Già abbiamo affrontato in precedenza la bravura e le caratteristiche artistiche di Mattia Preti, in questa puntata della rubrica ci occuperemo di un altro lavoro del nostro artista: il soffitto di San Pietro a Majella.
Il Preti si è distinto come uno dei maggiori pittori del Seicento italiano e questo è probabilmente uno dei caposaldi.
San Pietro a Majella
L’opera di Preti fa parte del rifacimento del soffitto cassettonato della chiesa del monastero di San Pietro a Majella. L’intervento del pittore è inserito nel più ampio ammodernamento della struttura monasteriale di epoca gotica che venne aggiornata al canone barocco attorno alla metà del seicento.
L’opera di Mattia Preti consta di dieci dipinti disposti lungo il soffitto della navata mediana e del transetto raffiguranti gli Episodi della vita di san Pietro Celestino e di Santa Caterina d’Alessandria realizzati tra il 1657 e il 1673.
La disposizione degli spazi e delle tele è particolare, sia per forma che per successione, sia per la navata che per il transetto è previsto un dipinto di forma ottagonale al centro seguito ad ambo le estremità da una tela rettangolare e una circolare alle estremità.
Le storie della vita di san Pietro Celestino sono:
San Pietro celestino vestito da eremita prende possesso della sede pontificia preceduto da Carlo II d’Angiò con la croce;
Il santo sulla Majella in preghiera riceve l’annuncio dall’angelo;
Il santo in abiti papali viene trasportato in cielo accompagnato da san Benedetto;
Il santo sulla Majella tentato dal demonio;
Il santo con la tiara in mano, in atto di fare il gran rifiuto.
Mentre per quanto riguarda le storie della vita di Santa Caterina:
Santa Caterina difende la sua fede in disputa con i sofisti;
Sposalizio mistico di santa Caterina;
La decollazione della santa davanti al tiranno Massenzio;
La santa ferita e in prigione assistita dagli angeli;
Il corpo esanime della santa cosparso di rose è portato in cielo dagli angeli.
Le incomprensioni tra Preti e i monaci celestini
La realizzazione dei dieci dipinti è stata lunga e travagliata, segnata da diverse incomprensioni tra Mattia Preti e i monaci celestini. Quando erano stati realizzati i dipinti della navata centrale, con la vita di san Pietro Celestino, e si era a metà con quelli del transetto, sulle vite di Santa Caterina d’Alessandria il lavoro venne interrotto. Molto probabilmente il tono e la realizzazione delle vite di santa Caterina non dovevano piacere per il tenore dell’opera ai monaci. Per stabilire se le opere erano all’altezza del luogo, se fossero state realizzate a maniera, si decise per quella che poteva essere definita una commissione tecnica consigliata dall’intermediario di Preti a Napoli, Antonio Caputo: si chiese un parere stilistico a Luca Giordano, Andrea Vaccaro e Francesco Di Maria.
L’intromissione di Giordano
La situazione se da un lato sembrò risolversi con un appoggio all’operato di Preti da parte del Vaccaro e Di Maria, dall’altro lato sembrò complicarsi con un nuovo “giocatore”, Giordano riconosceva la bravura del Preti, come fatto dagli altri colleghi, ma si proponeva di completare il lavoro con delle opere realizzate da lui stesso.
Caputo per risolvere la questione nel migliore dei modi propose di accollarsi le spese di sistemazione dei dipinti all’interno delle nicchie della volta in maniera tale che fossero direttamente tutti a giudicare quale fosse migliore emotivamente e stilisticamente giudicando il complesso dell’opera. Nel frattempo però Preti si era indispettito, a buon ragione, per il comportamento dei monaci ed era restio a completare il progetto dopo che ne era stato messo in discussione l’operato. Caputo ancora una volta intervenne riuscendo a far inviare all’artista le tele mancanti arrivate via mare da Malta a Napoli nel 1673.