Da che mondo è mondo i potenti, tutti hanno sempre desiderato ritratti per celebrarsi, raffigurarsi, tramandare la propria presenza ai posteri, ma anche alla sudditanza dei più remoti avamposti. I Papi non hanno fatto certo differenza e in questo filone si inserisce il ritratto di Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, realizzato da Tiziano.
Tiziano nel momento in cui realizzò questo dipinto era già un pittore affermato e che aveva realizzato per la famiglia Farnese il Ritratto di Ranuccio, questa fu una vera e propria occasione per l’artista che consolidò il rapporto con la famiglia. Tra il 1543 e il 1546 Tiziano realizzò per i Farnese: Il Ritratto di Pier Luigi Farnese, il Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese, il Ritratto di Paolo III con il camauro e il Ritratto del cardinale Alessandro Farnese.
Ritratto prezioso
I primi anni di vita del ritratto sono al quanto oscuri, si sa che venne realizzato tra l’aprile e il maggio 1543 a Ferrara, durante l’incontro tra il Papa e Carlo V, ma successivamente è difficile tracciarne il cammino. Un secolo dopo il ritratto era a Palazzo Farnese a Roma, nel 1653 e dal 1680 è attestata la sua presenza a Parma, prima nel palazzo del Giardino e successivamente in quello della Pilotta, assieme agli altri ritratti di famiglia.
Il ritratto di Paolo III è, naturalmente, all’altezza della propria committenza, ma la bravura di Tiziano è tale da permettere all’opera di sopravvivere nel tempo.
Dal 1735 il dipinto è invece a Napoli nella collezione Farnese ereditata da Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese. Fu uno dei pochi dipinti “meritevoli di tutela” che all’indomani dell’invasione francese attraversò il Mediterraneo con Ferdinando diretto verso la Sicilia per poi tornare a Napoli con al restaurazione.
Ritratti di Paolo III
La realizzazione eccelsa del dipinto valse a Tiziano l’invito da Paolo III nella sua cerchia più stretta tanto da realizzare per il pontefice altri due ritratti nell’arco di pochissimo tempo. Il Papa, come fatto precedentemente da Leone X, offrì a Tiziano l’ufficio della piombatura delle bolle pontificie, ma l’artista rifiutò anche in questo caso.
Il dipinto se osservato con attenzione raffigura il pontefice in un crudo realismo che non sottrae al soggetto la sua importanza, ma che anzi dona a questi un’aura di potere rendendo il peso che sorregge. Senza dubbio un uomo anziano dalla barba lunga e la figura longilinea e asciutta del volto e delle mani, un corpo che riempie appena e lascia spazio a vuoti all’interno dell’abito pontificale.
Il Paolo III di Tiziano è umano eppure è un uomo di potere dallo sguardo deciso, che tiene salda la propria posizione.
Tutti elementi che si leggono anche nell’altra versione dell’opera, sempre conservata nel museo di Capodimonte, il Ritratto di Paolo III con il camauro.
Il Ritratto di Paolo III è effettivamente un dipinto immortale, nel senso che trasversalmente al periodo e al soggetto che ritrae si è imposto nel tempo ricevendo l’attenzione dei suoi possessori e degli artisti che hanno preso ad esempio questa pittura.