Il titolo di questo dodicesimo episodio di Riscopriamo Napoli dedicato al Giappone, sembra l’inizio di una tipica barzeletta napoletana, ma non lo è. Nel XVI° secolo un gesuita originario di Nola di nome Giovanni Niccolò contribuì a diffondere il Rinascimento nell’arcipelago del giapponese grazie ai suoi dipinti. Sfortunatamente non ci permangono molte informazioni sul suo conto e dovremo per forza muoverci nel campo delle ipotesi e delle informazioni generali.
Due mondi diversi: l’Europa (e Napoli)…
Prima di tutto, iniziamo con l’esaminare le situazioni storico politiche sorte a Napoli e nel Giappone. L’Europa dell’età moderna ha conosciuto nuovi e significativi cambiamenti. Le scoperte geografiche, in particolar modo quella dell’America da parte di Cristoforo Colombo, spinsero gli europei ad estendere il loro controllo in quelle terre fino ad ora sconosciute. Dal punto di vista religioso, il cristianesimo conosce una nuova spaccatura inferta dalle tesi di Martin Lutero che provocherà la nascita del Protenstatesimo.
Un’altra novità è l’ascesa degli stati nazionali francese, spagnolo ed inglese che infersero un duro colpo alle autorità papali ed imperiali. Principale terreno di scontro fu l’Italia rinascimentale che dal 1494 fino al 1559 conosce un lungo periodo di conflitti sanguinosi. La pace di Cateau-Cambrésis (1559) sancisce ufficialmente il dominio spagnolo sulla penisola, in particolar modo a Milano e nel Mezzogiorno che si tramuta in un viceregno alle dipendenze della corona di Spagna.
… ed il Giappone
Adesso che abbiamo finito di parlare di Napoli, passiamo al Giappone. A tal proposito bisogna dire che, stando ad alcune fonti, il paese nipponico ebbe i suoi primi visitatori occidentali tra il 1543 ed il 1549 quando i portoghesi portarono moderni fucili e le prime testimonianze cristiane. Ciò che ignoravano gli europei era che il Giappone era un paese profondamente lacerato da divisioni interne e quindi sarebbe stato una terra di facile conquista.
Il paese nipponico stava attraversando il cosiddetto periodo Azuchi – Momoyama (1568-1600) dove l’autorità dell’imperatore era in rapido declino a causa di una lunga serie di lotte intestine. I principali protagonisti furono i daimyo, i signori feudali che si impegnarono in una folle gara di riunificazione del paese cercando di accapparrarsi quante più terre possibili con l’uso della forza o tramite tradimenti ed alleanze provvisorie.
Il Giappone deve essere riunificato
I principali “concorrenti” che riuscirono a ristabilire l’unità in Giappone furono i signori Nobunaga Oda, Hideyoshi Hashiba ed Iesayu Tokugawa, che usarono tutte le forze delle armi e della diplomazia per riunificare il paese. A tal proposito c’è un popolare detto che riassume questo periodo e che dice:
“se un uccello non cantasse, Nobunaga lo ucciderebbe, Hideyoshi lo convincerebbe a cantare e Iesayu si limiterebbe ad aspettare”
Sarà solo nel 1600 che il Giappone ritroverà finalmente la sua unità sotto la leadership di Iesayu Tokugawa che assunse il titolo di shogun. Ha così inizio il periodo Edo, contraddistinto da una lunga fase di pace e prosperità economica, ma ad un alto costo. L’arcipelago nipponico chiuse i rapporti con il resto del mondo, concedendo ai soli olandesi i permessi di poter commerciare nel porto di Nagasaki (divenendo di fatto gli unici intermediari con il resto del mondo). Questo autoisolamento si concluderà 1854, quando il commodoro statunitense Matthew Perry costrinse il paese a riaprire i rapporti commerciali con l’estero.
Quando Napoli portò il Rinascimento in Giappone
Fu in questa caotica escalation di volenza che Giovanni Niccolò introdusse l’arte cristiana in Giappone. La sua missione inizia quando il gesuita Alessandro Valignano organizzò una spedizione nel paese nipponico, chiedendo alla Chiesa di portare con sé un pittore. Il missionario era infatti convinto che attraverso l’esposizione di opere cristiane avrebbe ottenuto maggiori risultati nel convertire il popolo giapponese. Era, insomma, indispensabile deliziarli non solo le loro orecchie con le prediche, ma anche i loro occhi con le opere d’arte.
I due missionari giunsero in Giappone nel 1582 grazie al supporto della corona portoghese e sopratutto all’intercessione di Matteo Ricci (un gesuita che all’epoca risiedeva alla corte cinese, divenendo il principale intermediario tra l’Europa e le Indie). Nel 1590 Giovanni fondò il Seminario dei Pittori che per trent’anni diventerà la più importante scuola di arte occidentale in tutta l’Asia. A gestirla fu sempre lo stesso Niccolò che introdusse i temi del Salvator Mundi e della Madonna.
La Scuola non avrà una lunga vita. Durante il lungo periodo Tokugawa lo shogunato intensificò le persecuzioni contro le comunità cristiane temendo che esse minassero la stabilità da poco raggiunta. Fu così che nel 1620 la Scuola chiuse ufficialmente i battenti. Quanto a Giovanni Niccolò, abbandonò il Giappone e, invece di rientrare a Napoli, proseguì la sua missione in Asia, dove a Macao la morte lo colse il 16 marzo del 1626.
Un ritratto per Nobunaga Oda
L’arrivo di Giovanni Niccolò in Giappone avviene in un momento in cui in Giappone si respira alta tensione. I cristiani (giapponesi o stranieri che siano) erano visti con grande sospetto, considerati persino una minaccia alla stabilità del paese. Vi erano, tuttavia, delle rare eccezioni. Il daymio del clan Ōtomo, Sōrin, fu uno dei primi signori giapponesi a convertirsi al cattolicesimo, spinto soprattutto dagli interessi economici dal commercio con i portoghesi e spagnoli.
Nonostante le ostilità del luogo, Giovanni Niccolò è riuscito a realizzare tra il 1583 ed il 1590 un ritratto di Nobunaga Oda. Qua sotto trovate il noto ritratto:
Spietato signore o generoso mecenate?
Il ritratto è stato eseguito dopo la morte del potente daimyo avvenuta nel 1582, lasciando un alone di leggenda sulla sua persona. Del resto le fonti descrivono Nobunaga come un lord intelligente ed astuto, fautore di una politica di ampio respiro che, attraverso matrimoni e concessioni feudali, pose le basi della riunificazione giapponese. Ma altrettanto crudele e spietato verso i suoi avversari; si narra che Nobunaga aveva la mania di incendiare vivi i suoi nemici.
Sorprendentemente Nobunaga Oda si dimostrò molto tollerante nei riguardi delle comunità cristiane. Anzi, lo stesso Oda sostenne addirittura le missioni dei gesuiti con l’intento di indebolire la casta sacerdotale buddhista, colpevole, a suo dire, di provocare ribellioni e disordini civili. Inoltre fu anche un generoso mecenate che usò tutte le ricchezze ottenute con le conquiste per finanziare opere architettoniche ed artistiche.
Un nome come quello di Nounaga non poteva di certo essere sfuggito a Niccolò che decise di realizzare un suo ritratto. Quest’opera la si potrebbe considerare non solo un omaggio alla persona di Oda. Potrebbe anche essere una delle primissime opere occidentali che ha per soggetto un signore feudale giapponese. E a realizzarlo fu proprio un gesuita di Nola che accettò una rischiosa missione per portare in una terra lontana tutto quello che l’Occidente poteva offrire.
Fonti: “Storia del Giappone” di Kenneth G. Henshall