La grande sfida insita nel settimo appuntamento del ciclo di Incontri Sensibili – con cui il Museo di Capodimonte fa dialogare artisti contemporanei con opere della collezione storiche – sta innanzitutto nel confrontarsi con un medium che porta con sé i rischi di una malinconica obsolescenza. Ma si tratta di un rischio che Andrea Bolognino dimostra di aver già calcolato in un processo che restituisce un mezzo «reinventato» – come direbbe Rosalind Krauss –, in prima istanza nella sua orizzontalità.
I suoi flatbed si compongono infatti di accostamenti che non sono lineari: non c’è una chiave di lettura, non c’è la verticalità della pagina del libro; una serie di immagini accostate tra loro, e che proprio nella loro orizzontalità danno un senso dentro il quale bisogna navigare.
Navigare in un discorso che dalla testualità muove verso uno spazio dell’ipertesto, ricalcando in questo atteggiamento il solco tracciato dai transfert e dai disegni serigrafici che Rauschenberg realizzò negli anni ’60, in cui è possibile camminare tra le immagini – che testimoniano dalle prime sperimentazioni di viaggi spaziali, sino al gesto tipico del presidente – racchiuse all’interno di un pensiero digitale ante litteram.
E nella misura in cui Rauschenberg nei suoi flatbed condensava gli anni della società americana sotto il governo Kennedy, Bolognino – attraverso i suoi archivi – ci presenta frammenti di una società del database, immersa in una quantità di informazioni, di reperti non riconducibili ad una logica unitaria, ma a individualità da esplorare nel singolo. Una società che fa uso e abuso di immagini. Un «oltraggio» di visione che porta alla cecità.
Un’esplorazione digitale che non vuole essere percorso stradale. Ed è proprio la ricchezza fotografica degli archivi multimediali, il confronto continuo con grandi database di immagini a stimolare attenzioni di questo tipo, richiamando forme note alla contemporaneità – dalla Parabola dei ciechi di Pieter Bruegel, sino alle immagini riconducibili ai frames del video scandalo apparso su Wikileaks che denuncia crimini di guerra in Iraq – e che si manifesta in un palinsesto di formule patetiche – e cioè coinvolgenti a livelli diversi di lettura – che accompagna ed invita lo spettatore ad immergersi in una sensazione visiva.
Il tema della cecità si armonizza inoltre con la sua concezione di disegno, che diventa «un tuffo nell’invisibilità. Un cercare di tracciare un sentiero all’interno di una caverna buia»
Infatti, il disegno per Bolognino diventa forma di pensiero nella misura in cui si fa strumento attraverso il quale superare l’inadeguatezza del linguaggio. Il superamento dello scarto, della traccia derridiana – dalla presentazione di oggi, l’artista ha infatti raccontato di quanto si fosse sforzato nel tradurre l’operazione artistica in parole – che si rivela nella sua forma originaria, pensiero assoluto.