Elena Sofia Ricci torna al Teatro Diana, con un testo di Tennessee Williams diretto da Pier Luigi Pizzi, nei panni di una diva del cinema sul viale del tramonto.
Meravigliosa ed elegante è riuscita a dar corpo e voce al personaggio di Alexandra del Lago, attrice non più giovanissima alcolizzata e depressa. Una donna sull’orlo del baratro, in fuga da quello che crede essere il grande insuccesso del suo ultimo film, decide di rifugiarsi tra le braccia del bel gigolò Chance Wayne (Gabriele Anagni) per cercare di non sentirsi più sola.
La solitudine, l’abitudine e il bisogno di sentirsi giovani sono alcuni dei temi portanti della pièce di Williams scritta nel 1952. Già dal titolo, La dolce ala della giovinezza, fa comprendere come il personaggio della Ricci sia sull’orlo del baratro, al limite del delirio a causa di una giovinezza che sta maturando troppo in fretta e di un corpo segnato dal tempo che passa.
Ma si può sfuggire alla solitudine? Si può sfuggire al tempo che passa?
Alexandra è donna consapevole di sé richiamando alla mente la Blanche di un’altra pièce di Tennessee, Un Tram che si chiama desiderio, ed è anche consapevole che, purtroppo, dal primo piano della macchina da presa non si può sfuggire. Il tempo passa e lei, circondata da fan e ammiratori, si rende conto di essere sola e che quella lente d’ingrandimento, una volta amica, adesso è lì pronta ad ingrandire e giudicare ogni ruga ed ogni smorfia sul suo volto stanco.
Donne sul viale del tramonto
Alexandra, come molti personaggi di Williams, ha fatto almeno un giro all’inferno e poi ha cercato di uscirne o con la fuga o con la follia. E la solitudine e la consapevolezza di essere stata una star del cinema avanti negli anni e che non avrà più quei ruoli ottenuti quando era giovane (Elena Sofia Ricci)
Alexandra tenta di fermare, o per meglio dire, rallentare il tempo provando a dimenticare il passato e gettando il suo corpo nelle braccia del giovane e bello Chance, il quale purtroppo sarà solo capace di usarla.
Smarrita e delirante, comunica con il suo corpo e la sua voce persa tutto il dramma che si porta dentro. Bisognevole di costanti attenzioni e di avere un finto controllo su ciò e chi la circonda, ricorda dalle movenze e dalla gesture delle mani, la meravigliosa Gloria Swanson che interpretò il personaggio di Norma Desmond in Sunset Boulevard, tradotto in italiano Viale del tramonto (1950, B. Wilder). Norma come Alexandra, si aggrappa con tutta le sue forze, fino alla follia, ad un giovane e affascinante uomo, nella speranza di fermare il tempo e rivedere sotto quel volto agé la giovinezza perduta.
Il tema della giovinezza che inevitabilmente sfiorisce, che svanisce troppo in fretta portandosi via sogni e speranze, sembra essere il vero protagonista del dramma in scena. Una verità amara, scomoda e cruda, con la quale ogni corpo fatto di carne, sangue e ossa è costretto, prima o poi, a fare i conti.
Uomini e mascolinità in crisi
In scena vediamo muoversi personaggi fragili, che portano dentro sé le miserie di una società ipocrita, superficiale e violenta che si nutre di vizi e velleità sorseggiando drink e ascoltando musica jazz in un’atmosfera decadente. Anime perse nelle loro miserie terrene, ingabbiate nell’inferno di camere d’hotel rosse in cui regnano droghe e passioni senza amore.
Chance Wayne in questo triste panorama diventa simbolo del fallimento della società non solo americana, fallito egli stesso e incapace di affermare la propria mascolinità messa al servizio di donne ricche e sole per tentare di avere un po’ di successo. Un uomo oggetto, triste involucro vuoto che viene a sua volta sfruttato. Un copro che egli stesso ha privato dell’anima distruggendo ogni legame, ogni rapporto umano solo per il bisogno di una fama che non arriverà mai. Uomo superficiale e vuoto che causa solo dolori e dispiaceri all’unica persona che ama Heavenly interpretata da una bellissima e struggente Valentina Martone.
Il Maestro Pizzi riesce, con questa pièce, a creare un dramma universale fatto di uomini e donne alla deriva, carnefici e vittime di se stesse.