
La porcellana di Capodimonte, prodotta nella Real Fabbrica di Capodimonte è stata una produzione artigianale di punta della Napoli borbonica. La Fabbrica, voluta da Amalia e da Carlo III, fu il punto d'incontro di sapienti artigiani che da tutt'Europa venivano ingaggiati per lavorare a Napoli. Caratteristica principale delle porcellane era la loro composizione differente da quella del nord Europa, composta da un misto di argille del sud Italia
acessimo un sondaggio chiedendo “ cosa le viene in mente alla parola Capodimonte?” probabilmente le due risposte alla pari sarebbero “museo” e “porcellane” ed è proprio della porcellana di Capodimonte che ci occuperemo oggi.
La porcellana di Capodimonte
Le porcellane di Capodimonte sono un prodotto pregevole della manifattura regia borbonica della prima metà del Settecento. La produzione di questi manufatti si inserisce in quello che è lo scenario settecentesco europeo in cui nasce una vera e propria moda per la porcellana. Questa particolare lavorazione venne introdotta attorno al XIII secolo in Europa a seguito delle importazioni, lungo la via della seta, di porcellane cinesi. Da subito si può parlare di un’imitazione della pregevole produzione cinese che però non arriva a essere competitiva da un punto di vista qualitativo fino alla fine del XVI quando si diffonde la porcellana medicea a pasta nera, anche se non era alla pari con le produzioni asiatiche. Dal XVIII secolo in poi si iniziarono a sperimentare diverse formule produttive e composizioni del materiale e nella prima metà del secolo nascono le prime grandi fabbriche come quella di Meissen in Germania, quella di Vezzi a Venezia e quella di Capodimonte a Napoli per espresso volere di Maria Amalia di Sassonia e di Carlo III di Borbone.
L’istituzione della Real Fabbrica
La real coppia borbonica istituì nel 1743 la Real Fabbrica di Capodimonte nella Reggia sull’omonima collina, che all’epoca era da considerarsi fuori città rispetto all’odierno tessuto antropizzato, richiamando a Napoli le principali maestranze europee del settore.
La particolarità della porcellana di Capodimonte stava nella sua composizione, e qui viene la parte tecnica della storia. La porcellana di Capodimonte
non è realizzata con il caolino, bensì con una mistura di argille
dell’Italia meridionale miste a feldspato, che funge da legante. Questa particolare composizione permetteva di avere una porcellana tenera e bianca, color latte, rispetto alle produzioni del nord Europa, anche se questo voleva dire che nella fase di asciugatura e cottura avveniva un ritiro della materia prima di circa un quinto.
L’epoca d’oro
Probabilmente il momento di maggior splendore della porcellana di Capodimonte fu quello coincidente con la Real Fabbrica Ferdinandea. Nel 1773 Ferdinando IV, figlio di Carlo III che aveva avuto per le ceramiche una vera e propria passione per le porcellane, rifondò la fabbrica con le migliori maestranze dell’epoca arrivando a una produzione eccelsa con la nascita della Scuola d’Arte omonima.
Il periodo ottocentesco, con il regno franco-napoletano e successivamente i Savoia, segna la decadenza della porcellana di Capodimonte che comunque sopravvive nella mani degli artigiani locali che mantengono la tradizione nonostante le promesse commerciali tradite dai francesi e i cambi di stile a cui si va incontro con i piemontesi.
Lo stile delle porcellane di Capodimonte
Molto probabilmente la mia professoressa delle scuole superiori aveva ragione, la porcellana di Capodimonte non esiste più. Quello che poi potrà aiutare gli esperti e non nell’identificare un vero pezzo di Capodimonte di epoca borbonica è la presenza del marchio. Come in tutte le manifatture artigianali, sin dalle produzioni metallurgiche antiche e medievali, la presenza di sigilli è un segno di garanzia.
La porcellana di Capodimonte riconducibile a Carlo III aveva impresso il Giglio Borbonico,
mentre le produzioni ferdinandee la marca FRM sormontata da una corona e successivamente la N coronata. Quello che era quindi il marchio originario è stato brevettato dall’Istituto d’Arte Giovanni Caselli che di fatto è l’erede spirituale e materiale delle Real Fabbriche. Quindi se intendiamo come porcellana di Capodimonte quella gigliata o siglata la mia insegnate aveva ragione. In una certa maniera quella che oggi viene prodotta come porcellana di Capodimonte non è realmente, nello stile, quella originale prodotta in epoca borbonica, anche se da un punto di vista materico è la medesima, così come nella sua preparazione.
Quella che è la massima espressione della prima produzione della porcella, fino agli anni del regno di Ferdinando IV è senza dubbio il Salottino di porcellana che venne realizzato per la regina Amalia che amava questo tipo di manifattura. Quello che veniva prodotto erano principalmente vasellame e oggettistica con soggetti naturalistici e floreali, l’uso di nuovi soggetti, incentrati sulla quotidianità è legata principalmente al periodo della decadenza ottocentesca. Anche se segna una sorta di abbandono dello stile vero e proprio questo permette agli artigiani di rivendere con maggior facilità la propria produzione e allo stesso modo sperimentare e diversificarla.
Oggi le originali porcellane sono conservate a Napoli nel museo di Capodimonte, nell’apposita esposizione del Palazzo Duca di Martina nella Floridiana, a Villa Pignatelli, ma anche al Filangieri e il Palazzo Reale di Napoli.