Oggi parliamo di una natura morta particolare, che si discosta da tutte quelle contenute nella galleria di Capodimonte o nelle varie di Palazzo Reale. Mi riferisco alla Testa di Battista di Ribera, conservata nel museo Civico Gaetano Filangieri.
Ribera: un Caravaggio Spagnol(ett)o
Jusepe de Ribera è stato un’importante pittore spagnolo approdato alla corte di Napoli attorno ai primi anni del ‘600. Le fonti al riguardo sono esigue, non conosciamo realmente l’itinerario compiuto dal pittore originario di Xativa, vicino Valencia, per arrivare in Italia. C’è chi ritiene sia entrato in Italia lungo un’itinerario da nord, passando per Genova e poi Roma e Napoli, oppure che sia arrivato via mare a Napoli e che poi da li si sia diretto a Roma, in contatto con i Farnese a Parma e a Milano per poi tornare a Napoli.
In ogni caso è accertata la sua presenza in Italia settentrionale attorno al 1611 quando studia le pitture di Correggio e Parmigianino, e, chissà se prima o dopo, la pittura di Caravaggio. Questi due elementi:
manierismo di Caravaggio e pittura veneta saranno due elementi fondamentali della sua maniera di imporsi nel mondo dell’arte seicentesca.
Ribera è stato un pittore capace, impressionante per i dettagli e la somiglianza al reale delle sue opere, estremamente prolifico diviso tra Napoli e la corte reale, pertanto ci occuperemo strettamente di quella che è stata la sua azione napoletana.
A Napoli, dal 1616, si stabilì nei quartieri spagnoli, a casa di Giovanni Bernardino Azzolino, pittore napoletano della vecchia guardia, di cui sposò poi la figlia Caterina di li a poco. Napoli in quegli anni stava vivendo l’influenza del secondo soggiorno di Caravaggio, artisticamente parlando era un periodo di estremo fervore artistico,
quasi alla stregua di una seconda discesa di Cristo.
Un clima elettrico, stimolante, incoraggiato da artisti come Caracciolo e Sellitto, e da personalità politiche vicine allo stesso Ribera come il III duca di Osuna, vicerè di Napoli.
Ribera venne ampiamente conosciuto, già dagli anni ’20 del ‘600 per le sue influenze caravaggesche. Era capace di sfruttare la visione tragica, reale, di Merisi, ma ne dava una trasposizione autonoma, differente, una bravura alla pari, ma diversa. Dopo il capostipite del manierismo pittorico lo Spagnoletto, così veniva chiamato per la bassa statura, divenne il fulcro di una nuova maniera di far pittura. A questo periodo si colloca ad esempio il Sileno ebbro e le prime commissioni pubbliche di Napoli, il San Girolamo e l’angelo del Giudizio e la Trinitas Terrestris oggi conservati a Capodimonte.
Negli anni ’30 iniziò poi una prolifica collaborazione con il nuovo vicerè di Napoli: Manuele de Acevedo y Zuniga per la chiesa della Trinità delle Monache di Napoli, questa è solo la prima di tante commesse spagnole che negli anni ’30 affollano il tempo di Jusepe Ribera. Negli anni ’40 iniziò un lento declino mentale per il pittore, che a ogni modo continuò a produrre un gran numero di lavori come ad esempio quelli per il Gesù Nuovo e per la cappella del Tesoro di san Gennaro. Dal 1637 lavorò poi alla certosa di San Martino dove dipinse anche qui tantissime tele come il Mosè, San Bruno, San Sebastiano e la Comunione degli apostoli.
Gli ultimi anni sono quelli che vanno dal 1646 al 1652 anno della morte, periodo che si interseca anche con la rivolta di Masaniello a Napoli. Questo è il periodo del lento declino fisico che incombe sull’artista e allo stesso tempo ma anche del compimento maturo della sua tecnica artistica con la Testa del Battista al museo Gaetano Filangieri, il San Girolamo penitente, oggi al Prado, per citarne alcuni, ma anche del momento dell’insegnamento divenendo il mentore di Luca Giordano che, a suo modo, ne sarà un continuatore con uno stile proprio.
Tenebrismo
Quella di Ribera non è stata una rielaborazione, ma potremmo dire una considerazione nuova dei canoni stilistici che erano stati introdotti nell’arte da Caravaggio. Un passaggio di consegne se vogliamo che si sono manifestati poi in quello che è stato definito tenebrismo, cioè dove gli elementi del vero vengono esasperati al massimo, oltre a creare una gestione della luce e dei volumi che solo pochi altri sono riusciti a ottenere. Quella di Ribera è stata una rappresentazione pura della realtà attraverso luce e colori, esasperata e, considerando l’epoca, quasi fotorealista.
Ribera, Battista e la Testa
La Testa di Battista realizzata nel 1646 è un dipinto unico che unisce un genere, quello della pittura morta, con il soggetto religioso e la rappresentazione del vero. Stilisticamente parlando non è un genere nuovo per lo Spagnoletto che già in età giovanile si era confrontato con le nature morte, anche con notevole successo, ma in questo caso
il soggetto religioso è preponderante, portando in dote anche il realismo affinato dallo stile maturo dell’uomo ormai sessantenne.
Le luci sono quelle “da tenebra” a cui ci ha abituato Caravaggio, il capo del Giovanni Battista è nel vassoio, un capo bianco, esangue, con un’espressione, nonostante tutto, serena. Il viso di un’uomo giovane e barbuto. Potrebbe trattarsi del momento subito dopo l’esecuzione del giovane, accanto al vassoio vi sono una croce di legno, pura e semplice, ma anche una grande lama coperta da un cencio bianco intriso di sangue, utile forse a pulirla.
Ci troviamo innanzi a un prodotto artistico compiuto, segno della maturità dell’artista.