
Il Museo Madre di Napoli inaugura la prima antologica dell’artista Lawrence Carroll a tre anni dalla sua scomparsa.
Il Museo d’arte contemporanea Donnaregina (Madre) di Napoli celebra l’artista Lawrence Carroll con la prima antologica a tre anni dalla sua scomparsa
Una mostra visitabile fino al 5 settembre, che racconta la personalità e la ricerca dell’artista attraverso la presentazione di ben ottanta opere.
«Realizzare oggi una mostra di Lawrence Carroll significa restare fedeli alla sua inquietudine, corrispondere alla vitalità di opere che continuano a cercare il loro luogo dove vivere interrogando le incessanti possibilità della pittura» dichiara il curatore Gianfranco Maraniello. L’allestimento si struttura attraverso un percorso che «privilegia le relazioni delle opere con lo spazio e con i sentimenti rispetto alla paralizzante classificazione cronologica o tematica».
Carroll infatti concepisce le proprie opere a partire dall’esigenza di esplorare le caratteristiche fisiche dello spazio, entrando in dialogo con lo spettatore. Il rapporto con lo spazio circostante diventa fondamentale, tanto che ogni sua realizzazione mantiene per questo la stessa imperfezione dell’essere umano e, usando le sue stesse parole, un necessario “ancoraggio al mondo”.
Lawrence Carroll ha un ruolo eminente nella storia dell’arte americana per avere mostrato orizzonti e aperture oltre l’impasse dei dogmatismi teorici che avevano sostenuto gli impianti di modernismo e postmodernismo fino alla metà degli anni Ottanta. Le opere di Carroll si presentato come palinsesti che contengono reminiscenze della pittura contemporanea americana da Jasper Johns a Robert Ryman, da Ad Reinhardt a Robert Rauschenberg, come della scultura di Donald Judd e Carl André.
Infatti, partendo dalla progressiva cancellazione di immagini preesistenti (sulla scia di Erased De Kooning), l’artista arriva a stesure di colore bianco simili alla tela stessa. In questo modo la superficie non è più soltanto stratificazione del pigmento, ma campo dell’azione, un modo per osservare il potenziale infinito di dipingere.
Un’artista cosmopolita in perenne movimento
All’interno dell’ultima esposizione prima della sua scomparsa, il titolo “I Have Longed to Move Away” (Ho desiderato ardentemente di allontanarmi) rimandava a quella sua attitudine cosmopolita e alla sua concezione di vita come puro momento transitorio. Nato a Melbourne, Carroll ha infatti prima studiato a Los Angeles, per poi esordire come artista visivo a New York, alla metà degli anni Ottanta. Città che successivamente lascia alla volta di Venezia, prima e di Roma, poi. La sua ricerca si presenta in nuce verso la metà degli anni Ottanta, quando realizza una serie di scatole pittoriche, lavorando sul rapporto tra bidimensionalità della pittura la tridimensionalità dell’oggetto.
Opere pittoriche che si sublimano in una dimensione corporea
Da quel momento in poi inizia a esplorare la pittura come un “corpo” e non più come una superficie. Da questo momento l’arte di Carroll diventa una ricerca sulle relazioni tra pittura e scultura, e sulla possibilità di infondere nell’estetica post-minimalista valori profondamente emozionali.
Gli elementi del fare artistico diventano, nell’opera di Carroll, strumenti d’indagine introspettiva. Attraverso il tagliare e ricombinare porzioni di tela dove le cuciture sembrano disegni o ferite, innestando oggetti organici o inorganici – fiori, foglie, guanti, scarpe, la polvere del suo studio – attua una costante ridefinizione del concetto di pittura. Fondamentale è il ruolo che spetta al colore che diventa, attraverso i processi pittorici, uno spazio intellettuale ed emotivo.
Presenti inoltre i “black drawings” – una raccolta di disegni inediti – e una serie fotografica esposta precedentemente soltanto in occasione di una mostra presso la Fondazione Rolla (Svizzera).
La mostra è realizzata in collaborazione con Lucy Jones Carroll per l’Archivio Lawrence Carroll, che dichiara “Che questa prima e importante retrospettiva dell’opera di Lawrence sia ospitata dal museo Madre di Napoli, un luogo così vicino al suo cuore, è un sogno! È stata una gioia scoprire sala per sala la mostra curata da Gianfranco Maraniello. Voglio ringraziare in particolare lui, Angela Tecce, Kathryn Weir, il museo e tutti coloro che hanno sostenuto questo progetto, ho apprezzato davvero molto questa collaborazione”.