Dalla storia enigmatica, come tutti i marmi della collezione farnese, il gruppo scultoreo di Neottolemo e Astianatte proviene dagli scavi delle terme di Caracalla. Un soggetto di estrema
violenza, forza, tensione, vivacità.
Ancor più in questo caso, rispetto ad altri , il soggetto é di difficile attribuzione potendo avere sia riferimenti generali alla mitologia che alla storia omerica.
Il gruppo Farnese
Il gruppo scultoreo è stato rinvenuto all’interno delle Terme di Caracalla nel 1546. Il rinvenimento di questi e altri marmi, come l’Ercole Farnese e il Supplizio di Dirce, non avvenne per caso. Nella metà del XVI secolo papa Paolo III, Alessandro Farnese, commissionò degli scavi per cercare marmi per abbellire la propria residenza. La richiesta del Papa non deve certo stupire, visto che era usuale al tempo ricercare marmi antichi per le proprie abitazioni, come se il loro possesso fosse la forma di uno status symbol
La collezione Farnese nel 1665 venne ereditata da Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese e di Filippo V di Spagna, e trasferita a Napoli per ordine di Ferdinando IV di Borbone nel 1788.
Il gruppo scultoreo a Napoli venne inizialmente collocato nella villa reale, quella che oggi è la villa comunale di Mergellina. Nel 1826 la scultura venne definitivamente spostata all’interno del museo archeologico.
Soggetto misterioso
Come tutti i marmi che provengono dagli
scavi farnesiani alle terme di Caracalla anche questi non hanno portato con sé dati che permettano una precisa attribuzione, sia sotto il profilo della manifattura che de sotto quello del soggetto rappresentato.
A trarre in parte in inganno è il fatto che la statua sia stata restaurata in epoca borbonica, in particolar modo le teste e i volti del guerriero e del fanciullo. Importante è tener conto, anche, che il volto del guerriero è il volto dell’imperatore Commodo, aggiunta successivamente al gruppo e che ne falsa ampiamente l’attribuzione a occhi inesperti.
Per quanto ci si possa interrogare sui tipi di restauro, che hanno inquinato dal punto di vista filologico, l’attribuzione della statua, è riferibile a un’orizzonte greco, o meglio ancora omerico. Un guerriero nudo, muscoloso, virile, colto nell’atto di scagliare per aria un fanciullo inerme. Identificare chi sia raffigurato non è facile. Le strade percorribili potrebbero essere tre:
Neottolemo e Astianatte, Achille e Troilo, Atamante e Learco.
Nel primo caso stiamo parlando del figlio di Achille e Deidamia, Neottolemo, che estingue la stirpe dei re di Troia. Secondo una delle versioni del racconto omerico Neottolemo prende parte alla guerra di Troia dopo che un oracolo profetizza che la sua presenza permetterà agli Achei di risolvere lo scontro a loro favore. Secondo questa versione della storia Neottolemo uccide diversi troiani tra cui lo stesso re Priamo e il nipote, figlio di Ettore, Astianatte lanciandolo nel vuoto dalle mura della città.
Sempre in riferimento alla storia dell’Iliade il gruppo potrebbe rappresentare anche Achille e Troilo, figlio minore di Priamo. Secondo la storia Troilo, nonostante fosse un giovane poco meno che ventenne era uno dei principali generali del padre e per questo venne ucciso da Achille. Nel mito omerico si apprende come Troilo venga ucciso da Achille che lo decapita, pertanto non è detto che la rappresentazione del gruppo marmoreo sia coerente alla storia omerica.
Potrebbe aver peso, da un punto di vista della coerenza formale della statua, che il soggetto possa essere la pazzia di Atamante che uccide il figlio Learco. Atamante, figlio di Eolo e re di Beozia, sarebbe stato punito dalla dea Era per aver allevato, per conto di Zeus, Dionisio. Il padre sarebbe stato accecato dalla pazzia dalla dea Era, in questa maniera, ai suoi occhi il figlio Learco deve essergli parso un’animale feroce da cui difendersi.