Nel film di formazione La Paranza dei Bambini (2019) diretto da Giovannesi, Tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, vi è la ferma volontà di raccontare il dramma della perdita dell’innocenza e della speranza di chi è nutrito dalla cultura della violenza.
Giovannesi e Saviano obbligano lo spettatore ad interrogarsi su queste giovani vite che si perdono. Aiutano a domandarsi perché esistono spaccati sociali di vittime innocenti che si trasformano in criminali. Un problema, questo, che riguarda non solo la provincia napoletana e il sud Italia, ma periferie geografiche e culturali nelle metropoli di tutto il mondo.
Paranza: Nel gergo della camorra napoletana, gruppo o sezione di camorristi
ma la paranza, in napoletano, è anche una piccola imbarcazione da pesca che tira le reti nei fondali bassi, dove si pescano soprattutto piccoli pesci.
Nel suo duplice senso, La pellicola narra il mondo di giovanissimi, di bambini, di piccoli pesci che nuotano nel grande Sistema tra stese e spaccio. Talmente piccoli e insignificanti da poter essere fritti e consumati senza pensarci tanto. Le paranze di ragazzini esistono sin dagli anni ’60-’70, come mostra anche il film documentario Camorra (2018) di Francesco Patierno.
Cominciano da piccoli ad arrangiarsi con rapine e spacci adattandosi ad una vita breve e miserabile.
L’altra faccia di Napoli: una gioventù rubata
Il film è ambientato nel centro storico di Napoli mostrando allo spettatore tutte le sue facce e le sue contraddizioni, ponendosi come una visione del mondo attraverso la stessa città.
C’è un vuoto di potere e i sei sedicenni del rione sanità capeggiati da Nicola (Francesco Di Napoli) lo vogliono riempire. Vogliono soldi, motorini, abiti firmati, e l’unico modo che conoscono per ottenerli, è la forza: prendere la pistola e sparare.
Non c’è speranza per questi bambini che giocano a fare “i grandi”. La loro storia inizia proprio come un gioco: rubare l’albero di Natale nella Galleria Umberto I per far vedere chi è il più forte per poi finire a giocare con pistole che li porteranno a compiere atti irreversibili.
Il gioco si trasforma in guerra e tutto cambia. L’infanzia viene strappata e la gioventù rubata a questi bambini che, per sopravvivere, fanno del male pensando di far bene, perdendo così la loro innocenza consapevoli che moriranno troppo presto.
Abbandonati dalle istituzioni, si sentono apprezzati solo dalla camorra che li usa e li sfrutta rubando loro la vita. Come fosse una scuola, ‘O Sistema gli insegna come percorrere la strada del “successo” con la delinquenza. Insegna loro la cultura della violenza.
La Paranza dei Bambini diventa film simbolo di un disagio sofferto e diffuso, non solo nella Napoli dei vicoli stretti e dei panni spasi, ma in tutti i luoghi lasciati ai margini della società, in tutti i luoghi in cui per soddisfare la “fame” non resta che darsi alla malavita.
Palloncini, merendine e prima amori
I sei ragazzini sono cresciuti in famiglie che vivono vite ai margini nel tessuto più umile della città. Tra estorsioni e sparatorie, vivendo alla giornata, emulano, con una certa ingenuità, i criminali adulti che rispettano e ammirano perché hanno soldi, droga, femmine e il potere di fare quello che vogliono.
Scene di dichiarazioni d’amore tra mille palloncini rossi, litigi per l’ultima merendina e la voglia di far star bene ‘a mammà miste a scene di esperienze fatte troppo presto rispetto alla loro età, fanno comprendere allo spettatore che a questi ragazzini bisogna dare un’alternativa tra la prigione e la morte, perché in fondo sono ancora bambini.
Bisogna dar loro una speranza, come quella che si costruisce e su cui fantastica Nicola con la sua amata Letizia (Viviana Aprea). Bisogna fare un viaggio lontano dal sangue e dagli spari. Si deve scappare a Gallipoli per ballare, per prendere il sole, per fare il bagno a mare e dimenticare solo un attimo la paranza degl’ultimi e tornare semplicemente bambini, fino a quando la matrigna realtà non li riporta a Napoli e ad una tragica conclusione.
Dopo la visione di questo film, allo spettatore non resta altro che chiedersi, con profondo senso di amarezza, “perché i bambini fanno queste scelte?” conoscendo già la triste risposta: sono disposti a vivere poco per ottenere molto.