Quando ho letto per la prima volta la Leggenda del “Diavolo di Mergellina”, ancor più del famoso proverbio di cui parleremo in seguito, mi riecheggiava nella mente il testo della celebre canzone napoletana “Malafemmena”, scritta da Totò nel 1951, che descrive l’amore tormentato per una una donna bella e crudele, dissoluta ed egoista. È ancora un mistero a chi fosse dedicata; secondo l’opinione di molti queste parole struggenti furono dedicate a sua moglie Diana Bandini Lucchesini Rogliani, che dopo la separazione sposò un altro uomo, venendo meno al patto originario che vietava alla donna di lasciare la loro casa prima che la figlia diventasse maggiorenne.
Malafemmena, ovvero il Diavolo di Mergellina
Ma quale fu la “Malafemmena”che ispirò la famosa tavola dipinta da Leonardo Grazia di Pistoia e conservata nella Chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, che prende il nome di “San Michele scaccia il demonio”, ma conosciuta ai più come “Il Diavolo di Mergellina”? Ecco un altro mistero..ma si sa, Napoli ne è piena..
Sotto il quadro compare la celebre frase “Fecit Victoriam Alleluia, 1542, Carafa”. Benedetto Croce nel suo celebre volume “Storie e Leggende Napoletane”, ci descrive il “bel volto di giovane donna, dai biondi capelli e dai dolci occhi” rappresentata come una creatura spaventosa nonostante l‟espressione serena e calma -metà donna, metà drago-, essa viene trafitta dalla lancia, ma sembra quasi non voler “scomporre la propria attraente vaghezza”.
La teoria di Matilde Serao
La leggenda vuole che una nobildonna napoletana, Vittoria d’Avalois, si fosse perdutamente innamorata di Diomede Carafa, vescovo di Ariano Irpino e sottoponesse a dura prova la sua virtù.
Il Vescovo, superata la prova, affidò l’opera con la precisa volontà di rappresentare la Vittoria del Bene sul Male. Il San Michele aveva il volto di Diomede Carafa e il diavolo le sembianze di Vittoria, donna tentatrice, nonostante le fattezze angeliche.
Anche Matilde Serao, nelle sue “Leggende Napoletane” ce la descrive come una donna avvenente, dai “capelli biondi – fulvi” e gli “occhi glauchi, cristallini”, labbra “carnose”, il collo “superbo”; ma, a differenza di Benedetto Croce, ci parla di un’ “altra donna”, tale Madonna Isabella.
Era costei una nobildonna misteriosa; grande adulatrice si dilettava attirando nella sua rete i suoi numerosi amanti, per poi lasciarli nel più profondo sconforto.
Ancora oggi questo dipinto, a metà tra sacro e profano, suscita in noi napoletani e non solo un fascino indescrivibile. Il viso della donna, il mistero che c’è dietro questa tela rimanda al famoso proverbio napoletano : “Si’ bella e ‘nfama comme o’ riavulo ‘e Margellina», utilizzato ancora oggi dagli uomini per descrivere una donna “pericolosa” che utilizza la propria bellezza per ammaliare: “Però ′sta faccia d’angelo, Te serve pe’ ′nganná!- ma senza cuore né anima; appunto “Mala”- intesa, in senso spregiativo, come “Disonesta”-femmena”.
Dov’è conservato il dipinto?
Il celebre dipinto è conservato nella Chiesa di Santa Maria del Parto, in via Mergellina, 9/B 80122 Napoli, conosciuta anche come “Salita Santa Maria del Parto”. La Chiesa domina la collina di Mergellina e la sua posizione magica, a ridosso del golfo di Napoli, suscita meraviglia nei visitatori e nei fedeli.
Al suo interno giace anche il sepolcro del Sannazzaro, per sancire il legame di amicizia tra il poeta e Federico I, re di Napoli, che proprio a lui affidò, il 12 giugno del 1499, la “masseria o villa”, in segno di gratitudine.
Ma di questo parleremo nel prossimo articolo..
Complimenti una esposizione chiara e fluida. Si legge e apprende piacevolmente
Grazie mille Maria
È Fantastico ripercorrere con l’arte la storia della nostra cultura! Bravissima
Grazie Antonio!