La divisione delle SS naziste Ahenerbe, alla ricerca di importanti reliquie nella Basilica del Carmine di Napoli come la statua di Corradino.
Nel Settembre 1943, nei giorni che seguirono un Agosto caldissimo fatto di oltre cento raid aerei sulla città di Napoli. Gran parte della linea costiera è stata rasa al suolo: o dalle bombe alleate o dalle mine tedesche. Ovunque ci sono persone che si aggirano tra le macerie delle loro abitazioni crollate in cerca di effetti personali o dei corpi delle persone care disperse nei crolli.
Il pane e l’acqua sono razionati. Il colonnello nazista Walter Scholl, assunto il comando delle truppe occupanti la città, proclama il coprifuoco e dichiara lo stato d’assedio con l’ordine di “passare per le armi chiunque si fosse reso responsabile di azioni ostili contro la Wermacht“. Intanto le forze alleate sono ferme a Salerno e la resistenza cittadina si organizza per l’insurrezione.
In questo clima misto tra disperazione e tensione arriva a Napoli un gruppo di SS della famigerata divisione Ahenerbe (letteralmente “eredità ancestrale“, gruppo militare d’élite fondata da Himmler nel 1935 con lo scopo di rintracciare manufatti, reperire documenti e tradizioni che confermassero la “superiorità della razza Ariana“), con ordini di Hitler in persona: “dare la massima disponibilità di uomini e mezzi per individuare, recuperare e trasferire importanti reliquie, fondamentali per lo sforzo bellico”. Le reliquie volute dal Fuhrer sono i resti mortali dell’ultimo imperatore della dinastia Hohenstaufen di Svevia, quelle del giovane Corradino decapitato a Napoli il 26 ottobre del 1268 per ordine di Carlo I d’Angiò.
In questo clima misto tra disperazione e tensione arriva a Napoli un gruppo di SS della famigerata divisione Ahenerbe (letteralmente “eredità ancestrale“, gruppo militare d’élite fondata da Himmler nel 1935 con lo scopo di rintracciare manufatti, reperire documenti e tradizioni che confermassero la “superiorità della razza Ariana“), con ordini di Hitler in persona: “dare la massima disponibilità di uomini e mezzi per individuare, recuperare e trasferire importanti reliquie, fondamentali per lo sforzo bellico”. Le reliquie volute dal Fuhrer sono i resti mortali dell’ultimo imperatore della dinastia Hohenstaufen di Svevia, quelle del giovane Corradino decapitato a Napoli il 26 ottobre del 1268 per ordine di Carlo I d’Angiò.
Hitler e il nazismo occulto
Nella folle idea del dittatore le spoglie mortali dello sfortunato ragazzo, morto a 16 anni dopo essere stato sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e tradito dai suoi stessi sodali, sarebbero servite, se trasferite su suolo germanico, ad alimentare il mito dell’ eroicità della razza ariana. Inoltre, se consideriamo la forte componente esoterica del movimento nazista alla luce del recente saggio “Nazismo e Occulto, i mostri di Hitler” del professor Heric Kurlander (edizione Mondadori) possiamo conoscere un aspetto certamente poco noto della personalità di Adolf Hitler, in particolare del suo interesse, esoterico e superstizioso, per le reliquie legate alla morte di Cristo.
La volontà di possedere le spoglie di Corradino di Svevia sarebbe da ricercare nell’ossessione che il dittatore aveva per la dinastia regnante Sveva. Infatti Il nome del casato Hohenstaufen (letteralmente “alto calice“) farebbe riferimento al “Graal“. Il trisavolo di Corradino, Federico Barbarossa re degli Alemanni e Imperatore del Sacro Romano Impero, detenne il possesso anche della “lancia del destino” di cui Hitler si impossessò appena “annessa” l’Austria nel 1938. Il capo dei nazisti riteneva infatti che la lancia con cui il legionario romano trafisse Cristo lo avrebbe reso invincibile. Sempre al Barbarossa era legata l’antica leggenda (raccontata anche dai fratelli Grimm nella “Raccolta delle saghe germaniche”) secondo cui lo stesso non sarebbe morto, bensì si sarebbe nascosto con un immenso esercito, sotto le montagne Kyffhäuser in Turingia (letteralmente montagne delle streghe), in attesa di essere risvegliato, per scatenare la “battaglia finale” che avrebbe portato la Germania a dominare il mondo intero. Non a caso all’operazione di invasione militare della Russia del 1941, fu dato il nome in codice “Barbarossa” .
L’opera di Elisabetta di Baviera
Tornando alla missione delle SS a Napoli, il corpo di Corradino di Svevia era sepolto (e lo è ancora) nella Basilica del Carmine Maggiore a Piazza Mercato. E’ giusto ricordare che l’espansione della chiesa nelle forme attuali, si ebbe grazie al munifico donativo fatto nel 1268 dalla regina Elisabetta di Baviera, madre di Corradino, che elargì come segno di gratitudine ai monaci carmelitani per aver furtivamente sottratto il corpo del figlio dalla fossa comune e per avergli dato degna sepoltura, nascondendolo nella loro cappella. Lo nascosero talmente bene che la cassa di piombo con le ossa del sovrano, furono ritrovate per caso, solo nel XVIIIº secolo durante i lavori di ripavimentazione della navata centrale. Le ossa sono oggi conservate nel piedistallo del meraviglioso monumento funebre che celebra la grandezza di Corradino, commissionato allo scultore Bertel Thorvaldsen dall’imperatore Massimiliano II di Baviera alla metà del XIX secolo.
Missione fallita
Quando al portone della chiesa del Carmine si presentò il plotone degli Ahenerbe si racconta che nella basilica fosse presente il solo padre Elia Alleva (un frate carmelitano che durante la seconda guerra mondiale si diede un gran da fare per accogliere, assistere e sfamare chi fosse caduto in disgrazia. Attualmente in odore di santità) Padre Elia accompagnò i soldati alla statua certo che non sarebbero mai riusciti ad impossessarsi dei resti del giovane imperatore. La sua sicurezza derivava dal fatto che, la lapide celebrativa sulla facciata del piedistallo , la quale indicava il luogo esatto dell’inumazione, era stata spezzata e ricomposta poi con pezzi mancanti: alla scritta originaria che recitava: “dentro il piedistallo giace” ecc ecc. dopo l’ infrangimento occorso al marmo era stata ricomposta senza il pezzo su cui era incisa la parola “dentro“.
Pertanto i solerti SS scavarono sotto il piedistallo, ai fianchi e alle spalle dello stesso, non contenti spostarono la statua sollevandola dal piedistallo, ma non riuscirono a trovare nulla. Andarono via sfiniti, ripromettendosi di ritornare e far saltare l’intera basilica se non gli avessero consegnato quanto voluto. Il caso volle (o la Madonna del Carmine per chi crede) che dopo pochi giorni partisse l’insurrezione popolare che scacciò le truppe nazi-fasciste dalla città di Napoli. Le gloriose “Quattro Giornate“.