
Graffe Napoletane
Le graffe napoletane fritte. La moka borbotta sul fuoco, la casa sa di mattino, i volti sono ancora stropicciati dai sogni di pochi minuti prima, il primo sole accende la guancia di questa parte di mondo.
Rientrando in cucina è chiaro che la tribù sia in attesa di qualcosa di davvero speciale per una colazione nella casa a pochi metri dal mare.
Questa mattina per Bello Fresco vi serviamo calda calda una golosità che, se siete o passate per la zona non può esservi sfuggita: le graffe napoletane!
Le graffe napoletane
Le vedete dalle vetrine delle pasticcerie, delle caffetterie più rifornite, col loro aspetto dorato, tondo e gonfio di bontà, la forma a ciambella o con le “orecchie di coniglio”, spolverizzate di zucchero. Se poi il locale da cui vedete cotanta bellezza ha le porte aperte, siete fregati: Il loro profumo è irresistibile e non riuscirete facilmente a non cedere a questo dolce peccato di gola.

Soffici. Dorate. Profumate. Dolci quanto basta. Con lo zucchero che prima scrocchia e poi si scioglie in bocca. Sul loro nome si dice che sia una derivazione dalla parola “Krapfen”, (sembra concordare anche l’accademia della crusca ) importata nel XVIII secolo durante la dominazione austriaca, ma non fatevi ingannare: l’assonanza è solo linguistica perché la ricetta si discosta da quella del dolce tedesco.
Sulle sue origini ruotano come satelliti diverse leggende.
Le origini e le leggende
Le più discusse sono due: la prima vede una cuoca di nome Cecilia Krapf spazientirsi nei confronti della sua apprendista e lanciarle una porzione di impasto; l’apprendista schiva il colpo e l’impasto finisce in un pentolone in cui stava friggendo del grasso bollente.
La seconda versione pare arrivi da Berlino dove, nel 1750, un pasticcere doveva essere arruolato come cannoniere nell’esercito prussiano. Dichiarato non idoneo, gli fu concesso di prestare servizio come panificatore da campo. La gioia per aver ottenuto questo ruolo nell’esercito di Federico il Grande fece guizzare la fantasia del panettiere che creò delle piccole “palle di cannone” di pasta e le fece friggere nel grasso bollente che stava in pentola.
Se all’inizio della loro diffusione la tradizione vedeva le graffe napoletane sfornate a Carnevale e a San Giuseppe, per fortuna ora possiamo godere di questa prelibatezza in ogni periodo dell’anno.
Gli ingredienti per preparare anche in casa le graffe sono pochi e di certo già li avete nella vostra cucina:
Farina, latte, patate, uova, zucchero, burro, lievito.
Abbiamo selezionato per voi due ricette che ci hanno convinto particolarmente se volete cimentarvi con le mani in pasta.

Se invece siete in giro a Napoli vi segnaliamo quelle di Gambrinus Caffetteria pasticceria iconica, contemporanea ma con a cuore la tradizione e l’amore per le cose fatte bene.
Noi ci siamo portati a casa, per questa colazione vacanziera, quattro sofficissime graffe di “Caffetteria La Piazzetta” di Marina di Casalvelino, in provincia di Salerno, per assicurarci un prodotto artigianale fatto a regola d’arte.

Mentre ci raccontiamo tutto questo, addentiamo le nostre graffe e ci lasciamo inebriare e coccolare da questo sapore tradizionale, dalla storia misteriosa e lontana ma che ancora oggi è simbolo di napoletanità in tutta Italia.
Potrebbe interessarti: Il cuoppo: una prelibatezza fritta partenopea