Il processo di secolarizzazione che investe le diverse professioni di fede, in Europa, ha da alcuni anni sancito la fine dell’egemonia Cristiana in favore del fervido e pragmatico ateismo. Circoscrivendo la nostra riflessione alla geografia Europea, ed ancora più precisamente, ponendo in antitesi il Settentrione con il Meridione del nostro Paese, notiamo come ancora tutt’oggi in quest’ultimo, le varie espressioni e forme della religiosità popolare garantiscono l’insegnamento e l’affezione di un popolo verso una figura, un’idea, un messaggio religioso ma anche no.
La religiosità popolare è un qualcosa di ancestrale, un ripensamento/rimodellamento spesso di riti già pagani. La religiosità popolare è: società, evoluzione, convivialità, ritualità, tradizione, mistero della fede, costante che non ha né tempo né spazio. Aspetti che trovano nel Sud d’Italia, nel nostro caso, ma in tutti i Sud del Mondo, terreno fertile per il loro perpetrarsi. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, riferendosi alla religiosità popolare la definiva “una fede radicata profondamente in una cultura precisa, immersa sin nelle fibre del cuore e nelle idee, e soprattutto condivisa largamente da un popolo intero, che è allora popolo di Dio”.
Il culto dell’Immacolata Concezione: la religiosità popolare
Celebrato dalla Chiesa cristiana cattolica l’8 dicembre di ogni anno, il culto dell’Immacolata Concezione (ovvero senza macchia, senza difetto) è la credenza secondo la quale, la Madonna sia stata concepita essa stessa, secondo la tradizione dai suoi genitori Anna e Gioacchino, senza il peccato originale di cui si erano macchiati Adamo ed Eva e che di lì in poi avrebbe segnato tutto il genere umano.
Le prime forme del culto si presentano in Oriente tra il VI e IX secolo. In Occidente arriverà solamente intorno al secolo XI secolo, ma con non poche riserve. Il perché di tanta resistenza nella Chiesa, che vede dividersi nel corso dei secoli tra macolisti ed immacolisti, rispettivamente coloro che le riconoscevano in un primo momento la presenza del peccato originale e coloro che invece sostenevano la Sua innata incorruttibilità, non riguarda certo la santità di Maria, ma la salvaguardia della dottrina della Redenzione universale di Cristo.
Se, infatti, si ammettesse il concepimento immacolato di Maria, affermavano alcuni teologi, Ella non avrebbe avuto bisogno della Redenzione, pertanto la Redenzione di Gesù non sarebbe più universalmente estesa a tutte le creature umane. Nel corso dei secoli furono diverse le lotte teologiche. Papa Sisto IV con le bolle Cum Praeexcelsa e Grave Nimis proibì a macolisti e immacolisti di accusarsi vicendevolmente di eresia. Fu solamente nel 1854 che dopo un periodo di rifugio a Napoli, papa Pio IX colpito ed affascinato dal sensus fidei (una sorta di istinto naturale che permette al credente di vivere genuinamente la fede in conformità della Parola) del popolo partenopeo, decretò ufficialmente il dogma con la bolla papale Ineffabilis Deus.
L’evoluzione dell’iconografia
L’evoluzione iconografica, incamera, traduce e restituisce spesso ciò che le parole non sono in grado di rendere. L’iconografica dell’Immacolata Concezione è particolarmente mutevole nel corso dei secoli ed interessa la pittura, la scultura ed anche la tappezzeria. La Madonna è spesso rappresentata come la nuova Eva, sempre giovane e bella, incorruttibile. È colei che in un gioco di ruoli contrapposti viene a liberarci da quello che è il peccato originale, riconosciuto nell’arroganza dell’uomo che crede di potersi salvare da solo.
Un primo tentativo iconografico fu in chiave simbolica, mediante la rappresentazione dell’Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta d’Oro di Gerusalemme, sulla base di narrazioni popolari tratte soprattutto dai vangeli apocrifi. Celebre è la raffigurazione che ne fa Giotto nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi. Nel Tardo Medioevo si diffonde, invece, la rappresentazione dell’Anna-in-tre, cioè Anna, Maria e il Bambino unite in un’unica immagine stando a richiamare il concepimento straordinario della vergine cosi come quello di Gesù. Celebre è l’opera conosciuta come Sant’Anna Metterza di Masaccio e Masolino. Un’altra via fu la rappresentazione dell’Hortusconclusus: in un giardino recintato Maria è circondata da alcuni appellativi mariani tratti dalla Bibbia come la fontana, giglio tra i cardi, sole, luna. Ma l’iconografia che farà particolarmente fortuna e che arriverà fino ai nostri giorni è quella spagnola che trova ispirazione diretta dall’Apocalisse di San Giovanni Evangelista “una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”.
Culto e tradizione a Napoli e dintorni
La ricorrenza dell’Immacolata Concezione ha ancora oggi una forte valenza per il popolo Campano. Affezione che si palesa con gesti che racchiudono in sé una radicata ritualità. Riti e tradizioni che si fondono tra fede, arte e gastronomia. A Napoli dove il culto è sempre molto vivo, ogni anno l’8 di dicembre ha luogo l’omaggio floreale alla statua dell’Immacolata posta in cima alla guglia in Piazza del Gesù Nuovo, alla presenza delle autorità civili e religiose. Di certa notorietà è la tradizione a Castellammare di Stabia conosciuta come la voce di “Fratiélle e surèlle”. Nei dodici giorni precedenti la festa, un grido tra i vicoli della città invita i fedeli alla preghiera del rosario.
Viene gridato a squarciagola “Fratiélle e surèlle, jamma a dicere ‘o rosario a Maronna! Ogge è ‘a primma stella d’o nomme bello r’a Maronna!” e così si gridano e cantano le dodici stelle, fino alla mattina della festa dove si annuncia “ogge è o nomme bello r’a Maronna!”. Ed i famosi “fuocaracchi”, grandi fuochi che la sera della vigilia illuminano e riscaldano i diversi quartieri della città in trepida attesa dell’alba. Ruolo di rilievo nella tradizione è ricoperto dal roccocò, dolce simbolo che accompagna a tavola i napoletani dal giorno dell’Immacolata a quello dell’Epifania.
Autore: Bartolomeo Parlato