A Napoli la cultura del mare è stata da sempre molto forte e sentita. Una città il cui sviluppo è stato legato al suo affaccio marittimo e che da questo elemento ha raccolto molte delle sue peculiarità.
Sono state molte le scoperte e le novità nate proprio nel golfo partenopeo. Ricordiamo, ad esempio, che a Napoli nasce il concetto di crociera, grazie al primo piroscafo nel 1833, che prendeva il nome del regnante borbonico Francesco I e che fu il primo ad attraversare l’Oceano Atlantico per arrivare in America.
Nel vasto panorama delle meraviglie nate sotto il Regno delle Due Sicilie, oggi ci occuperemo in particolare del primo codice marittimo scritto dal genio procidano, Michele de Jorio.
Michele de Jorio, il genio del mare
Avvocato e magistrato del Regno, Michele de Jorio, nacque a Procida nel 1738. Intorno all’ultimo trentennio del Settecento, pubblicò un testo sulla storia del commercio marittimo che gli valse l’attenzione del re Ferdinando e del suo Primo Ministro John Acton.
Il sovrano aveva in mente di continuare il progetto di Carlo III e di costituire un codice che regolasse il commercio e la navigazione. Per capire di quale portata poteva essere la necessità di un codice marittimo, basti pensare che la flotta borbonica costituiva i quattro quinti delle navi italiane. Il Regno di Napoli era la quarta potenza marittima al mondo e aveva stipulato già numerosi trattati commerciali con molte potenze europee. Una realtà così vasta non poteva non contare su un codice che organizzasse il mondo marittimo.
Il codice inutilizzato
L’opera di De Jorio – anche detta Codice Ferdinandeo – è senza dubbio un grande capolavoro. Diviso in quattro tomi, il Codice Marittimo del 1781 si pone sulla scena della giurisprudenza come un unicum sia per la complessità del pensiero, sia per la novità della trattazione. Ancora oggi, infatti, resta un’opera di vitale importanza per chiunque voglia affrontare studi di diritto marittimo.
Nonostante le buone premesse, purtroppo il codice rimase inattuato perché di lì a poco il Regno fu coinvolto dagli stravolgimenti politici che portarono all’insediamento dei Napoleonidi a fine Settecento.
Proprio sotto il governo di Napoleone, De Jorio fu derubato delle sue idee e del suo duro lavoro. Domenico Alberto Azuni, incaricato dalle forze francesi, costituì un codice marittimo attingendo completamente all’opera dell’avvocato procidano. A sostegno di questa tesi ci vengono in soccorso alcune testimonianze coeve. Come ad esempio il napoletano Bartolomeo Pagano che definì il Codice Azuni “uno sfacciato plagio del Codice Ferdinandeo”.
Il codice corallino
Il magistrato De Jorio si occupò anche di un’altra opera di uguale importanza nel campo marittimo: il Codice Corallino. Si trattava del primo codice di regolamentazione della pesca e del commercio del corallo. In seguito alla nascita di questo codice nacque la Compagnia del Corallo, grazie alla quale si riuscì ad eliminare gran parte dello strozzinaggio che pesava sul credito concesso agli operatori del settore e si permise il progresso dell’industria.
È incredibile pensare a quanto il primo Codice Marittimo sia riuscito a cambiare la storia del diritto internazionale, pur non essendo mai formalmente applicato. Questa importante pagina di storia meridionale ci insegna, ancora una volta, quanto erano ineccepibili gli studi nel Regno delle Due Sicilie e quante menti eccelse hanno formato.