I segreti vesuviani di Boscoreale e Oplontis
Come detto l’attuale territorio che adesso conosciamo col nome di Boscoreale era una località suburbana della città di Pompei. Era in uso, presso la società patrizia romana, la costruzione di dimore che contemplassero sia la funzione di luogo di svago che la vera e propria attività di fattoria. Naturalmente i locali riservati ai dominus (padroni) erano riccamente affrescati e completi di ogni confort. Gli altri locali di produzione (torchi vinari, silos per il frumento, stalle), e i locali servili (cucine, locali della servitù) ser pur insistendo nella stessa proprietà, erano distaccati e dislocati all’estremità opposta del perimetro.
I segreti vesuviani di Boscoreale e Oplontis : i primi scavi
Le prime operazioni di scavo furono iniziate agli inizi dell’Ottocento, in realtà furono vere e proprie campagne di spoliazione sistematica dei siti. Affreschi, statue, gioielli finirono sul mercato e furono acquistati dai principali musei europei. Ecco un caso emblematico
Villa della Pisanella e il tesoro di Boscoreale
La villa prende il nome dalla località in cui fu rinvenuta nel 1868. Il tutto avvenne per caso durante lo sterro di preparazione per la costruzione di un muro di cinta. Gli ignari operai si trovarono di fronte un pavimento in mosaico che proseguiva sotto la proprietà di un altro colono. Gli scavi furono presto abbandonati e ripresero solo nel 1894. In cinque anni la villa fu completamente portata alla luce. Il banchiere pompeiano Lucius Caecilius Iucundus fu l’ultimo proprietario e il vasto complesso risaliva al I secolo a.c.. Il più importante reperto ritrovato fu un vero e proprio tesoro. Nei locali del torchio vinario, nascosti in un sacco di tela tenuto ancora stretto tra le mani di uno scheletro, furono rinvenuti un servizio da tavolo in argento quasi completo, tre specchi sempre in argento, più alcuni monili d’oro. In totale 108 pezzi di alta oreficeria finemente cesellati e decorati.
Lo scandalo internazionale
L’intero servizio da tavolo di Lucius Iucundus è esposto nelle sale del Museo del Louvre. Ma come ci è arrivato? Dagli atti dell’inchiesta svolta ad inizio Novecento, apprendiamo che due degli scavatori, d’accordo con i proprietari del terreno, sottraevano ogni oggetto di valore man mano che ricompariva dalla cenere. Una volta racimolato il bottino, i complici diedero incarico ad un antiquario napoletano, tale Canessa, di rivenderlo all’estero. Il pregiato servizio da banchetto fu acquistato quasi per intero dal barone Edmond James Rothschild per la mirabolante somma di un milione di franchi. Rothschild non lo tenne per sé ma lo donò al Museo del Louvre. Per far cessare abusi e mallevazione la villa in contrada Pisanella fu reinterrata. Stesso destino di scoperta, spoliazione e riseppellimento a cui sono andate incontro circa altre trenta ville scoperte in quel periodo nello stesso territorio.
Antiquarium
L’Antiquarium è un museo archeologico atipico. Aperto nel 1991 dalla sovraintendenza pompeiana, oltre ad esporre reperti provenienti da diversi scavi del circondario, è soprattutto focalizzato alla divulgazione della vita dei pompeiani ed al loro rapporto con la natura circostante. Grazie ad un percorso interdisciplinare sarà possibile ammirare reperti della vita quotidiana. Forme di pane fossilizzato dall’eruzione, calchi di piante che sono sparite dalla flora vesuviana, anfore per la raccolta dei preziosissimi olii e vini, strumenti per l’agricoltura e la pastorizia. Inoltre prodotti per la cosmesi quotidiana e per la cura della persona. Un vero spaccato di usi e abitudini dei nostri sfortunati antenati.
Villa Regina
A completare l’offerta la visita all’unica dimora completamente portata alla luce: la piccola villa rustica in località Regina. Qui potremmo ammirare gli ambienti destinati alla raccolta delle uve e alla loro trasformazione in vino, la vasca per la pigiatura, i dolia (capaci recipienti d’argilla, solitamente interrati per preservare il gusto dei vini).Molto interessante è la cucina e le suppellettili del tempo, la cisterna ed il fienile. Suggestiva è la ricostruzione del vigneto. Grazie ai calchi fossili delle radici è stato possibile ripiantare le stesse qualità di viti usate 2000 anni fa. Un vero gioiello per una esperienza immersiva nel passato.
Un paese disperso ed una antica mappa
La Tabula Peutingeriana è una copia alto medievale di una mappa redatta in epoca latina che mostra le vie stradali dell’Impero romano. Dalle isole britanniche alla regione mediterranea e dal Medio Oriente alle Indie e all’Asia Centrale. Fortemente schematizzata graficamente, serviva soprattutto per conoscere la posizione delle migliaia di città dell’Impero. Tale opera topografica, dichiarata patrimonio UNESCO è conservata a Vienna. Nel nostro racconto questa mappa è fondamentale perché è qui che per la prima volta ritroviamo il nome di Oplontis.
Oplontis Voluttuosa e la villa di Poppea
Gli scavi di Oplontis si trovano al centro della moderna città di Torre Annunziata. Alla metà del XIX secolo risalgono i primi rinvenimenti archeologici. Spicca tra gli altri la villa rustica attribuita a Crassius Tertius, nella quale, accanto a numerosi corpi di vittime dell’eruzione, è stata rinvenuta una notevole quantità di monete in oro e argento, assieme a numerosi pezzi di finissima oreficeria. Il monumento principale, e purtroppo unico visitabile, è la villa di Poppea inserita tra i beni che l’UNESCO ha definito “Patrimonio dell’Umanità”. Superbo complesso residenziale della metà del I secolo a.C., ampliata in età imperiale. Al momento dell’eruzione era sicuramente disabitata e in fase di ristrutturazione. Ciò è confermato dal fatto che non sono stati ritrovati corpi . Altra prova è data dagli arredi accatastati in un’unica stanza e che le cucine erano totalmente prive di stoviglie.
Gli scavi
Il ritrovamento avvenne nel 1965 e, quando gli archeologi si trovarono di fronte l’immensità delle sale meravigliosamente affrescate capirono di che si erano imbattuti in una scoperta sensazionale. Nel corso dei lavori venne alla luce un vaso su cui era incisa “Secundus liberto Poppea” si poté così ipotizzare che la proprietaria della dimora fosse Poppea Sabina, la seconda moglie dell’imperatore Nerone. “La donna senza scrupoli” come la ebbe a definire Tacito. Vanitosa ed amante del lusso sfrenato, amava bagnarsi nel latte d’asina per preservare la sua leggendaria bellezza. Fu lei ad armare la mano del folle marito contro la suocera Agrippina. Sempre lei ad ordire, con l’aiuto dei suoi potenti liberti imperiali, una fitta rete di corruzione per poter accedere ai favori di suo marito l’imperatore.
La villa
l’edificio presenta tutte le caratteristiche tipiche di ogni residenza patrizia. Numerosi ambienti, peristili porticati, terrazze verso il male, sale residenziali, terme private, e un’ampia piscina adornata da statue marmoree. Molte stanze sono impreziosite da spettacolari decorazioni pittoriche a fresco, in II stile pompeiano ed in ottimo stato di conservazione. Insomma bellissima e ricercata come la sua padrona.
I segreti vesuviani di Boscoreale e Oplontis adesso non sono più tanto segreti