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venerdì, Giugno 9, 2023

Aniello Falcone, arte e misteri nella Napoli Barocca

Il XVIIº secolo a Napoli fu un periodo storico straordinariamente complesso. Sotto la dominazione spagnola il vicereame visse un assoluto splendore culturale: il ‘Seicento viene definito dalla storiografia ufficiale anche come “secolo d’oro dell’arte Barocca napoletana“. Ma fu anche il secolo delle tre grandi sciagure che si abbatterono sulla capitale: l’eruzione violentissima del Vesuvio nel 1631, La rivoluzione di Masaniello nel 1647, e la peste del 1656.

Alle figure celebri di artisti come  Ribera, Luca Giordano e Mattia Preti (solo per citarne alcuni) si affiancano maestri di minore fama. Tali artisti seppero però fotografare al meglio lo spirito dei tempi. Figli della città non si rintanarono nei loro atelier ma vissero “con il popolo tra il popolo” condividendone le sorti. Nella Napoli del Seicento, tra rivoluzioni e cataclismi, spicca la personalità di Aniello Falcone, fondatore della “Compagnia della Morte”.

Aniello Falcone e la sua pittura

Uno di questi fu certamente Aniello Falcone, specialista delle scene di battaglia pittoriche ma anche abile spadaccino nella vita quotidiana. Lo storiografo settecentesco Bernardo De Dominici nella sua opera ” Vite de pittori, scultori ed architetti napoletani” ce ne restituisce il ritratto sia fisico che caratteriale: “alto e robusto, dalla chioma folta e dal carattere irruento, non usciva mai di casa senza armarsi di spada e pugnale”. Aniello nasce a Napoli nel 1600, il padre è un mercante che ha bottega a Piazza della Selleria (attuale Piazza Nicola Amore). Versato nell’arte del disegno compie il suo apprendistato nella bottega del già famoso e rinomato pittore spagnolo José de Ribera. Le prime opere pubbliche a lui ascrivibili, secondo il De Dominici, sarebbero i medaglioni dipinti nella sagrestia del Gesù Nuovo.

La svolta nella carriera artistica

Grazie al discreto successo ottenuto nel 1627 apre una sua bottega in uno dei vicoli nei pressi della chiesa di Santa Maria alla Carità. Lì inizia a esporre le sue tele raffigurati tumultuose battaglie, ispirate dalla “Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso. Il ricco mercante d’arte fiammingo Gaspar Romer, innamoratosi di questi lavori, non solo glieli compra tutti ma gliene commissiona degli altri. Aniello assume come apprendisti Salvator Rosa e Micco Spadaro, entrambi artisti ricchi di talento ed entrambe attaccabrighe.

Viva ‘o Re ‘e Spagna, mora ‘o malgoverno

Sono gli anni drammatici dell’amministrazione Vicereale . Il popolo è esasperato dalle gabelle e dai balzelli raddoppiati per finanziare la guerra spagnola contro le Fiandre e per la militarizzazione forzata subita dai napoletani. Le truppe acquartierate tra il forte di Sant’Elmo e la pianura del “Mercatello” sono pronte a reprimere ogni possibile protesta.

La “Compagnia della Morte” per la vendetta

In questo clima esplosivo un tragico avvenimento cambierà per sempre la vita di Aniello Falcone. Un suo amico viene ucciso a bastonate da due soldati spagnoli sotto ai suoi occhi. Aniello reagisce aggredendo gli assassini. Altri militari però intervengono nello scontro, infierendo violentemente contro il solo Falcone e lo lasciano a terra credendolo morto. Rimessosi dal pestaggio giura vendetta ai soldati spagnoli.

Insieme ai suoi apprendisti Salvator Rosa e Micco Spadaro fonda “la Compagnia della Morte” con lo scopo di vendicare l’onore ferito dei napoletani dalla tracotante soldataglia. Quasi ogni notte battevano i vicoli dei quartieri, vestiti di nero e armati di tutto punto, in cerca di spagnoli da ammazzare. Queste azioni di guerriglia, ben viste dalla popolazione, ebbero due vantaggi. Attirare adepti alla setta e dare lo spunto alle insurrezioni contro il malgoverno del viceré Rodrigo Ponche de Lèon. Lo stesso Masaniello, Capopolo della Rivolta del 1647, in gioventù partecipò alle azioni punitive della Compagnia della Morte.

Crociati sotto le mura di Gerusalemme Aniello Falcone 1635

Il successo e la fuga

Tornando alla vicenda artistica di Falcone, negli anni 40 del Seicento il suo linguaggio pittorico si evolve, mitigando la lezione caravaggesca con il classicismo di Guido Reni e Nicolas Poussin. La sua strabiliante fama di pittore di battaglie arrivò fino a Parigi tanto che il re di Francia Luigi XIV, mandò suoi emissari a Napoli per acquistare diverse tele che serviranno poi per adornare gli splendidi saloni della reggia di Versailles. Sempre secondo il De Dominici Falcone partecipò attivamente alla fallita rivolta del 1647 e dovette scappare in Francia per non subire l’ira del viceré. La vicenda umana di questo maestro del Barocco napoletano si conclude con la morte per peste nel 1656 e la fossa comune.

La valenza storica delle fonti

La storiografia contemporanea, soprattutto dopo gli studi effettuati dal filosofo Benedetto Croce sull’attendibilità dei racconti del De Dominici, tende a smentire o quanto meno diminuire la veridicità di tali accadimenti. Tuttavia, alla luce dei ritrovati atti giudiziari a carico di alcuni partecipanti della Compagnia della Morte, delle numerose testimonianze dei vari contemporanei (gli unici ritratti di Masaniello esistenti hanno la firma di Falcone e di Micco Spadaro), non sembra più tanto irreale la realtà effettiva di questa Confraternita di giustizieri.

Antonio Nacarlo
Antonio Nacarlo
Antonio Nacarlo, nato a Napoli nel 1977, diploma d'arte applicata in grafica pubblicitaria e fotografia, diploma in Scenografia e Scenotecnica, Scuola libera del nudo Accademia di belle Arti. Premio alla carriera Associazione Italiana maestri d'arte, premio Città di Bruges, primo premio Città di Budapest, primo Premio Salvador Allende per la grafica. Pubblicazioni : annuario artistico italiano 2016, gazzettino del meridione novembre 2018, Art Now Numero di Novembre 2020, Associazione artartis 2021 catalogo mostra .

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