Pelle Rossa di Jean-Loup Champion
30 Aprile 2022. All’interno del LAB.oratorio – spazio multidisciplinare della Fondazione Made in Cloister nato dal recupero di un’altra area del Complesso Monumentale di S. Caterina a Formiello, il cui restauro è terminato nel 2020 ed è stato inaugurato nel 2021 con la mostra di Diego Cibelli, FEED me with domestic stuff – viene annunciata l’apertura della mostra “Pelle Rossa” di Jean-Loup Champion.
Nella sala espositiva ci si immerge in un ambiente che parla in maniera aggressiva. Le opere che perimetrano la sala abbandonano la bidimensionalità per farsi esperienza viva, dialogando con le sculture e offrendo un macabro tour-de-force visivo in cui il rosso carminio – in contrapposizione al candore della sala – acceca, si fa violenza. Ma non respinge, anzi attrae tenendosi a distanza.
Le trentasette opere – che si offrono all’occhio come una vera e propria danse macabre – non presentano titoli, fatta eccezione per “Reliquiario”: una scultura in bronzo con ossa animali.
L’operazione di Jean-Loup Champion parla la mortificazione. È una morte che, come diceva Malaparte, «è destinata a risorgere». Infatti la prima donna dell’esposizione – strizzando l’occhio all’olla ovoidale che reca l’iscrizione Corpus Sancti Jannuarii Ben. E.P – mostra come l’identità culturale sopravviva a sé stessa.
Le ossa di Jean-Loup Champion sono la traccia di quel che resta della nostra identità culturale
Le opere-reliquie di Jean-Loup Champion, sono dei resti, delle tracce raccolte tra Ischia, Capri e Napoli. Brandelli di tessuti, pastori presepiali frantumati, che nell’offrirsi come assemblaggi includono all’interno della narrazione anche il racconto della ricerca, intesa forse come deriva tra i meandri della città. I suoi feticci infatti parlano il quotidiano e si condensano in una visione sacralizzante, ieratica.
Cosi come le reliquie – che sono oggetti appartenuti o connessi ad una persona venerata come santa – gli elementi delle opere di Jean-Loup Champion vengono sottratti alla quotidianità, per consacrarsi sull’altare del ricordo di una cultura che risorge di continuo.
«Napoli è una Pompei che non è mai stata sepolta. Non è una città: è un mondo. Il mondo antico, precristiano, rimasto intatto alla superficie del mondo moderno» (C. Malaparte, La pelle, 1949)
In “Pelle rossa” di Jean-Loup Champion riecheggia quel culto della reliquia che si respira entrando in una delle tante chiese barocche che costellano il territorio napoletano. Ricorrere all’ossario, al cimelio in quanto oggetto emblematico e sacralizzante, fa si che l’opera diventi metafora della traccia lasciata da quella che è la nostra identità culturale. È l’opera che in fondo si fa reliquia, raccontandoci la caducità che accomuna noi tutti ma che, attraverso l’arte, può diventare esperienza della vita.