Francois Marius Granet
Francois Marius Granet nacque nel 1775 a Aix, in Provenza. La sua formazione iniziò nella città natale esercitandosi nella copia delle incisioni della raccolta di famiglia. Successivamente l’attività di studio portò Granet a Parigi dove strinse amicizia con Jean Auguste Dominique Ingres e ebbe contatti con Jacques Louis David per cui lavorò. Visse in Italia, prevalentemente a Roma per più di vent’anni potendo affinare anche l’occhio e le tecniche di rappresentazione dei monumenti e dei paesaggi antichi.
Durante la sua carriera artistica Granet è stato anche, per un breve periodo, conservatore del Museo del Louvre, dal 1824, e successivamente direttore del Museo di storia di Versailles, dal 1826. Dopo la rivoluzione del 1848 decise di ritornare a vivere nella città natale di Aix dove morì l’anno seguente.
In eredità alla città lasciò un gran numero delle sue opere oggi custodite nel museo cittadino successivamente intitolato a suo nome.
Il San Sebastiano
Il dipinto conservato nell’Appartamento Storico di Palazzo Reale, per l’esattezza sala VII, è la Morte di San Sebastiano. Si tratta di un’opera a olio di medio formato realizzata da Granet durante il suo periodo romano nel 1814.
Il soggetto del dipinto è San Sebastiano che giace morto coricato su di un fianco rivolto verso la “quarta parete”.
Attorno al morto ci sono tutta una serie di figure pronte a occuparsi di lui: lavarne il corpo, prepararlo per la sepoltura, dargli il giusto commiato.
Il soggetto sottinteso del dipinto, o grande presenza silente passata inosservata sotto l’occhio dell’osservatore è l’architettura dove avviene la scena. Se in altre opere di Granet le architetture sono irradiate dalla luce e danno il meglio di sé con grandi ambienti architettonici al chiuso o aperti verso grandi fonti di luce, in questo caso l’oscurità la fa da padrona.
La scena della ricomposizione della salma avviene in un ambiente sotterraneo, molto probabilmente in maniera nascosta o comunque lontano da occhi indiscreti. Lo spazio della scena è quello di una catacomba o di una necropoli. I pochi punti di luce presenti permettono di mettere in risalto l’aspetto ctonio della scena e allo stesso tempo di ottenere un’importante resa volumetrica in altezza e profondità.
Gioco di luci e di ombre
La fonte di luce primaria è quella sulla destra della scena, in altro rispetto alla donna e la ragazza con le mani giunte, una finestra probabilmente di piccole dimensioni che irradia l’ambiente in primo piano. La scena illuminata dalla finestrella è quella primaria con San Sebastiano e il suo seguito, fino al muro fronte la fonte di luce dove c’è il monogramma di Cristo.
Nell’oscurità relativa si trovano le nicchie del primo ambiente, troppo in alto per essere pienamente illuminate dalla finestra e di cui si intravedono solo i bordi su due livelli fino alla volta a botte. La profondità del dipinto è invece ottenuta tramite una seconda fonte di luce: un’uomo con una fioca fiammella nell’ambiente secondario sullo sfondo.
La percezione degli spazi in questa maniera diviene ancor più profonda ottenendo una scena realmente tridimensionale e non schiacciata in una sola stanza che risulterebbe altrimenti troppo affollata.
Il periodo artistico del neoclassicismo ci ha dato alcuni degli scorsi d’arte maturi, eppure classici e freschi dell’arte. Un’esempio forse poco conosciuto di questo periodo è la pittura di Francois Marius Granet e il suo San Sebastiano dopo il martirio conservato nell’appartamento storico del Palazzo reale di Napoli.