Gli ebrei, dall’alba dei tempi, non hanno avuto una vita facile. Hanno conosciuto pochissime stagioni riformiste e liberiste, essendo stati soggetti a lunghi periodi di repressione, oppressione, intransigenza ed intolleranza, culminati con l’Olocausto e la Shoah. Nella città napoletana, purtroppo, le cose non sono andate tanto diversamente.
Gli ebrei a Napoli prima dell’Olocausto
Durante il primo periodo angioino, gli ebrei napoletani sono già vittime di persecuzioni e conversioni forzate. Nell’età aragonese sembrano conoscere un periodo di stabilità, che viene poi bruscamente interrotto dalla dominazione spagnola. Durante il trentennio austriaco, la repressione sfocia nella “scomparsa” delle comunità ebraiche, a Napoli e nell’intero Meridione. Carlo di Borbone attuerà una linea meno intransigente: fino al 1740 compie infatti una graduale riammissione degli ebrei. Le pressioni ecclesiastiche, comunque, stroncano questo tentativo sette anni più tardi. Gli ebrei napoletani attenderanno poi l’Unità d’Italia per costituirsi nella Comunità Israelitica di Napoli.
Alcuni ebrei giunti da Roma, Toscana, Piemonte, ma anche dall’estero, nell’800 permettono la rinascita della comunità ebraica. Queste famiglie, tendenzialmente tedesche, inglesi e polacche, si stabiliscono nella città partenopea con l’intento di dare maggiore stabilità alle loro attività, artigianali ed imprenditoriali. Tra ‘800 e ‘900, ricordiamo importanti produttori vinicoli ed aziende nel settore tessile, tra cui la famiglia Ascarelli. A quest’ultima, tra l’altro, appartiene il fondatore dell’Associazione Sportiva Calcio Napoli, Giorgio Ascarelli. Nei primi decenni nel Novecento, molti ebrei si distinguono come docenti universitari e medici. L’istituzione delle Leggi Razziali nel 1938, però, stronca il periodo di ascendenza ebraica.
Dalle leggi razziali alla Shoah
Oltre alle leggi razziali di stampo hitleriano, viene imposto l’obbligo per gli stranieri giunti in Italia dopo il 1918 di lasciare la Nazione. Questi provvedimenti riducono sensibilmente la popolazione: restare diventava impossibile. Le leggi proibiscono di rivestire cariche pubbliche, accedere a determinati posti di lavoro, esercitare la libera professione e la docenza. Vietati anche i matrimoni misti ed imposte ulteriori limitazioni alla capacità giuridica. Nel Settembre-Ottobre 1943, anche grazie all’insurrezione nelle Quattro Giornate, la città non è toccata dalle deportazioni razziste. Ciononostante, quattordici napoletani vengono catturati altrove e deportati nei campi di concentramento, come i membri della famiglia Procaccia, arrestati a Cesena di Lucca. Ricordiamo i piccoli Paolo Procaccia e Luciana Pacifici, nati nel ’43 e morti in viaggio verso Auschwitz l’anno dopo.
Cultura cinematografica e Shoah: Pasqualino Settebellezze
In occasione della Giornata della Memoria vi proponiamo la visione di “Pasqualino Settebellezze“. Narra la storia di un guappo napoletano che si scontrerà con gli orrori del secondo conflitto mondiale. Dopo avere affrontato inutilmente l’uomo che ha ingannato sua sorella Concetta, Pasquale lo uccide in un secondo scontro. Scoperto, processato e condannato al manicomio criminale per 12 anni, esce da Aversa come volontario per la Seconda Guerra Mondiale. Fuggito dalla Russia, finisce in un lager assieme all’amico Francesco, conosce l’anarchico spagnolo Pedro e assiste alle brutture naziste. Per salvarsi, finge ardente amore per la Hilde, la kapò del campo, e si guadagna la posizione di Kapò. Per sopravvivere, però, è costretto a uccidere il suo amico Francesco. Liberato dagli Alleati, torna finalmente a Napoli, dove gli attenderà una sorpresa… starà a voi vedere quale!
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