedi come tuo erede?
– Per quanto riguarda il ruolo di centrale non vedo eredi e non per vantarmi. Anche in termini di servizi gli unici a farlo in salto sono Zaytsev, Juantorena oppure Lanza ad esempio. Dal punto di vista simbolico ovviamente Ivan Zaytsev, che ha dato spessore e pubblicità al movimento.
– Diciamo che la vostra figura è molto importante, soprattutto per sport minori, dal punto di vista mediatico, come per il tennis.
– Minori perché vogliono che sia così in qualche modo. La Lega e la Federazione spesso non permettono di incentivare la figura di diversi simboli, senza appoggiare le iniziative, per cui bisogna prendere iniziativa da sé. Emblematico è stato il caso Zaytsev-scarpette, in cui davvero l’aspetto extra campo supera quello sportivo. Bisogna essere grati che uno sportivo dia visibilità al movimento e non diventare un problema dopo il ritiro.
– Capitolo club: quale esperienza resta memorabile?
– Diciamo che sono tante le squadre in cui ho giocato però la tappa che più mi ha caratterizzato è quella di Cuneo, dove ho vinto il campionato, l’unica nella Storia del team. Poi ci sono anche esperienze negative come quella romana in cui gli interessi di persone che non hanno mai giocato a pallavolo hanno caratterizzato negativamente la mia esperienza nel Lazio.
– Che cosa pensi del Coronavirus? Andrà via in fretta?
– È un momento brutto per tutto il mondo ma credo che nei prossimi 10-15 giorni si potrà capire quanto, in questo modo, ci vorrà per tornare alla vita normale bloccando questo contagio. Non do vita lunga a questa situazione perché credo stiano trovando i giusti antidoti. Torneremo tutti ad abbracciarci e voltandoci indietro sarà un brutto ricordo.
– Per il prossimo futuro ti vedi allenatore?
–Al momento non mi vedo allenatore, magari in futuro. Piuttosto il mio progetto è quello di dar vita ad una scuola di centrali proprio perché non vedo il “nuovo Mastrangelo”. Anche lì però, non c’è l’appoggio della Federazione e resti da solo: diventi un problema quando cominci a fare cose o andare in tv. Questa idea è nata dopo il Mondiale in Italia dopo aver perso contro la Serbia per 3-0 anche se al momento è scemata.
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